Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10398 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10398 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 25931-2008 proposto da:
M.P.S.

GESTIONE

CREDITI

BANCA

S.P.A.

(P.I.

01079950521), non in proprio ma in nome e per conto
della BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in

Data pubblicazione: 20/05/2015

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. CARO 62,

2015
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presso l’avvocato SIMONE CICCOTTI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
RICCARDO ZANOTTI, giusta procura in calce al
ricorso;

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- ricorrente contro

GALLI SERGIO (c.f. 00852100494), non in proprio ma
in qualità di Curatore del FALLIMENTO DELLA
OFFICINA GROUP LINE S.N.C. nonchè dei soci

FIORENTINI MASSIMO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso
l’avvocato CRISTINA MARIA CIALDINI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
DONATELLA QUARATESI, giusta procura a margine del
controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n.

737/2008 della CORTE

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 08/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 04/03/2015 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato S. CICCOTTI

illimitatamente responsabili NETTI MASSIMO e

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato C.M.
CIALDINI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
Il Curatore del Fallimento della Officine Group Line s.n.c.
e dei soci illimitatamente responsabili, Netti Massimo e
Fiorentini Massimo, premesso che al momento del fallimento,

Fincantieri per lire 193.916.730, che parte di detto
credito, per lire 80 milioni, era stato sottoposto a
sequestro conservativo a tutela dei crediti da lavoro
dipendente di terzi, che a Fincantieri era stata notificata
la cessione di altra parte di credito in favore di Monte
Paschi Factor e di Monte Paschi Siena e che,
successivamente, Fincantieri aveva pagato a Monte Paschi
Factor lire 84.238.530 ed a Monte dei Paschi lire
77.588.000, rimettendo al Fallimento il residuo, chiedeva
che detti due pagamenti fossero dichiarati inopponibili
alla Procedura.
Costituitisi i convenuti, il giudizio, interrotto per la
morte del difensore della Monte Paschi Factor, veniva
riassunto e si costituiva, in luogo di Monte Paschi Factor,
la Banca Monte Paschi, successore per incorporazione, che
eccepiva l’estinzione, per essere avvenuta l’incorporazione
prima dell’interruzione e per essere avvenuta la notifica
del ricorso in riassunzione con il pedissequo decreto di
fissazione d’udienza a Torino, sede della Monte Paschi

3

dichiarato il 18/5/94, la società era creditrice della

Factor, ed a Siena,in luogo diverso dalla sede legale della
Banca.
Il

Tribunale

respingeva

l’eccezione

di

estinzione,

affermava la legittimazione del Fallimento di Massimo

quale cedente, e non del Fallimento della s.n.c. Officina
Group Line e del socio Fiorentini,

escludeva la

revocabilità della cessione del 12/5/93,

accoglieva la

revocatoria nei confronti del Monte dei Paschi, rigettava
la domanda di declaratoria di non opponibilità delle
cessioni proposta nei confronti del debitore ceduto;
condannava alle spese della Curatela la Banca e compensava
le spese tra la Curatela e Fincantieri.
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza in data 14
marzo-8 maggio 2008, ha respinto l’appello principale della
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. ed ha dichiarato
inammissibile l’appello incidentale di Fincantieri s.p.a.,
condannando la Banca alle spese del grado a favore della
Curatela.
La Corte d’appello, in relazione all’eccepita estinzione,
ha rilevato che non era contestato il deposito del ricorso
per la riassunzione in data 30 dicembre 1998, nel rispetto
del termine semestrale dall’interruzione, né che la Banca
Monte dei Paschi, che si era costituita nel giudizio in
riassunzione rendendo nota l’avvenuta fusione, avesse
4

Netti, titolare della ditta Naval Workshops New Group,

ricevuto la notificazione, sia pure presso il diverso
indirizzo appreso dalla Curatela in esito al primo
tentativo di notificazione.
Quanto al secondo motivo d’appello, inteso a ribadire la

