Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1040 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. I, 21/01/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12286/2019 proposto da:

G.H., difeso dall’avv. Mario Novelli, domiciliato presso la I

sezione civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto depositato in data 5.03.2019, ha rigettato la domanda di G.H., cittadino della (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero in capo al ricorrente i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo riconducibili i fatti narrati agli atti persecutori previsti dalla Convenzione di Ginevra (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dalla regione del Delta State della Nigeria per sfuggire alla violenza originata dagli scontri avvenuti e tuttora in corso in relazione alla questione dell’indipendenza del Biafra).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione G.H. affidandolo a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio tardivamente ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Lamenta il ricorrente che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale di Ancona e dalla Commissione Territoriale, le sue dichiarazioni sono lineari, coerenti, genuine e plausibili e correlate alle informazioni generali e specifiche del paese di provenienza. E’ stata, inoltre, omessa ogni valutazione sulla situazione sulla situazione generale del paese di provenienza, e, in particolare, del Biafra, luogo di provenienza del richiedente.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c).

Lamenta il ricorrente che il giudice di primo grado, nel negare la protezione sussidiaria, ha fornito una visione del tutto parziale della realtà della Nigeria e, in particolare, della regione del Delta State, che è caratterizzata da una violenza generalizzata e indiscriminata.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Ancona ha effettuato solo una parziale ed insufficiente istruttoria sulla Nigeria e sulla regione del Delta del Niger.

4. I primi tre motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni connesse, presentano profili di infondatezza ed inammissibilità.

2. In primo luogo, quanto al giudizio di inattendibilità del racconto del richiedente,

va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale soddisfa il requisito del “minimo costituzionale”, secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014), essendo state indicate in modo dettagliato le ragioni per le quali il richiedente non è stato ritenuto credibile. In particolare, è stato evidenziato che il ricorrente non era stato in grado di circostanziare la vicenda sia con riguardo alla lotta del Biafra, sia con riferimento alle incursioni dei fulani. Inoltre, il racconto appariva confuso e frutto di storie riferite o non vissute direttamente, come desumibile dalla circostanza che il richiedente aveva confuso la lotta del Biafra con la questione dei pastori fulani.

D’altra parte, il ricorrente, neppure ha allegato la grave anomalia motivazionale del decreto impugnato, unico vizio attualmente censurabile in Cassazione, limitandosi ad invocare apoditticamente la credibilità del proprio racconto.

Inoltre, il giudice di merito, ha consultato report internazionali aggiornati (Rapporto EASO settembre 2017, articolo apparso sul sito (OMISSIS) nel marzo 2018), alla luce dei quali non solo ha ritenuto insussistente nella regione del Delta State della Nigeria la dedotta situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato, ma ha, altresì, accertato che la regione del Delta State non rientra tra le zone interessate dalla lotta per l’indipendenza del Biafra, come l’Anambra e l’Abia State.

Tale valutazione di fatto, in quanto di esclusiva competenza del giudice di merito, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064). Ne consegue che le censure del ricorrente si appalesano come di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice di merito.

5. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Evidenzia il ricorrente di essere meritevole della protezione umanitaria, tenuto conto della grave situazione socio-politica della Nigeria (in cui non sono garantiti i diritti fondamentali) e del percorso di integrazione sociale nello Stato di accoglienza.

7. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già affermato che pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità del richiedente, dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale, atteso che, diversamente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini sez. 1 n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, il ricorrente, non ha minimamente correlato la dedotta esistenza di una situazione di insicurezza alla propria condizione personale se non con riferimento al suo racconto riguardante il proprio coinvolgimento nella lotta per l’indipendenza del Biafra, che, tuttavia, è stato ritenuto coerentemente non credibile dal Tribunale di Ancona.

Infine, il richiedente si duole che non si è tenuto conto del suo percorso di integrazione, non considerando che tale elemento, secondo il costante insegnamento di questa Corte, può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in ragione dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero dell’Interno.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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