Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10405 del 27/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/04/2017, (ud. 02/03/2017, dep.27/04/2017),  n. 10405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2900-2015 proposto da:

B.V., in qualità di difensore di R.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VEIENTANA VETERE 303, presso

lo studio dell’avvocato RICCARDO VELI rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO BELATITI;

– ricorrente –

contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI BIASIOTTI MOGLIAZZA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PAOLO BIAVATI;

– controricorrente –

nonchè contro

F.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1433/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

R.A. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna depositata il 6-6-2014.

Ha resistito con controricorso la Unipolsai Assicurazioni s.p.a..

Il ricorso è soggetto alla disciplina dettata dagli artt. 360 bis, 375, 376 e 380 bis c.p.c. e può essere trattato in camera di consiglio non partecipata di sesta a seguito di proposta depositata dal relatore.

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’artt. 230 e 244 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui viene dichiarata inammissibile per genericità la prova per testimoni per interpello.

2. I tre motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono infondati.

La Corte d’appello ha ritenuto che mancava la prova del fondamentale assunto della prospettazione del R.,ovvero la dimostrazione del possesso nel 2008 di ben Euro 80.052,50 in contanti,derivanti per la metà da un disinvestimento fatto nel 2003, ma del quale non è stata prodotta nè la polizza nè alcun documento attestante il prelievo dell’importo di Euro 40.000, nè prova documentale del pagamento che ha costituito adempimento del contratto in oggetto, nè risulta sia stata rilasciata al riguardo alcuna quietanza,nè vi è prova che la somma sia derivata dai proventi dell’attività del ricorrente, tenendo conto che l’allegazione sul punto non è stata specifica.

La Corte d’appello non ha ammesso l’interrogatorio formale nè la prova per testi in quanto generiche, poichè non erano state indicate le date esatte,i luoghi e le circostanze in cui sarebbero avvenuti pagamenti in contanti, tantomeno i correlativi singoli importi delle due tranche, omissioni che rendono non sufficientemente specifici capitoli di prova, tanto da precludere come rilevato tempestivamente dalla Unipol, la possibilità di un’eventuale adeguata difesa con prova contraria.

3. Non sussiste la violazione dell’art. 115 c.p.c., considerando che la Unipol si era opposta alla domanda chiedendone il rigetto e tenendo conto che in presenza di una generica allegazione da parte dell’attore, com’è stata quella dell’attuale ricorrente, la contestazione è determinata anche solo da una generica difesa e opposizione del convenuto.

La stessa genericità ha afflitto le allegazioni ed i capitoli dell’interrogatorio formale e della prova testimoniale e con il motivo del ricorso il R. non censura adeguatamente tale valutazione di genericità.

Per il resto delle contestazioni, si richiede a questa Corte un riesame del merito della controversia con l’esame di tutte le risultanze istruttorie.

La rivalutazione delle risultanze probatorie per giungere ad un accertamento del fatto diverso da quello motivatamente fatto proprio dai giudici di merito era inammissibile nella vigenza della precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ed ancor più oggi, nella vigenza del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5.

Si ricorda che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 6-6-2014 e di conseguenza alla stessa si applica la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Il ricorso deve essere rigettato e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi accessori e spese generali come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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