Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10393 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27271/2016 proposto da:

R.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Flaminia n.

213, presso lo studio dell’avvocato Bava Raffaele, rappresentato e

difeso dall’avvocato Ganino Bruno, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Deutsche Bank S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Nazionale n. 204,

presso lo studio dell’avvocato Ostuni Ludovica, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati Mariani Maria Rossella, Zitiello

Luca, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

Finanza & Futuro Banca S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Nazionale n. 204, presso lo studio dell’avvocato D’Ostuni Ludovica,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Mariani Maria

Rossella, Zitiello Luca, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1398/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

pubblicata il 04/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – R.P. conveniva in giudizio Finanza & Futuro Banca s.p.a. e DWS Investments SGR s.p.a., esponendo di aver stipulato con la seconda, per il tramite della prima, quale collocatrice, due contratti di investimento aventi ad oggetto l’adesione a due fondi comuni di investimento per il controvalore, rispettivamente, di Euro 103.291,38 e di Euro 516,64. L’attore lamentava: la violazione delle norme che disciplinano i casi di conflitto di interessi, visto che Finanza & Futuro apparteneva al gruppo Deutsche Bank, ossia lo stesso gruppo di riferimento della società che aveva istituito i fondi oggetto di collocamento; la violazione degli obblighi informativi, dal momento che non vi era stata preventiva consegna del documento sui rischi generali degli investimenti, dei prospetti informativi e di tutta l’ulteriore documentazione contrattuale di interesse; la violazione delle norme che disciplinano gli obblighi di diligenza e correttezza e che sono poste a tutela dell’investitore con riferimento alle operazioni non adeguate. Veniva dedotto che l’operazione do investimento consigliata non era adeguata per tipologia, oggetto e dimensione al profilo del cliente, il quale era un pensionato, piccolo risparmiatore, privo di esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari e con un obiettivo non orientato alla speculazione, il quale aveva destinato la totalità delle proprie risorse finanziarie disponibili a un fondo che vedeva ripartite le proprie attività esclusivamente tra azioni di società operanti nel settore delle nuove tecnologie. L’attore domandava, oltre alla declaratoria di nullità dei contratti (con la conseguente statuizione in punto di restituzione), l’accertamento del grave inadempimento delle società convenute, la risoluzione dei contratti conclusi e la condanna delle controparti al pagamento, in proprio favore, a titolo di restituzione e di risarcimento del danno, della somma complessiva di Euro 103.808,02, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.

Nella resistenza di Finanza & Futuro e DWS, il Tribunale di Vibo Valentia rigettava le domande attrici.

2. – La pronuncia di primo grado era gravata di impugnazione avanti alla Corte di appello di Catanzaro. Quest’ultima, con sentenza del 4 novembre 2015, respingeva l’appello.

3. – R.P. ricorre contro detta decisione con una impugnazione basata su sette motivi. Finanza & Futuro e Deutsche Bank s.p.a. (incorporante DWS) hanno notificato controricorso. La seconda ha spiegato una impugnazione incidentale condizionata articolata in un solo motivo. Sono state depositate tre memorie: una per il ricorrente e due per Deutsche Bank, la quale ha da ultimo documentato la propria qualità di società incorporante Finanza & Futuro.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Deve anzitutto escludersi che i motivi del ricorso principale siano inammissibili, così come eccepito dalle due controricorrenti. Le censure spiegate risultano difatti osservanti delle prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4. Se è vero, in altri termini, che il motivo di ricorso per cassazione svolge una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore – onde la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; in senso sostanzialmente conforme: Cass. 29 maggio 2012, n. 8585; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603) – è certo che le censure articolate dall’istante siano conformi al modello prescelto dal legislatore.

2. – Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, comma 1, lett. a) e lett. b), nonchè dell’art. 28 reg. Consob n. 11522/1998. E’ rilevato, in sintesi, che ai fini dell’osservanza delle prescrizioni che conformano gli obblighi cui è tenuto l’intermediario non è sufficiente che costui consegni il prospetto informativo all’investitore, ma è necessario che quest’ultimo sia reso effettivamente edotto e cosciente della natura, dei rischi e delle implicazioni dell’operazione finanziaria da porre in atto.

