Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 104 del 08/01/2021

Cassazione civile sez. I, 08/01/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 08/01/2021), n.104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14922/2019 proposto da:

B.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPE EUGENIO

n. 15, presso lo studio dell’avvocato MARCO MICHELE PICCIANI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 96/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 9.11.2015 il Tribunale di Catanzaro rigettava il ricorso avverso il provvedimento emesso il 28.10.2014 e notificato il 3.11.2014, con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale aveva respinto la domanda di B.J. volta al riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria.

Interponeva appello il B. e la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza oggi impugnata, n. 96 del 2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione B.J. affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato memoria ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,7,14 e 17, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, perchè la Corte di Appello avrebbe valutato il contesto interno del Bangladesh, Paese di provenienza del richiedente, senza dar conto delle fonti informative consultate e delle informazioni specifiche da esse tratte.

La censura è fondata.

La decisione impugnata ha escluso la configurabilità dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), senza citare fonti informative coerenti con la previsione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Tale disposizione impone al giudice di esaminare la domanda di protezione internazionale “… alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che dette informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell’art. 38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative”.

Le Country of Origin Information (cosiddette “C.O.I.”) assumono un ruolo centrale nell’istruzione e nella decisione delle domande di protezione internazionale, poichè la relativa decisione deve essere assunta, per precisa disposizione normativa, sulla base delle notizie sul Paese di origine, o di transito, del richiedente che siano tratte da fonti informative specifiche ed aggiornate. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha violato tale disposizione, poichè si è limitata ad affermare che non sussisterebbe un contesto di violenza indiscriminata, senza citare alcuna fonte idonea, al di fuori di un generico richiamo, contenuto a pag. 10 della sentenza, al sito (OMISSIS), che non rientra nell’ambito dell’elenco di cui al sopra richiamato comma 3. Il mancato riferimento ad una fonte riferibile all’UNHCR, all’EASO, al Ministero degli affari esteri ovvero ad altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, non consente di verificare l’attendibilità e la pertinenza dell’informazione utilizzata dal giudice di merito, e si riflette pertanto in una violazione dell’obbligo di collaborazione istruttoria, così come esso risulta previsto e declinato dalla norma di cui all’art. 8, comma 3.

Merita, al riguardo, di essere affermato il seguente principio, in linea con quanto ormai costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte: “Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130). A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o ente dalla quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che sono garantiti anche dalla specifica provenienza delle C.O.I. indicate in detta disposizione”.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, con il quale il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

La sentenza impugnata va quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Catanzaro, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relaziona alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catanzaro, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione prima Civile, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021

 

 

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