Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10405 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 19/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.F., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. BELTRAME Alessandro, per

legge domiciliata presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione, piazza Cavour, Roma;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Udine, sezione distaccata di

Cividale del Friuli, depositata il 14 gennaio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19 febbraio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Tribunale di Udine, sezione distaccata di Cividale del Friuli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 14 gennaio 2008, ha rigettato l’appello proposto da C.F. avverso la sentenza del Giudice di pace di Cividale del Friuli, che l’aveva condannata al rimborso della somma di euro 1397,72, oltre accessori e spese, in favore di R.A.;

che il giudice del gravame ha rilevato che si trattava di spese legali autorizzate dall’assemblea condominiale prima della vendita, da parte della C., della sua unità immobiliare al R.; ed ha osservato che, in caso di compravendita di un’unità immobiliare sita in edificio soggetto al regime del condominio, è tenuto alla spesa colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa; sicchè il R., che quale nuovo proprietario aveva anticipato il pagamento al condominio, aveva titolo al rimborso;

che per la cassazione della sentenza del Tribunale la C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 19 febbraio 2009, sulla base di due motivi;

che l’intimato non ha resistito con controricorso;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., che è stata notificata alla parte e comunicata al Pubblico Ministero.

Rilevato che il relatore designato, nella relazione depositata il 24 novembre 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:

“(…) Il primo motivo di ricorso (violazione dell’art. 1180 cod. civ.) si conclude con il quesito di diritto “se l’adempimento di un’obbligazione altrui non determini per semetipsum l’insorgenza in capo al terzo solvente di un diritto a ripetere dal debitore la somma pagata al creditore di questo”. Il motivo è manifestamente infondato. E’ esatto che colui che ha adempiuto spontaneamente un obbligo altrui, ai sensi dell’art. 1180 cod. civ., non si surroga al creditore nè può agire in regresso contro il debitore, poichè surrogazione e regresso presuppongono l’esecuzione di una prestazione da parte di chi vi sia tenuto con altri o per altri. Ma non è questa la situazione che ricorre nella specie. La Corte d’appello ha correttamente fatto applicazione del principio – tratto dall’art. 1104 cod. civ., ed applicabile in sede di condominio – secondo cui il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati. E siccome nei rapporti interni è tenuto alla spesa il condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa, il cessionario che ha pagato il debito nei confronti del condominio ha il diritto ad esercitare il regresso per l’intero nei confronti del cedente, secondo le disposizioni in tema di solidarietà. Del resto – ha precisato la Corte d’appello – la suddivisione e ripartizione di oneri derivati dalla compravendita era stata appositamente regolamentata tra le parti del contratto di compravendita, ove era stato previsto che i debiti accertati prima della stipula dell’atto sarebbe rimaste a carico della venditrice.

Il secondo motivo di ricorso – con cui si denuncia insufficienza di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – è inammissibile, posto che la relativa censura non contiene un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti con riferimento alla chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddit-toria (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603)”.

Letta la memoria di parte ricorrente.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che non coglie nel segno quanto affermato dalla ricorrente nella memoria illustrativa, che cioè il giudice d’appello si sarebbe limitato ad indicare nella C. la debitrice esclusiva, senza porsi alcun problema di solidarietà;

che, infatti, per un verso, la sottolineatura della sentenza impugnata che tenuta alla spesa era esclusivamente la venditrice, riguarda i rapporti interni tra le parti ed il carico finale del debito, e ciò non esclude – in base ai principi sulla comunione e sul condominio – l’applicazione dei principi in tema di ambulatorietà passiva e di rivalsa, di cui il giudice d’appello ha fatto implicita applicazione quando ha confermato il diritto di regresso dell’acquirente;

che, d’altra parte e in ogni caso, non rileva che la sentenza d’appello – pur riconoscendo il diritto di rivalsa – non abbia espressamente richiamato l’art. 1104 cod. civ., o i principi sulla solidarietà nella comunione e nel condominio, giacchè è in potere di questa Corte correggere la motivazione della sentenza impugnata erroneamente o insufficientemente motivata in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto (art. 384 cod. proc. civ.);

che, sotto questo profilo, è esatta la soluzione della lite data dal Tribunale nel riconoscere il diritto di regresso, perchè l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino; e se, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva di tali obbligazioni, sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa (Cass., Sez. 2^, 22 febbraio 2000, n. 1596);

che, quanto al secondo motivo, occorre ribadire che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo – come sostiene la ricorrente nella memoria – illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897);

che tale onere non risulta soddisfatto nel caso di specie;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che non vi è luogo a statuizione sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

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