Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10395 del 13/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10395 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

Data pubblicazione: 13/05/2014

ORDINANZA
sul ricorso 26205-2011 proposto da:
PIZZUTI ROMOLO PZZRML36L03C413K, elettivamente
domiciliato in ROMA, v.le DELLE MILIZIE 108, presso lo studio
dell’avvocato ALESSANDRO ORSINI, rappresentato e difeso
dall’avvocato SEBASTIANO FRATARCANGELI, giusta delega in
calce al ricorso;

– ricorrente contro
DIANA MARIO;

– intimato (

avverso la sentenza n. 671/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 09/02/2011, depositata 11 27/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato Bianca M. Grazia (delega avvocato Fratarcangeli)
difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.
Svolgimento del processo
I. All’esito dell’ordinanza interlocutoria 5 agosto 2013, n. 18633, di
questa Corte, l’originario ricorrente Romolo Pizzuti ha ottemperato

rinnovazione di notifica del ricorso alla controparte Mario Diana.
Può così ora rilevarsi che, sul medesimo, è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.
e datata 8.11.12, di bel nuovo regolarmente comunicata al pubblico
ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso
la sentenza della Corte di appello di Roma n. 671 del 27.4.11:
«1. — Romolo Pizzuti ricorre per la cassazione della sentenza in
epigrafe indicata, con la quale è stato dichiarato improcedibile l’appello
da lui proposto avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone n. 186
del 17.4.09, resa col rito di cui all’art. 447-bis cod. proc. civ., di
declaratoria di risoluzione del contratto di locazione non abitativa
intercorso con Mario Diana e di condanna di esso ricorrente alla
restituzione a controparte della somma di € 15.091. L’intimato non
deposita controricorso.
2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla
disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi accolto per
manifesta fondatezza, per quanto appresso indicato.
3. — Il ricorrente sviluppa un unitario motivo, di violazione e falsa
applicazione dell’art. 435 cpv. cod. proc. civ., contestando la
declaratoria di improcedibilità fondata sulla tardività della notifica di
ricorso e pedissequo decreto presidenziale (di fissazione dell’udienza di
discussione) rispetto alla data di comunicazione di questo.
Ric. 2011 n. 26205 sez. M3 – ud. 15-04-2014
-2-

tempestivamente — provvedendovi in data 30.8.13 — all’ordine di

4. — Il motivo è fondato. Non è invero condivisibile la tesi seguita dalla
corte territoriale per dichiarare improcedibile l’appello: la perentorietà
del solo termine del secondo comma dell’art. 435 cod. proc. civ.,
quando comunque la notifica si sia avuta nel rispetto dello .spatium
deliberandi minimo di venticinque giorni, è ormai costantemente esclusa

21358; Cass. 30 dicembre 2010, n. 26489; e soprattutto Cass., ord. 12
aprile 2011, n. 8411), in conferma di un pregresso e consolidato
orientamento (Cass. 22 giugno 1994, n. 5997; Cass. 16 agosto 1993, n.
8711). Del resto, nonostante il richiamo ad autorevoli precedenti di
legittimità (Cass. Sez. Un., 30 luglio 2008, n. 20604), questi (come
osservato dalla Corte costituzionale nel dichiarare la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 435
cod. proc. civ., comma 2, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111
Cost.: ord. 24 febbraio 2010, n. 60) si riferiscono a fattispecie del tutto
diverse, in cui cioè la notifica di ricorso e pedissequo decreto di
fissazione di udienza si è avuta in violazione anche e soprattutto dei
commi terzo e quarto del medesimo art. 435 cod. proc. civ. (Cass. n.
8411 del 2011; Cass. 22 aprile 2011, n. 9292; Cass., ord. 13 luglio 2011,
n. 15419; Cass., ord. 14 luglio 2011 n. 15590; Cass., ord. 30 dicembre
2011, n. 30426; Cass., ord. 19 marzo 2012, n. 4351; Cass. 28 marzo
2012, n. 4960; Cass., ord. 6 aprile 2012, n. 5600; Cass., ord. 21 giugno
2012, n. 10342).
6. — Orbene, in difetto di prova di differimenti di udienza o di
notificazioni successive alla prima, nel caso di specie si è soltanto avuta
la notifica (avviata in data 28.5.10: quinto rigo dall’inizio, in seconda
facciata della sentenza, dei “motivi della decisione”) del ricorso con
pedissequo decreto di fissazione udienza oltre il decimo giorno dalla
sua pronuncia (comunicata addì 13.5.10: terzo rigo dall’inizio, in
Ric. 2011 n. 26205 sez. M3 – ud. 15-04-2014
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dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., ord. 15 ottobre 2010, n.

seconda facciata della sentenza, dei “motivi della decisione”): e
pertanto la norma del capoverso dell’art. 435 cod. proc. civ. è stata
malamente applicata dalla corte capitolina, che ha ravvisato la mera
violazione di quel termine, non connotato invece da alcuna
perentorietà, come presupposto per la declaratoria di improcedibilità.

Corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinché, ritenuto
procedibile e ritualmente instaurato — sotto il profilo oggi impugnato —
il gravame, lo esamini per gli eventuali altri profili di rito e nel merito».

Motivi della decisione
II. Non sono state presentate conclusioni scritte, né le parti hanno
depositato memoria, ma il difensore del ricorrente è comparso in
camera di consiglio per essere ascoltato.
III. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di
consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto
esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, avverso le quali del resto nessuna delle parti ha
ritualmente mosso alcuna critica osservazione.
Ed anche eventuali incongruenze nell’indicazione della corte
territoriale sull’esistenza o sul tempo di alcuni degli incombenti ritenuti
preclusivi della ritualità dell’appello restano superate dalla complessiva,
anche solo astratta, irrilevanza di quelli.
IV. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso
va accolto per quanto di ragione, con cassazione della gravata sentenza
e rinvio al medesimo ufficio giudiziario, ma in diversa composizione,
anche per le spese del presente giudizio di legittimità, affinché
provveda secondo quanto indicato al punto 7 della relazione.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la gravata
Ric. 2011 n. 26205 sez. M3 – ud. 15-04-2014
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7. — Si propone, pertanto, l’accoglimento del ricorso, con rinvio alla

sentenza e rinvia alla corte di appello di Roma, in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, addì 15 aprile 2014

Il Presidente

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