Col secondo motivo è lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 28 e art. 36, comma 1, lett. b) e lett. d), reg. Consob n. 11522/1998. E’ spiegato che la sentenza di primo grado, con statuizione non soggetta ad impugnazione, aveva accertato che alla stipulazione dei contratti per cui è causa si era pervenuti attraverso un’offerta fuori sede. Secondo il ricorrente, la Corte di merito aveva errato nel ritenere che la consegna dei due prospetti informativi esaurisse gli obblighi informativi a carico degli intermediari; a tale riguardo è richiamato l’art. 36 cit.. E’ spiegato che la norma, prevedendo distinti obblighi a carico dell’intermediario, aveva inteso delineare, per ovvie esigenze di tutela dell’investitore, una pluralità di regole di condotta, tutte munite di autonoma rilevanza.

I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

Si legge nella sentenza impugnata che l’odierno ricorrente aveva dedotto, col proprio atto di citazione, che nella fattispecie la stipulazione era avvenuta fuori sede (pag. 5); si legge, altresì, che il Tribunale aveva qualificato fuori sede l’offerta riferibile all’attività del soggetto collocatore (Finanza & Futuro) (pagg. 8 s.) e tale affermazione, che non risulta sia stata investita da alcuna censura, non è stata sconfessata dalla pronuncia impugnata. La prestazione del servizio di collocamento mediante offerta fuori sede è, del resto, pacificamente riconosciuta dalle due controricorrenti (pag. 16 s. del controricorso di Finanza & Futuro e pag. 18 del controricorso di Deutsche Bank).

Ciò detto, il passaggio della decisione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che le due appellate, fornendo la prova della ricezione, da parte dell’investitore, del prospetto informativo, avessero documentalmente assolto gli obblighi informativi che le incombevano, si rivela errata.

Infatti, nel vigore dell’art. 36 del reg. Consob n. 11522 del 1998, in caso di collocamento fuori sede tramite promotori degli strumenti e degli altri prodotti finanziari, la consegna del prospetto informativo redatto dall’emittente e degli altri documenti informativi è adempimento necessario, ma non sufficiente, per soddisfare l’obbligo informativo gravante sull’intermediario, come evidenziato dalla previsione degli ulteriori oneri d’informazione previsti al comma 1, lett. b) e c), della detta disposizione, dovendo quest’ultimo operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento, con particolare riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali (Cass. 22 maggio 2020, n. 9460): obblighi, questi, del resto connaturati anche ai contratti stipulati dall’investitore presso la sede o le dipendenze dell’intermediario.

3. – Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, lett. a) e lett. b), nonchè dell’art. 29 reg. Consob. n. 11522/1998. Viene lamentato che la Corte di appello abbia confuso l’informazione del cliente circa natura, rischi e implicazioni dell’operazione di investimento con l’informativa specifica sulla ritenuta non adeguatezza dell’operazione disposta dall’investitore e sulle ragioni per cui, secondo l’intermediario, non è opportuno procedere all’esecuzione della stessa. Viene rilevato che la funzione del prospetto informativo è quella di descrivere le caratteristiche del prodotto finanziario, non quella di “rapportare le caratteristiche” di esso “alla situazione del reale investitore per stabilire se, in concreto, l’investimento in quel prodotto sia o meno operazione adeguata per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione” e che la valutazione di adeguatezza non può essere rimessa al cliente. In sostanza, quindi, secondo il ricorrente, la sentenza di appello aveva, per un verso, individuato l’informativa sull’inadeguatezza dell’operazione nella mera descrizione delle caratteristiche dello strumento finanziario desumibili dal prospetto informativo e, per altro verso, ritenuto legittima, su tale erroneo presupposto, la devoluzione al cliente del giudizio di adeguatezza dell’operazione: ciò valorizzando la dichiarazione dell’investitore, presente nel modulo contrattuale, con cui il medesimo aveva confermato che “l’investimento prescelto è assolutamente adeguato alla sua situazione finanziaria”.

Anche tale motivo merita accoglimento.

