Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10395 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10395 Anno 2015
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 8120-2008 proposto da:
BARONE LUIGI (C.F. BRNLGU38C11F839W), domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 20/05/2015

dall’avvocato GIUSEPPE LEONE, giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente –

2015
contro

243

BANCA DI ROMA;
– intimata –

1

avverso la sentenza n.

2986/2007 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/02/2015 dal Consigliere Dott. MARIA
ACIERNO;

Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Banca di Roma aveva notificato a Luigi Barone atto di
precetto relativo a nove cambiali recanti la sua firma per
avallo. Il Barone proponeva opposizione a precetto

rilevando che la sottoscrizione era stata apposta per
consentire ad un terzo lo sconto di titoli cambiari e che i
funzionari della banca non gli avevano rappresentato la
reale situazione di sofferenza del debitore garantito
dichiarando che si trattava di una normale operazione
finanziaria. Il contratto doveva pertanto essere annullato
per dolo del terzo. L’azione cambiaria doveva, inoltre,
ritenersi prescritta. Infine non era stato dato avviso
all’opponente dell’avvenuto protesto nei quattro giorni
successivi ad esso, così da consentire al debitore di
rilasciare ipoteca in favore della banca prima di fallire e
di rendere del tutto irripetibile il credito
dell’opponente. Il Tribunale rigettava l’opposizione.
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello ha confermato
la pronuncia di primo grado affermando :
l’avallo vincola l’avallante, in quanto dichiarazione
unilaterale anche in caso di nullità della cambiale o
inesistenza del rapporto sottostante;

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il debitore garantito non poteva essere considerato
litisconsorte necessario e comunque era stato estraneo al
processo di primo grado;
la decadenza dalle deduzioni istruttorie dichiarata dal

giudice in primo grado era del tutto corretta in quanto
erano decorsi i termini di cui all’art. 184 cod. proc. civ.
ratione temporis applicabile;
non era stata fornita la prova che la banca avesse agito
intenzionalmente per farsi rilasciare la firma di avallo;
la procura alle liti dell’istituto bancario risultava
depositata contestualmente alla comparsa di risposta.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione
il Barone affidato a tre motivi.
Nel primo motivo viene censurata l’esclusione del dolo del
terzo per non avere la Corte d’Appello considerato che
proprio il consenso all’avallo era stato estorto con il
dolo, fermandosi all’irrilevanza della nullità od
annullabilità del rapporto sottostante tra avallante ed
avallato. Infine non era stata considerata l’applicabilità
dell’art. 1228 cod. civ. secondo il quale il debitore che
si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti
dolosi o colposi di costoro. I funzionari pertanto non
potevano essere considerati terzi ai sensi degli artt.
1175, 1176 e 1337 cod. civ. ed il debitore garantito doveva
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essere considerato litisconsorte necessario. La censura è
formulata anche ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Il motivo si chiude con i seguenti quesiti :
“La Corte di Napoli poteva qualificare “terzi” i funzionari

Se il loro comportamento era addebitabile alla banca sulla
falsariga dei principi non poteva escludere che il “dolo
omissivo” costituisse eccezione “personale” dunque
opponibile alla banca?
Conseguentemente l’integrazione del contraddittorio nei
confronti di Collaro, parte favorita dall’avallo era
inevitabile?”
La censura è radicalmente inammissibile sotto entrambi i
profili in quanto i quesiti di diritto a sostegno del vizio
ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. sono del tutto inidonei a
colpire la ratio decidendi della sentenza impugnata avendo
ad oggetto profili secondari, peraltro rappresentati del

i

tutto genericamente rispetto al presumibile risultato
finale (l’accordo doloso tra istituto bancario e debitore
garantito) oltre che scollegati logicamente gli uni con gli
altri, in quanto relativi ad aspetti autonomi della
sentenza impugnata.

Sulla censura inquadrabile come

violazione di legge si deve aggiungere la novità e
l’estraneità del riferimento all’art. 1228 cod. civ.
5

della filiale di Ercolano”?

all’oggetto della censura (il rigetto della domanda di
annullamento per dolo del terzo).
Infine deve rilevarsi il difetto della sintesi finale
richiesto a pena d’inammissibilità dall’art. 366 bis ultima

parte cod. proc. civ. per il vizio di motivazione, peraltro
solo enunciato.
Nel

secondo

motivo

viene

censurata

il

rigetto

dell’eccezione di prescrizione dell’azione cambiaria. La
parte ricorrente afferma che il primo precetto intimato al
Barone non poteva essere ritenuto atto interruttivo perché
l’opponente aveva negato validità ed efficacia a questo
precetto avendolo ritenuto inidoneo allo scopo indicato
dalla sentenza impugnata. La censura qualificata come
omessa motivazione è del tutto priva della sintesi fattuale
richiesta ex art. 366 bis ultima parte cod. proc. civ.
ratione temporis applicabile. Peraltro se venisse
considerata come censura ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
difetterebbe dei quesiti di diritto con conseguente
identica valutazione d’inammissibilità.
Nel terzo motivo viene dedotta l’errata applicazione della
sospensione dei termini durante il periodo feriale. Secondo
la parte ricorrente a causa del furto del fascicolo
d’ufficio, (10/9/2007; la causa era stata trattenuta in
decisione il 9/1/2006) segnalata dal cancelliere
unitamente alla necessità di provvedere alla ricostruzione
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del fascicolo induce a ritenere che la minuta della
sentenza sia stata redatta sulla base di ricordi personali

e non sulla base della lettura degli atti in quanto si è
potuta constatare una conoscenza incompleta del medesimo da
parte della Corte che non ha ben compreso le censure

formulate.
Viene infine sollevata una censura relativa alla nullità
della sentenza per mancanza dei requisiti indispensabili
per il raggiungimento dello scopo in violazione dell’art.
118 disp. att. cod. proc. civ. Il rilievo si fonda sul
tentativo non riuscito di ricostruire le questioni
dibattute con vuoti e lacune riscontrabili nella sentenza
impugnata. Al contrario sarebbe stato necessario restaurare
il contraddittorio e tentare la ricostruzione degli atti
prima di decidere.
La (o le) censure si chiudono con i seguenti quesiti di
diritto :
“essendosi perduto il fascicolo d’ufficio per effetto di
furto e quindi dovendosene constatare l’inesistenza il
giudice, tenuto a pronunciarsi su tutta la domanda e non
oltre i limiti di essa nonché iuxta alligata et probata,
non deve procedere immediatamente procedere alla
ricostruzione? E’ ammissibile che egli tenti la stesura
della sentenza sulla base dei suoi ricordi personali?”
4

7

Le censure sono fondate su illazioni del tutto non
verificabili né sostenute da alcun fondamento probatorio.
Esse inoltre sono generiche e non consentono in alcun modo
di agganciare le lacune lamentate alle ragioni della

diritto formulati ne sottolinea i caratteri sopra indicati.
Il profilo relativo alla sospensione dei termini feriali
appare infine del tutto nuovo.
In

conclusione

il

ricorso

deve

essere

dichiarato

inammissibile.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 febbraio 2015

Il giudice est.

decisione impugnata. La radicale inidoneità dei quesiti di

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