Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10401 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10401 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: NAPPI ANIELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Garboli s.p.a., domiciliata in Roma, via Emilia 88,
presso gli avv. prof. Stefano Vinti, Fabrizio Poilari Maglietta e Chiara Geremia, che la rappresentano e difendono come da mandato a margine del ricorso
– ricorrente Contro
Aeroporti di Roma s.p.a., domiciliata in Roma, via
Giovanni Antonelli 45, presso l’avv. Matteo Mazzone, che la rappresenta e difende, come da mandato a
margine del controricorso

Data pubblicazione: 20/05/2015

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– controricorrente avverso
la sentenza n. 3233/2007 della Corte d’appello di
Roma, depositata il 19 luglio 2007
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott.

Udite le conclusioni del P.M., Rosario Giovanni
Russo, che ha chiesto rigetto del ricorso e condanna alle spese.
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma si pronunciò sugli appelli proposti dalla Aeroporti di Roma s.p.a. e dalla Garboli s.p.a., parti
contraenti di un appalto pubblico, avverso la sentenza del Tribunale di Roma di condanna della committente Aeroporti di Roma s.p.a. al pagamento della complessiva somma di E. 347.227 (di cui E.
156.379 per interessi), oltre ulteriori interessi
in relazione a due riserve, la n. 5 e la n. 7, formulate dalla società appaltatrice Garboli s.p.a.,
alla ritardata contabilizzazione di alcune delle
opere eseguite e ai ritardati versamenti degli originari corrispettivi.
In parziale riforma della sentenza di primo grado,
i giudici d’appello ridussero a E. 5.768,35 il cre-

Aniello Nappi

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dito riconosciuto alla Garboli s.p.a., ritenendo,
quanto alla riserva n. 7, che la riduzione dei corrispettivi previsti per una variante tecnica e suppletiva era stata preventivamente concordata dalle
parti il 6 agosto 1992 e in una nota del 12 novem-

tente ne avesse ridotto l’importo, come poi in effetti avvenne nella misura del 15%, da ritenersi
congrua e giustificata. Quanto agli interessi per
il ritardo nei pagamenti, ritennero poi che non erano dovuti per il lamentato ritardo nello svincolo
delle ritenute in garanzia, in quanto la stazione
appaltante aveva legittimamente atteso il certifi-

I
contributiva da parte dell’appaltatore. Quanto agli
interessi per ritardata contabilizzazione dei lavori, ritennero infine che non erano dovuti, in quanto la Garboli s.p.a. vi aveva esplicitamente rinunciato nel luglio 1994, quando le era stato erogato
il corrispettivo per i lavori di cui all’ordine di
servizio del 25 ottobre 1993.
Contro la sentenza d’appello ha proposto ricorso
per cassazione la Garboli s.p.a., deducendo tre motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso
la Aeroporti di Roma s.p.a.

/

t

cato di collaudo e le attestazioni di regolarità

bre 1992 per l’eventualità che il Ministero compe-

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Motivi della decisione
1.1- Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione degli art. 1362 e s. c.c., censurando anche
per vizio della motivazione e dunque come erronea
e/o illegittima l’interpretazione dell’atto di sot-

1992 e nella nota del 12 novembre 1992.
Sostiene che i giudici d’appello abbiano fondato su
singoli passi del testo, estrapolati dal contesto,
la propria interpretazione delle richiamate convenzioni.
Lamenta in particolare che i giudici del merito abbiano arbitrariamente riferito anche ai nuovi prezzi concordati la clausola di salvaguardia che subordinava alle «superiori approvazioni» gli impegni
assunti dalla stazione appaltante, senza considerare che le valutazioni ministeriali sulla congruità
dei corrispettivi pattuiti poteva rilevare esclusivamente nei rapporti interni alla pubblica amministrazione, assumendo altrimenti la inverosimile
portata di una clausola di arbitraggio.
Quanto alla nota del 12 novembre 1992, risulta evidente dalla sua lettura come nella intenzione delle
parti avesse solo la funzione di regolare modalità
e tempi di erogazione dei corrispettivi concordati,

tomissione e verbale di concordamento del 6 agosto

senza prevedere alcun intervento del ministero sul
quantum debeatur.
..

Del resto anche dal comportamento successivo delle

.

parti, erroneamente non valutato dai giudici del
merito, risulta evidente come l’accordo dei prezzi

bale del 24 ottobre 1993 se ne riconosce la portata
non alternatrice dell’importo complessivo dei lavori di cui alla variante. Mentre non è irrilevante
considerare che la variante fu resa necessaria da
carenze progettuali non imputabili
all’appaltatrice.
1.2- Il motivo è infondato.
In realtà nella giurisprudenza di questa corte, riconosciuto che l’interpretazione dei contratti pone
una questione di fatto(Cass., sez. L, 25 febbraio
2004, n. 3772, m. 570512, Cass., sez. III, 20 gennaio 2003, n.
febbraio 2002,

732, m.

