Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10395 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14452/2018 proposto da:

S.L., nella qualità di legale rappresentante e socio

della (OMISSIS) s.r.l., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Innocenzo XX n. 8, presso lo studio dell’avvocato Galati Alberto,

rappresentato e difeso dall’avvocato Giardina Amilcare, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.F.; Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in persona del

curatore, avv. Risicato Paolo;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6376/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 14/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2020 dal Cons. Dott. Paola Vella;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

revocazione e per il suo rigetto nel merito.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza n. 6376 del 14/03/2018 questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da S.L., quale legale rappresentante e socio della (OMISSIS) s.r.l., contro la sentenza della Corte d’appello di Catania che aveva rigettato il reclamo da lui presentato contro la dichiarazione di fallimento della predetta società, su istanza di P.F..

1.1. Avverso detta decisione il S. ha proposto ricorso ex art. 391-bis c.p.c., poi corredato da memoria, chiedendone la revocazione per errore di fatto.

2. Con ordinanza interlocutoria n. 4611 del 21/02/2020 la Sezione 6-1 ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza, “in considerazione delle ragioni poste a base della valutazione d’inammissibilità del primo motivo di ricorso nell’ordinanza revocanda, in correlazione con il motivo di revocazione formulato”.

2.1. Parte ricorrente ha depositato “istanza di rinvio dell’udienza del 16/12/2020”, datata 4 dicembre 2020, con cui ha chiesto “lo svolgimento dell’udienza fissata per il 16/12/2020 in modalità da remoto”, stante “l’attuale situazione epidemiologica da Covid 19” e “l’inopportunità di sottoporsi al viaggio aereo già da tempo programmato”; ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c., datata 10 dicembre 2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Preliminarmente va dato atto che il Collegio ha ritenuto di non accedere all’istanza del ricorrente – formulata di termini sia di “rinvio” dell’udienza pubblica, che di suo svolgimento “in modalità da remoto” – in quanto irrituale.

3.1. Invero, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 1, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 (recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”) dispone che resta ferma, fino alla scadenza del termine di cui del D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35 – termine ripetutamente prorogato sino al 30 aprile 2021 – l’applicazione delle disposizioni di cui al D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 221, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, “ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo”.

3.2. Orbene, il D.L. n. 137 del 2020 cit., art. 23, prevede al comma 8-bis, un’apposita disciplina per la presentazione della “richiesta di discussione orale” (da formulare per iscritto entro il termine perentorio di 25 giorni liberi prima dell’udienza) che non si applica però ai procedimenti – come quello in esame – nei quali l’udienza di trattazione ricade entro il termine di 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (mentre per quelli nei quali l’udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno, la richiesta di discussione orale deve essere formulata entro 10 giorni dalla predetta data di entrata in vigore).

3.3. Nel caso di specie continua quindi ad applicarsi il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 221, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 (recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonchè di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”), il cui comma 6 prevede che, nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione, la partecipazione alle udienze civili di uno o più difensori può avvenire, su istanza dell’interessato, mediante collegamenti audiovisivi a distanza (individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia) a condizione che l’istanza di partecipazione mediante collegamento a distanza sia “depositata almeno quindici giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell’udienza”, al fine di consentire l’allestimento delle conseguenti misure informative e organizzative (comunicazione alle parti dell’istanza e delle modalità del collegamento almeno 5 giorni prima dell’udienza; verbalizzazione in quella di tutte le operazioni volte ad accertare l’identità dei soggetti partecipanti a distanza).

3.4. Risulta dunque evidente che l’istanza, datata 4 dicembre 2020, è intempestiva rispetto alla data dell’udienza pubblica, fissata da tempo al 16 dicembre 2020, senza che siano state rappresentate ulteriori ragioni di legittimo impedimento del difensore.

4. Passando al merito, parte ricorrente contesta l’errore di fatto contenuto nell’ordinanza di questa Corte n. 6376 del 14/03/2018, avuto riguardo alla nullità della notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento contestata con il primo motivo dell’originario ricorso per cassazione, in quanto effettuata mediante affissione in busta chiusa presso la casa comunale, L. Fall., ex art. 15, a nome non già della (OMISSIS) s.r.l., bensì della (OMISSIS) s.r.l., società avente parimenti sede in (OMISSIS), ma ad un diverso numero civico.

4.1. Segnatamente, l’errore viene individuato nella parte in cui questa Corte, rilevato che “nel caso in esame manca una dettagliata descrizione del plico contenente la notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento, non riuscendo il Collegio ad intendere con esattezza dove sarebbe stata apposta la dicitura (OMISSIS) S.r.l. in luogo di quella corretta (OMISSIS) S.r.l. e quali altri elementi emergessero dal medesimo plico”, ha registrato la conseguente violazione del principio di autosufficienza del ricorso, da rispettare anche quando la Corte di cassazione sia il giudice del “fatto processuale”.