Come è noto, in materia di intermediazione finanziaria gravano sull’intermediario obblighi informativi di natura attiva, di dare al cliente adeguate informazioni sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione o del servizio, atte a porre il cliente nella condizione di effettuare scelte di investimento consapevoli (know the security rule), e obblighi di natura passiva, finalizzati a consentire ai soggetti abilitati di comprendere quali siano le effettive esigenze dei clienti e le loro caratteristiche di investimento (know your costumer rule). All’intermediario è poi rimessa, in base al regolamento n. 11522 del 1998 (art. 29), la valutazione circa l’adeguatezza dell’operazione, avendo riguardo alla sua tipologia, al suo oggetto, alla sua frequenza o alla sua dimensione; si tratta di una ponderazione correlata all’obbligo dell’intermediario di segnalare all’investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, l’inadeguatezza dell’operazione stessa (suitability rule): come nota incisivamente Cass. 26 gennaio 2016, n. 1376, tutti gli obblighi che gravano sull’intermediario D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 21, lett. a) e b) – di informazione, ma anche di correttezza e di trasparenza – convergono verso tale risultato. Prescrive il comma 3 del cit. art. 29, che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione: qualora, poi, l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (su tale disciplina, di recente, cfr. Cass. 31 agosto 2020, n. 18121).

Ora, la Corte di appello ha in buona sostanza privato di rilievo l’adempimento degli obblighi dell’intermediario aventi ad oggetto la verifica dell’adeguatezza dell’investimento e la segnalazione, se del caso, dell’inadeguatezza dello stesso, conferendo decisività a due evenienze: la consegna del prospetto informativo al ricorrente (con cui questo, secondo il giudice distrettuale, sarebbe stato reso edotto della rischiosità dell’operazione) e la dichiarazione scritta dello stesso R. quanto al fatto che l’investimento era adeguato alla sua situazione finanziaria. In tal modo, la sentenza impugnata ha finito per attribuire importanza, ai fini delle valutazioni da compiersi a norma del cit. art. 29, da un lato, conoscenze dell’investitore prive di valore ai fini del giudizio si responsabilità dell’intermediario, e, dall’altro, il personale giudizio dallo stesso espresso quanto all’adeguatezza dell’investimento. Quanto al primo profilo, è facile osservare che una conoscenza delle implicazioni e dei rischi dell’operazione non avrebbe potuto desumersi nè dal prospetto informativo – dovendosi richiamare, in proposito, quanto osservato in precedenza, trattando del primo e del secondo motivo -, nè da altre conoscenze che l’odierno istante si fosse potuto procurare aliunde, visto che lo speciale rapporto di intermediazione implica necessariamente un grado di affidamento nella professionalità dell’intermediario e, dunque, nell’adeguatezza delle informazioni da lui fornite, che sarebbe contraddittorio bilanciare con l’onere del cliente di assumere direttamente informazioni da altra fonte (Cass. 27 aprile 2016, n. 8394; cfr. pure Cass. 13 maggio 2016, n. 9892). Quanto al secondo profilo, è da osservare che la disciplina regolamentare riserva all’intermediario la valutazione di adeguatezza, tanto che – come già precisato – è lo stesso intermediario, in presenza di una operazione non adeguata, a dover informare il cliente di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione: e ciò ben si intende, ove di consideri che la valutazione sull’adeguatezza poggia sul ventaglio di conoscenze che tale qualificato soggetto ha acquisito o deve acquisire; è appena il caso di ricordare, al riguardo, che l’art. 29 cit., comma 2, prevede che, proprio al fine di discriminare le operazioni adeguate da quelle inadeguate (rispetto alle quali si configurano gli obblighi di avviso e di successiva astensione), “gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati”.

4. – Con il quarto motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, lett. c), nonchè dell’art. 27, comma 2, reg. Consob. n. 11522/1998. A fronte dell’affermazione, espressa dalla Corte di appello, per cui le società intermediarie avevano adempiuto all’obbligo di rendere edotto l’investitore del conflitto di interessi – affermazione fondata sulla dichiarazione, contenuta nei moduli prestampati sottoscritti dal cliente, in cui lo stesso R. si era detto consapevole che Finanza & Futuro, in qualità di soggetto collocatore, agiva in conflitto di interessi “in quanto facente parte del medesimo gruppo di appartenenza delle Società di Gestione del Risparmio Finanza & Futuro Fondi SGR s.p.a. e Deutsche Bank Fund Management s.p.a.” – viene osservato che le controparti non avevano individuato il concreto interesse in conflitto e che inoltre le medesime, in contrasto col tenore letterale dell’art. 27, comma 2, cit., non avevano descritto la natura (quindi l’essenza) e l’estensione (quindi la consistenza e le concrete implicazioni) del medesimo.

