Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10396 del 20/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10396 Anno 2016
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 15586-2013 proposto da:
FALLIMENTO CMI SRL IN LIQUIDAZIONE 02026330381, in
persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROXL-k, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio
dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
FENOLI DONATA, VISTALI GIULIANO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio
dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ANDREA MINA giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controrkorrenti

Data pubblicazione: 20/05/2016

avverso la sentenza n. 1709/2012 del TRIBUNALE di BRESCIA del
21/05/2012, depositata il 29/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Ric. 2013 n. 15586 sez. M3 – ud. 09-03-2016
-2-

R.g.n. 15586-13 (c.c. 9.3.2016)

Ritenuto quanto segue:
§1. Il Fallimento CMI s.r.l. in liquidazione, in persona del curatore
dott.ssa Cristina Bonometti, ha proposto ricorso per Cassazione ex art. 348ter, terzo comma c.p.c. contro Giuliano Vistali e Donata Fenoli avverso la

sentenza del 29 maggio 2012, con la quale il Tribunale di Brescia rigettava la
domanda di esso ricorrente intesa ad ottenere declaratoria d’inefficacia, ex art.

2091 c.c., di un atto di costituzione di fondo patrimoniale stipulato dai
convenuti in asserito pregiudizio delle ragioni creditorie.
Il ricorso contro detta sentenza è stato proposto a seguito della
declaratoria da parte della Corte d’Appello di Brescia, con ordinanza ex art.
348-bis c.p.c., della inammissibilità dell’appello proposto dal Fallimento
contro la sentenza del Tribunale.
§2. Al ricorso hanno resistito con congiunto controricorso Giuliano
Vistali e Donata Fenoli.
§3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.
è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione
agli avvocati delle parti unitamente al decreto di fissazione dell’odierna
adunanza.
Le parti hanno depositato memoria in vista dell’adunanza della Corte.

Considerato quanto segue:
§1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. sono state svolte le
seguenti considerazioni:
«[….] §3. Il ricorso appare decidibile con il procedimento di cui all’art.
380-bis c.p.c.
§4. Il ricorrente affida le proprie doglianze a tre motivi di ricorso: a) il
primo motivo deduce “violazione di norma di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. con
riferimento all’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato)”;
b) il secondo motivo deduce “violazione di norma di legge ex art. 360 c.p.c.

con riferimento all’art. 2901 c.c.”; c) il terzo motivo deduce “omesso esame
3
Est. Cons.

Frasca

R.g.n. 15586-13 (c.c. 9.3.2016)

di un fatto decisivo per il giudizio di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5
c.p.c.”.
§4.1. Con il primo motivo ci si duole che il Tribunale, ancorché i
convenuti si fossero limitati a contestare la sussistenza di un credito di essa
ricorrente verso il debitore e a tale deduzione si fosse replicato che
presupposto legittimante dell’azione revocatoria poteva essere anche

un’aspettativa di credito, avrebbe d’ufficio, in violazione dell’art. 112 c.p.c.,
avrebbe d’ufficio rigettato la domanda per un’altra ragione, cioè, per come
risulta dalla riproduzione della motivazione della sentenza nell’esposizione
del fatto, dando rilievo alla circostanza che nell’atto introduttivo non <<è stata svolta da parte del Fallimento una sia pur minimale attività di allegazione dei fatti dai quali discenderebbe la responsabilità del Vistali e della Feroli». §4.1.1. Il motivo appare privo di pregio, perché il Tribunale, di fronte ad una domanda in cui la ragione creditoria legittimante non era identificata certamente, di fronte alla contestazione dei convenuti circa in non risultare la Curatela creditrice di convenuti, era investito del dovere di giudicare se il credito esistesse e, per procedere a tale verifica, necessariamente doveva esaminarne la fattispecie costitutiva siccome dedotta nella citazione introduttiva. Ne segue che, se esaminando la citazione, ha constatato che essa non risultava indicata, il Tribunale ha compiuto un'attività che doveva compiere. Semmai, si deve rilevare, ma ormai la questione non dà luogo all'esercizio in questo giudizio di legittimità del relativo potere, che doveva essere esercitato dal Tribunale d'ufficio, il primo giudice, di fronte alla detta costatazione avrebbe dovuto ordinare l'integrazione della citazione alla Curatela perché fosse indicato, con l'individuazione delle ragioni giustificative riscontrate non allegate, il credito legittimante quale fatto 4 Est. Cons. Raffae e Frasca R.g.n. 15586-U (c.c. 9.12016) costituivo della legittimazione alla revocatoria (art. 164, quinto comma, c.p.c.). Di tale omissione semmai la Curatela si sarebbe dovuta lamentare, dato che il Tribunale non disponendo l'integrazione, le ha precluso il potere di rimediare alla nullità della citazione ed ha fatto luogo ad una decisione di "rigeto" che avrebbe potuto adottare solo ove, ordinata l'integrazione, essa non fosse stata eseguita, così definendo in rito il processo. • L'impropria pronuncia resa dal Tribunale, del resto, ha solo constatato che la domanda non poteva essere accolta "oggi", così fornendo una decisione rebus sic stantibus, dal cui giudicato non nascerà certamente la preclusione alla possibilità di una nuova azione revocatoria con cui, identificato il preteso credito anche con fatti che bene essa avrebbe potuto allegare se fosse stata ordinata l'integrazione, essa agisca nuovamente a sua tutela. In pratica il Tribunale ha reso nella sostanza quella pronuncia di rito che avrebbe potuto rendere solo se all'esito dell'ordine di integrazione la citazione non fosse stata integrata con l'allegazione dei fatti evidenziatori della pretesa responsabilità. §4.2. Il secondo motivo — che discorre dei limiti in cui il credito posto a base della revocatoria dev'essere accertato prospettando (con evocazione di Cass. sez. un. n. 9440 del 2004) che è situazione legittimante anche un'aspettativa di credito - è privo di pertinenza con la motivazione della sentenza impugnata che ha rilevato, invece, come s'è detto che il credito non era identificato nei suoi fatti costitutivi ed ha parlato, in chiusura di <

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