4.2. Al riguardo, il ricorrente segnala di aver lamentato “proprio di non aver ricevuto il predetto plico”, non potendo perciò essere “in grado nè di produrlo nè tantomeno di descriverlo”, essendo semmai onere del resistente P.F. “produrre il plico che, come risulta dalla relata di notificazione, è evidentemente tornato al mittente”; l’errore di fatto – che costituisce fondamento della decisione di inammissibilità del ricorso – risiederebbe dunque nel possesso del plico da parte del ricorrente.

5. Il ricorso è inammissibile poichè non ricorrono gli estremi dell’errore di fatto”.

5.1. Come è noto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte “l’errore di fatto idoneo a determinare la revocazione delle sentenze (comprese quelle della Corte di Cassazione) deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato” la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo. Sicchè detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali: vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione” (ex multis, Sez. U., 7217/2009; conf. Cass. 17179/2020, 20635/2017, 26278/2016, 4456/2015, 25654/2013, 836/2012, 22171/2010, 23856/2008, 14608/2007).

5.2. Di conseguenza, ogni censura che ridondi in errore di giudizio o supponga un errore di diritto esula dal perimetro del giudizio revocatorio, trattandosi di vizi “la cui ricorrenza esclude ed è incompatibile con la stessa natura dell’errore c.d. revocatorio, che consiste non già in un preteso inesatto apprezzamento o valutazione di norme di legge, sostanziale o processuale (errore di giudizio), ma in una falsa percezione di ciò che emergeva dagli atti del giudizio: errore che deve avere i caratteri di assoluta immediatezza e di semplice rilevabilità, oltre che di decisività” (ex plurimis, Cass. 17194/2017, 26278/2016, 25654/2013, 836/2012, 16136/2009).

6. In particolare, per quanto rileva specificamente nella fattispecie in esame, è stato affermato che “in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione”; con la conseguenza della “impossibilità di configurare errore revocatorio nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità impugnata sulla violazione del principio di autosufficienza in ordine a uno dei motivi di ricorso, per omessa indicazione e trascrizione dei documenti non ammessi dal giudice d’appello” (Cass. 29635/2017).

7. Peraltro, quand’anche si volesse ravvisare nel caso di specie un errore di fatto – a monte del rilevato difetto di autosufficienza del primo motivo di ricorso per cassazione – per l’asserita impossibilità per il ricorrente di descrivere il plico della notifica in contestazione di cui non era in possesso (di cui avrebbe potuto, invero, chiedere l’esibizione in giudizio), difetterebbe comunque il requisito di decisività del supposto errore, in quanto il ricorrente trascura la specifica ratio decidendi della Corte d’appello, laddove afferma (a pag. 3) che “a differenza di quanto deduce parte reclamante, la notifica è stata effettuata correttamente proprio alla (OMISSIS) s.r.l., L. Fall., ex art. 15, comma 3, con il deposito del ricorso teso alla sua dichiarazione di fallimento nella casa comunale di Siracusa. Del tutto irrilevante deve ritenersi, invero, il mero errore materiale contenuto esclusivamente nella relata di notifica, con la quale l’Ufficiale giudiziario dà atto di tale deposito, indicando come soggetto cui ha effettuato la notifica “(OMISSIS) srl” anzichè (OMISSIS) s.r.l., posto che nell’istanza di fallimento e peraltro anche negli atti successivi il debitore era correttamente indicato”.

7.1. In effetti, a pag. 4 del ricorso per cassazione si legge che il reclamante aveva affermato che la (OMISSIS) s.r.l. era stata “erroneamente indicata” non solo “nella predetta relata di notificazione”, ma anche “nella conseguente affissione”, mentre tale circostanza risulta negata dalla Corte d’appello, la quale come visto ha rilevato l’errore materiale commesso dall’Ufficiale giudiziario solo nella relata di notifica, e non anche nell’affissione presso la casa comunale (come si afferma nella parte finale di pag. 15 del ricorso).

7.2. Al riguardo va ricordato che il principio per cui la relata di notifica ha natura di atto pubblico, con conseguente efficacia probatoria privilegiata, contestabile solo con la querela di falso (cfr. ex multis, Cass. n. 24852/2006 e, da ultimo, Cass. n. 14574/2018) anche in punto di identità del destinatario, non opera quando dallo stesso contesto dell’atto “emerga in modo evidente che il pubblico ufficiale ha compiuto un mero errore materiale nella sua redazione”, nel qual caso il giudice può disattendere le risultanze apparenti dell’atto (Cass. 8082/2019).

8. Alla declaratoria di inammissibilità non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese degli intimati.

9. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U., 23535/2019, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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