559863,

Cass.,

n. 2074, m. 552238),

sez.

III,

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si ritiene che

tale giudizio sia sindacabile solo per vizio di motivazione o per violazione dei criteri legali di
interpretazione. Tuttavia, una volta ammesso che si
tratta di regole legali del giudizio di fatto, ne
..

consegue che anche la violazione di queste norme dà
luogo a un vizio della motivazione. Si può certo

fosse considerato definitivo, tanto che in un ver-

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distinguere tra «il rispetto dei canoni legali di
ermeneutica e la coerenza e logicità della motivazione addotta»(Cass., sez. III, 13 maggio 2004, n.
9091, m. 572836), ma non pare possa discutersi che
anche la violazione dei criteri legali di interpre-

zione del giudizio di fatto, perché sono norme queste che non regolano la decisione, bensì solo la
sua giustificazione.
E’ infatti indiscusso in giurisprudenza che la violazione dei criteri legali di interpretazione «deve
dedursi con la specifica indicazione nel ricorso
per cassazione del modo in cui il ragionamento del
giudice si sia discostato dai suddetti canoni, altrimenti la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti si traduce nella mera proposta di
una interpretazione diversa da quella censurata,
inammissibile come tale in sede di legittimità»(Cass., sez. III, 18 novembre 2003, n. 17427, m.
568253, Cass., sez. L, 5 novembre 2003, n. 16646,
m. 567930, Cass., sez. H, 15 ottobre 2001, n.
12518, m. 549622, Cass., sez. Il, 28 maggio 2001,
n. 7242, m. 547064.). E si riconosce che «per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal
giudice al contratto non deve essere l’unica inter-

tazione rilevi solo quale vizio della giustifica-

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pretazione possibile, o la migliore in astratto, ma
una delle possibili e plausibili interpretazioni,
per cui, quando di una clausola contrattuale sono
possibili due o più interpretazioni (plausibili),
non è consentito, alla parte che aveva proposto

si in sede di legittimità del fatto che sia stata
privilegiata l’altra»(Cass., sez. III, 23 maggio
2006, n. 12123, m. 591080, Cass., sez. III, 17 luglio 2003, n. 11193, m. 565195, Cass., sez. I, 24
gennaio 1966, n. 277, m. 320526).
Nel caso in esame la ricorrente deduce che «il giudice d’appello si sia erroneamente soffermato su di
una “considerazione atomistica”» dei testi controversi, per intenderli come riferibili
all’approvazione non solo della variante ma anche
dei relativi corrispettivi.
Tuttavia questo rilievo non priva di plausibilità
un’interpretazione, quale quelle adottata dai giudici del merito, palesemente coerente con un testo
che espressamente limita l’obbligazione della Aeroporti di Roma s.p.a. all’importo decretato dal ministero, senza interessi. Tantomeno sembra fondato,
poi, l’assunto della ricorrente, che sostiene di
poter sottrarre all’ambito di approvazione delle

l’interpretazione poi disattesa dal giudice, doler-

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varianti in corso d’opera la congruità dei relativi
corrispettivi. Infatti l’art. 343 della legge n.
2248 del 1865, allegato F (applicabile ratione temporis) prevede espressamente che le varianti in
corso d’opera ritenute necessarie dalla stazione

«diano luogo ad alterazione dei prezzi di appalto».
Non è rilevante dunque il fatto che le varianti si
resero necessarie per una carenza progettuale non
imputabile alla società appaltatrice, che accettò
la subordinazione dell’accordo alla necessaria approvazione, anche per quanto attiene all’importo
dei corrispettivi che ne sarebbero risultati “decretati”.
2.1- Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando l’omessa
pronuncia sulla sua eccezione di inammissibilità
del motivo d’appello della Aeroporti di Roma
s.p.a., con il quale era stata negata la tardività
del pagamento delle somme ritenute in garanzia.
Sostiene che, come tempestivamente eccepito, la
questione prospettata dalla Aeroporti di Roma
s.p.a. era inammissibile a norma dell’art. 345 comma 2 c.p.c., in quanto nuova eccezione prospettata
per la prima volta nel giudizio di secondo grado.

appaltante debbano essere approvate appunto quando

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2.2- Il motivo è infondato.
Occorre premettere che nel giudizio di cassazione
il difetto di corrispondenza tra domande e pronuncia rileva solo se riferibile a una delle questioni
di diritto sostanziale controverse. Infatti, quando

nuncia che abbia indebitamente affrontato il merito, anziché dichiarare un’invalidità tempestivamente eccepita o rilevabile d’ufficio, non importa che
tale decisione violi, per eccesso (extra o ultra
petizione) o per difetto (omessa pronuncia), la
prescrizione di corrispondenza con la domanda. La
Corte di cassazione dovrà accertare e dichiarare la
preesistente invalidità, senza considerare il rapporto di corrispondenza tra la pronuncia e le domande delle parti, perché è quella invalidità a costituire di per sé motivo di cassazione o annullamento della decisione impugnata(Cass., sez. III
civ., 21 febbraio 2006, n. 3667, m. 588964).
In particolare «il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte
della sentenza impugnata, di questioni di merito, e
non già nel caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito. Pertanto la sentenza che si assuma avere erroneamente rigettato l’eccezione di