Group Line, la Corte del merito ha rilevato la carenza di
ogni censura sul punto alla sentenza del Tribunale, e che
questa aveva concluso nel senso richiesto dalla parte; nel
merito, ha rilevato che tutti i soggetti interessati alla
cessione avevano rapporti di conto corrente con la Banca
Monte Paschi di Siena ed avevano conti con saldi
pesantemente negativi, il Netti, che operava con la ditta
individuale, era pesantemente indebitato, aveva subito
numerose procedure esecutive individuali, conclusesi
negativamente per i creditori e di questo la Banca, in
forza del ruolo professionale svolto, era il primo soggetto
ad averne conoscenza.
Avverso detta pronuncia ricorre M.P.S. Gestione Crediti
Banca s.p.a., in nome e per conto della Banca Monte dei
Paschi di Siena s.p.a., sulla base di quattro motivi.
Si difende con controricorso il curatore del Fallimento
Officina Group Line e dei soci illimitatamente
responsabili, Netti Massimo e Fiorentini Massimo.
La ricorrente ha depositato memoria ex art.378 c.p.c.
Motivi della decisione
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carenza di legittimazione del Fallimento della Officina

1.1.- Col primo mezzo, la Banca si duole della violazione e
falsa applicazione degli artt. 112, 115, 145 e 305 c.p.c.,
2697 c.c. e fa presente di avere eccepito l’estinzione,
atteso che la notificazione dell’atto di riassunzione era

e nei confronti della Monte Paschi Siena Factor, estinta.
Secondo la ricorrente, la Corte d’appello ha argomentato su
basi errate, atteso che la parte aveva dedotto che la
fusione era avvenuta con atto del 13/11/97, registrato il
14/11/97; che la notifica era indirizzata al soggetto
estinto, Monte dei Paschi Factor s.p.a. “con sede in Torino
Galleria San Federico n.16_” e “corrente in Siena via
Mazzini 23”, ove non aveva più sede la società estinta, ed
era stata ricevuta da persona della quale non era stata
data prova effettiva della riconducibilità alla società
ormai estinta ed alla incorporante, da cui il vizio
radicale dell’inesistenza, e quindi l’estinzione del
giudizio, atteso il decorso del termine semestrale avvenuto
già prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del
giudizio.
2.1.- Il motivo presenta profili di inammissibilità e di
infondatezza.
Il motivo è incompleto nella esposizione del fatto, non
indicando la data dell’interruzione del processo, a fronte
della data, indicata, del deposito in cancelleria del
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avvenuta presso indirizzi ove non aveva sede alcuna società

ricorso per riassunzione, che, secondo l’orientamento
costante di questa Corte, è idoneo ad impedire l’estinzione
del processo, ove avvenuto entro il termine perentorio ex
art.305 c.p.c.(sul principio, tra le ultime, le pronunce

In ogni caso, è infondata la prospettazione della parte del
vizio di inesistenza della notificazione, atteso che, come
ritenuto tra le ultime nella pronuncia 6202/2014, la
citazione in giudizio notificata ad una società già
incorporata in un’altra è nulla per inesistenza della parte
convenuta, ma tale nullità, rilevabile d’ufficio, resta
tuttavia sanata per effetto della costituzione in giudizio
della società incorporante, indipendentemente dalla volontà
e dall’atteggiamento processuale di questa, atteso che la
“vocatio in ius” di un soggetto non più esistente, ma nei

cui rapporti sia succeduto un altro soggetto, consente
comunque di individuare il rapporto sostanziale dedotto in
giudizio, realizzando un vizio meno grave rispetto a quello
da cui è affetta la

“vocatio”

mancante dell’indicazione

della parte processuale convenuta, che è sanabile mediante
la costituzione in giudizio di chi, malgrado il vizio, si
sia riconosciuto come convenuto.
1.2.- Col secondo mezzo, la ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione degli artt.147 e 148 1.f. e
del vizio di motivazione e formula un solo quesito di
7

21869/2013 e 11260/2011).

