Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 104 del 08/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/01/2010, (ud. 01/12/2009, dep. 08/01/2010), n.104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE di PISA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Celimontana n. 38, presso lo studio

dell’avv. Benito Panariti, rappresentato e difeso dall’avv. Gloria

Lazzari;

– ricorrente –

contro

BAGNO ALMA S.N.C. DI S.G., G.M. e

G.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del direttore pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sez. 24, n. 8, depositata il 30 aprile 2008;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore Dott.

CAPPABIANCA Aurelio;

udito, per il Comune ricorrente, l’avv. Alessandro Bertolini;

udito, per il P.M., il sostituto procuratore Generale Dott. VELARDI

Maurizio, che ha concluso, in adesione alla relazione, per il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che La società contribuente, titolare di stabilimento balneare, su area in parte demaniale e in parte comunale, propose ricorso avverso avviso di accertamento, con il quale il Comune di Pisa aveva liquidato l’ici per l’anno 1999, in relazione alla struttura balneare;

– che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con sentenza che, in esito all’appello della società contribuente, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale; ciò sul presupposto che l’approfondita analisi dell’atto di concessione e di quello di locazione, in forza dei quali la società contribuente detiene l’area in oggetto, non consente di configurare, in capo alla società medesima, un diritto di superficie sulla costruzione ivi edificata e, quindi, il suo assoggettamento ad ici; rilevato:

– che, avverso la sentenza di appello, il Comune ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi;

– che la società contribuente non si è costituita;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, il Comune di Pisa – lamentando il mancato riconoscimento, da parte del giudice a quo della titolarità, in capo alla società contribuente, del diritto di superficie sull’immobile costruito sull’area demaniale detenuta in concessione – deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 934 c.c. e dall’art. 952 c.c. all’art. 956 c.c. nonchè vizio di motivazione e formula il seguente quesito: “… se i gestori degli stabilimenti balneari del litorale pisano, nel caso di specie i gestori del Bagno Alma, costruendo dei manufatti su terreno pubblico dato loro in concessione diventano titolari di un diritto di superficie e pertanto soggetti passivi a fini ici a partire dall’anno 1998”;

– che, con il secondo mezzo, il Comune di Pisa deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 446 del 1997, nonchè violazione della L. n. 388 del 2000, art. 18 e formula il seguente quesito: “… se il concessionario di aree demaniali debba essere considerato soggetto passivo ai fini ici a partire dall’anno d’imposta 1998, secondo le previsioni di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997 oppure dall’anno d’imposta 2001 L. n. 388 del 2000, ex art. 18”;

che, con il terzo motivo, il Comune di Pisa lamenta, violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 e formula il seguente quesito: “Dica la Corte, se il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 debba o meno essere interpretato alla luce del principio generale dell’obbligatorietà della contribuzione alle spese pubbliche in base alla capacità contributiva e comunque nel senso in cui possa avere un qualche effetto, e se, applicando tali principi, il Comune possa, o meglio debba, ricorrere ad autonoma stima in relazione a manufatti non denunciati o denunciati in maniera errata al Catasto ed in assenza degli altri indici previsti dall’art. 5 cit.. Dica, altresì, la Corte, se il Comune possa rinunciare all’obbligo inderogabile di provvedere ad effettuare il prelievo fiscale su fabbricati di proprietà di privati, come nel caso in esame, nei quali si svolge un’attività commerciale a scopo di lucro”;

considerato:

– che i primi due motivi, che in quanto connessi, vanno congiuntamente esaminati, sono manifestamente infondati;

che occorre, invero, premettere che, per le annualità anteriori alla modifica apportata con la L. n. 388 del 2002 (che ha espressamente indicato tra i soggettivi passivi dell’imposta il concessionario) questa Corte, ha affermato che, in assenza di espressa regolamentazione contenuta nel codice di navigazione, alle costruzioni di privati autorizzate su beni del demanio marittimo, si applicano le norme e regole previste dal codice civile e che pertanto, anche in relazione ad un manufatto realizzato da concessionario su area del demanio marittimo, è astrattamente possibile ipotizzare la costituzione di un diritto reale di superficie; con la conseguenza che diviene questione d’interpretazione della concessione, insindacabile in sede di legittimità se coerentemente motivata, l’individuazione in capo al concessionario di un diritto reale o di un diritto meramente obbligatorio ai fini della soggezione all’ici. (v. Cass. 9940/08, 8637/05, 4769/04 e, in generale, 5842/04, s.u. 1324/97);

che, ciò posto, va considerato che, nello specifico, il giudice del merito è pervenuto alla conclusione, insindacabile nel merito ed espressa con motivazione coerente, che la concessione rappresenta, in concreto, fonte negoziale di un mero diritto di godimento, avente natura obbligatoria; mentre il Comune censura la valutazione e la conclusione dei giudici del gravame con argomentazione che resta affidata alla sola mera denuncia della sua inesattezza, neppure suffragata dalla richiesta di verifica in questa sede di legittimità della corretta applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale, e si esaurisce, pertanto, in una doglianza che, sollecitando una rilettura degli atti acquisiti al processo al fine di una nuova valutazione, non può trovare ingresso in questa sede (cfr. Cass. 319/03);

– che il terzo motivo appare inammissibile, posto che affronta una tematica che non si riscontra nella ratio decidendi della sentenza impugnata;

ritenuto:

che il ricorso del Comune va, pertanto, respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, stante l’assenza d’attività difensiva degli intimati, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte: respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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