la decisione impugnata per cassazione sia una pro-

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inammissibilità dell’appello non è censurabile in
sede di legittimità per violazione dell’art. 112
c.p.c.»(Cass., sez. III civ., 23 gennaio 2009, n.
1701, m. 606407).
Ne consegue che in questa sede non rileva accertare

nuncia del giudice d’appello. Rileva accertare se
il motivo d’appello proposto dalla Aeroporti di Roma s.p.a. fosse effettivamente inammissibile. E a
questa domanda non può che darsi risposta negativa.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti,
«il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato
non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti
risultino documentati “ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore
primario del processo, costituito dalla giustizia
della decisione, che resterebbe svisato ove anche
le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova
previsti per le eccezioni in senso stretto» (Cass.,
sez. un., 7 maggio 2013, n. 10531, m. 626194). Ed è
indiscusso che la mora del debitore «è un elemento
costitutivo della pretesa avente ad oggetto gli in-

se vi sia stata effettivamente un’omissione di pro-

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teressi e l’eventuale maggior danno da svalutazione
monetaria» (Cass., sez. I, 18 settembre 2013, n.
21340, m. 627738).
Nel caso in esame dunque l’esistenza del ritardo
nel pagamento delle somme ritenute in garanzia era

la Garboli s.p.a. per gli interessi. E la contestazione da parte della Aeroporti di Roma s.p.a.
dell’esistenza di tale ritardo espresse una generica difesa, non un’eccezione preclusa dall’art. 345
comma 2 c.p.c.
3.1- Con il terzo motivo la ricorrente deduce omessa pronuncia sull’eccezione di invalidità della sua
pretesa rinuncia agli interessi per ritardato pagamento del saldo dei corrispettivi dovuti per i lavori eseguiti in ottemperanza all’ordine di servizio del 25 ottobre 1993; e in subordine violazione
o falsa applicazione dell’art. 4 legge n. 741 del
1981, che prevedeva appunto l’invalidità della rinuncia.
Il motivo è infondato.
Non v’è innanzitutto alcuna omissione di pronuncia,
perché la corte d’appello, con implicito riferimento alle questioni dibattute in primo grado, ritenne
valida la rinuncia in considerazione della natura

un elemento costitutivo della domanda proposta dal-

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disponibile dei diritti che ne erano oggetto. A
questa pronuncia si potrebbe tutt’al più addebitare
un’eccessiva sintesi motivazionale, peraltro irrilevante, in quanto relativa a questione di diritto,
direttamente sindacabile da questa corte, indipen-

del merito.
Infondata del resto è la questione di diritto posta
in via subordinata dalla ricorrente, laddove lamenta la violazione dell’art. 4 della legge n. 741 del
1981, all’epoca ancora vigente.
Secondo un’indiscussa giurisprudenza di questa corte, infatti, «in tema di appalti di lavori pubblici, con riferimento all’applicabilità dell’articolo
4 della legge 10 dicembre 1981 n. 741, la nullità,
sancita da tale articolo, nel caso di patto contrario al pagamento degli interessi sugli stati di avanzamento lavori saldati in ritardo, riguarda esclusivamente le clausole di deroga pattuite preventivamente tra committente ed appaltatore. Infatti, poiché la norma mira ad impedire che la parte
contrattualmente più forte – solitamente la P.A.
committente – trasformi la deroga in clausola di
stile, che verrebbe costantemente inserita nei contratti e necessariamente accettata dall’appaltato-

dentemente dalle motivazioni esibite dal giudice

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re, tale “ratio legis” non potrebbe ritenersi frustrata se, invece, la rinuncia alla corresponsione
degli interessi venga pattuita dopo che gli stessi
sono maturati, sicché l’appaltatore è libero di accettare o meno la proposta, avendo a disposizione

suo credito» (Cass., sez.

II,

gli strumenti per esigere anche coattivamente il
30 ottobre 2007, n.

22842, m. 600688, Cass., sez. I, 8 febbraio 2013,
n. 3064, m. 625107).
Correttamente dunque i giudici d’appello ritennero
valida, in quanto relativa a diritti disponibili,
la rinuncia agli interessi relativi gli emolumenti
erogati nel luglio 1994.
4. Si deve pertanto concludere con il rigetto del
ricorso e la condanna della ricorrente alle spese.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi E.
E.

10.200, di cui

10.000 per onorari, oltre spese generali e ac-

cessori come per legge.
Roma, 27 marzo 2015
Il iPresidente

D E-P OSI TATO
IN CANCELLERIA

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