diritto, col quale chiede alla Corte di rilevare il vizio
di motivazione ed “altresì dichiarare la carenza di
legittimazione attiva della Curatela parte del giudizio
riconfermando il principio di diritto che nei fallimenti di
società e di soci illimitatamente responsabili il Curatore
è legittimato a stare in giudizio quale organo del
fallimento sociale o di ciascuno dei soci a seconda della
riferibilità della controversia all’uno o agli altri.”
2.2.- Il motivo è inammissibile.
Il motivo è inteso a far valere una censura “mista” sulla
legittimazione del curatore, sotto ambedue i profili del
vizio ex art.360 n.3 n.4 c.p.c. e si conclude con un
quesito a sua volta composito, oltre che generico, tale da
rendere non possibile la specifica identificazione della
censura.
1.3.- Col terzo mezzo, la ricorrente denuncia il vizio ex
art.360 n.3 c.p.c.in relazione agli artt. 163 e 164 c.p.c.,
e ripropone la questione della nullità dell’atto di
citazione, per il generico riferimento all’art. 67 1.f., in
violazione del diritto di difesa.
2.3.- Il motivo è inammissibile.
La parte non ha indicato l’atto di citazione di primo grado
della Curatela come documento su cui si basa la censura,
ex art. 366 n.6 c.p.c., e altresì non ha prodotto detto

8

,

documento, ex art. 369 n.4 c.p.c., produzione richiesta ai
fini della procedibilità.
Inoltre, la ricorrente non ha censurato la seconda
argomentazione addotta dalla Corte del merito a base del

specificità della censura alla sentenza del Tribunale sul
punto, da ciò conseguendo altra ragione di inammissibilità,
secondo il principio costantemente affermato da questa
Corte( vedi, tra le tante, le pronunce 3386/2011,
22753/2011 e la pronuncia delle S.U. 7931/2013).
1.4.- Col quarto motivo, la ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione dell’art.67 2 ° comma,l.f. e
dell’art.7, 1.52/91; formula due quesiti di diritto, con il
primo sostiene la non revocabilità della cessione di
credito a favore di una banca in quanto non costituente
mezzo anormale di pagamento e che comunque il termine di un
anno per l’esercizio della revocatoria fallimentare decorre
dalla stipulazione della cessione del credito ed a tale
data occorre riferirsi per stabilire la conoscibilità
dell’insolvenza del cedente; col secondo, alla stregua
anche dell’art.7 1. 52/91, chiede la cassazione della
pronuncia per non avere ritenuto il difetto di prova da
parte della Curatela sullo stato di insolvenza.
2.4.- Il motivo presenta profili di inammissibilità ed
infondatezza.
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rigetto del terzo motivo d’appello, basata sulla carenza di

.

E’ pacifica l’applicazione della 1.52/1991, disciplina
della cessione dei crediti d’impresa, il cui art.5,
efficacia della cessione verso i terzi, alla lettera c) fa
salvo quanto disposto dall’art.7, 1 0 comma, che così

dall’articolo 5, comma primo, non è opponibile al
fallimento del cedente, se il curatore prova che il
cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente
quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento
del cessionario al cedente sia stato eseguito nell’anno
anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima
della scadenza del credito ceduto.”).
Ciò posto, devono ritenersi inconferenti i riferimenti al
mezzo anormale di pagamento ed infondato il riferimento al
,

termine annuale avuto riguardo alla stipulazione del
contratto

di

factoring,

mentre

ai

fini

della

revocabilità (non opponibilità) dei singoli negozi
traslativi di crediti verso terzi, il curatore deve provare
che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del
cedente nel momento in cui ha eseguito il pagamento e
sempre che questo sia stato eseguito entro l’anno dalla
dichiarazione di fallimento.
Infine, la ricorrente non indica in quale parte della
pronuncia la Corte d’appello abbia negato la spettanza del
relativo onere probatorio al Curatore, che il Giudice del
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dispone: “L’efficacia della cessione verso i terzi prevista

merito ha ritenuto nella specie soddisfatto, in forza degli
elementi presuntivi indicati.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso. Le spese
seguono la soccombenza.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle
spese, liquidate in euro 7000,00, oltre euro 200,00 per
esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 4 marzo 2015

Il Consigliere es

P.Q.M.

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