Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10400 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 20/04/2021), n.10400

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17951/2019 proposto da:

D.D., elettivamente domiciliato in Roma, via Ruggero Fauro

43, presso lo studio dell’avvocato Cerciello Mario, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Brusciotti Marco;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 5638/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 da Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

D.D. ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il Decreto del 2 maggio 2019 con cui il Tribunale di Ancona ha dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso il diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della richiesta di protezione internazionale o umanitaria.

Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad una comparsa di costituzione depositata ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

Considerato che:

Il primo mezzo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c., censurando il decreto impugnato per aver dichiarato inammissibile il ricorso, sul rilievo che il richiedente aveva rappresentato di essere stato riconvocato in audizione dalla Commissione territoriale, in luogo di pronunciare la cessazione della materia del contendere ovvero l’estinzione del giudizio per rinuncia agli atti.

Il secondo mezzo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, censurando il decreto impugnato per aver ritenuto la soccombenza virtuale del ricorrente omettendo totalmente di indicare le ragioni di fatto e di diritto tali da giustificare il giudizio di soccombenza.

Ritenuto che:

Il ricorso è inammissibile.

E’ inammissibile il primo motivo.

Il ricorrente denuncia, peraltro erroneamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, una violazione dell’art. 306 c.p.c., che regola la rinuncia agli atti del giudizio norma che il Tribunale non risulta affatto aver applicato.

Ciò detto, è inammissibile la censura volta a lamentare che il giudice abbia adottato una pronuncia di inammissibilità invece che di cessazione della materia del contendere.

Difatti, il vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato error in procedendo, con conseguente onere dell’impugnante di indicare il danno concreto arrecatogli dall’invocata nullità processuale, sicchè quando il ricorrente non chiarisce quale pregiudizio sia derivato alla sua difesa dal provvedimento declinatorio della competenza, adottato dal giudice di merito nella forma della sentenza e non dell’ordinanza, l’impugnazione è inammissibile (Cass. 9 luglio 2014, n. 15676; Cass. 12 settembre 2011, n. 18635).

In questo caso, nel corpo del primo motivo, non è in alcun modo spiegato quale pregiudizio il ricorrente avrebbe subito, dal momento che egli mostra di condividere la sostanza della decisione adottata, nel senso che il Tribunale non dovesse pervenire ad una decisione di merito, in considerazione della riconvocazione del richiedente, in un primo tempo non comparso, dinanzi alla Commissione territoriale competente.

E’ inammissibile il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

La soccombenza consiste nell’obiettiva difformità fra la pretesa della parte e la statuizione del giudice (v. già Cass. 19 agosto 1969, n. 3001), senza che abbia rilievo alcuno la circostanza che la decisione sia di merito o come in questo caso di rito (v. già Cass. 28 giugno 1969, n. 2351).

Sicchè il giudice di merito non ha violato il principio della soccombenza nel ritenere che fosse soccombente il ricorrente, atteso il mancato accoglimento della sua domanda.

Al di là di quanto precede, ove pure volesse ragionarsi in termini di cessazione della materia del contendere, con successiva verifica della soccombenza virtuale, sta di fatto che il ricorso non offre il benchè minimo elemento attraverso il quale stabilire che la domanda originariamente spiegata per cui concreto contenuto nulla si sa, fosse virtualmente fondata.

Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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