Col quinto mezzo è lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 2 e comma 3, reg. Consob. n. 11522/1998. La censura investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non potesse affermarsi che la segnalazione del conflitto mancasse di un’evidenziazione grafica, giacchè l’avvertimento circa l’esistenza del conflitto di interessi era stata “riportata non in calce al modulo di adesione sottoscritto o, ad esempio, insieme ad altre clausole, bensì sulla prima pagina del modulo, immediatamente dopo lo spazio da compilare con le generalità dell’investitore e immediatamente prima dello spazio riservato all’indicazione della somma da versare”. Deduce in proposito il ricorrente che, per come esplicitato dall’avverbio “graficamente” la norma regolamentare richiede “la tassativa presenza di un qualche segno scritto o tipografico idoneo a contraddistinguere l’indicazione rispetto alle altre parti del testo e ad attirare con immediatezza l’attenzione su di essa”. Aggiunge l’istante che la sentenza impugnata era illegittima anche laddove aveva negato rilevanza alla questione in esame ritenendo che l’appellante non avesse provato quale fosse il pregiudizio subito a causa della mancanza di una diversa evidenziazione grafica della clausola.

Il sesto motivo oppone la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, lett. c), nonchè dell’art. 27, reg. Consob. n. 11522/1998 e degli artt. 1218 e 1223 c.c., oltre che l’omesso esame, in punto di danno conseguito al compimento di operazioni in conflitto di interessi in violazione dei divieti legali ex art. 27 cit., di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui è affermato che l’appellante non avrebbe comunque provato il danno derivante dall’esistenza del conflitto. Rileva il ricorrente che nella circostanza non rileva un mero obbligo informativo, nè la mera esistenza del conflitto di interessi, di per sè considerata, quanto, piuttosto, l’effettuazione stessa di un’operazione cui l’intermediario non avrebbe dovuto dare corso. Nel corpo del motivo si ricorda, poi, come la Corte di merito, prendendo in considerazione il danno da collegare al conflitto di interessi, abbia omesso di esaminare, rispetto al profilo dell’effettiva sussistenza dei danni risarcibili, il fatto storico decisivo, oggetto di discussione in sede processuale, del crollo delle quotazioni del fondo (OMISSIS).

I tre motivi si prestano a una trattazione unitaria. Il quinto e il sesto sono fondati nei termini che si vengono ad esporre, mentre il quarto resta assorbito.

Per quanto qui rileva, stabilisce l’art. 27 reg. Consob n. 11522/1998, al secondo e al comma 3, che gli intermediari autorizzati non possano effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’investitore sulla natura e l’estensione del loro interesse nell’operazione e l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’effettuazione dell’operazione; ove, poi, gli intermediari autorizzati utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l’indicazione, graficamente evidenziata, che l’operazione è in conflitto di interessi.

La Corte di merito ha ritenuto che nella fattispecie non potesse dubitarsi della presenza di un’evidenziazione grafica in quanto la segnalazione del conflitto di interessi era riportata sulla prima pagina del modulo e risultava “ben visibile, oltre che posta all’attenzione del sottoscrittore”.

Va di contro osservato che il posizionamento della dichiarazione all’interno del documento contrattuale non è dirimente ai fini che qui interessano: infatti, secondo quanto prescritto dall’art. 27 cit., il conflitto di interessi nel quale versi l’intermediario deve essere graficamente evidenziato sui documenti predisposti dall’intermediario attraverso una differenziazione nello stile o nel carattere idonea a renderla evidente rispetto al resto del contratto (Cass. 29 gennaio 2019, n. 2472).

Parimenti errata si mostra l’ulteriore affermazione della Corte di merito: quella in base alla quale l’appellante non avrebbe “provato quale fosse il pregiudizio subito a causa della mancanza di una diversa evidenziazione grafica della clausola ed il danno derivante dall’esistenza del conflitto di interessi”.

Questa Corte si è già occupata del nesso di causa esistente tra la violazione delle prescrizioni in tema di conflitto di interessi e il pregiudizio che possa risentirne l’investitore (con riferimento a norma che, al pari dell’art. 27 cit., prevedeva un vero e proprio obbligo di astensione): infatti, la disposizione contenuta della L. n. 1 del 1991, art. 6, lett. g), (applicabile nella specie ratione temporis), faceva espresso ed assoluto divieto all’intermediario di dar corso all’operazione in presenza di una situazione di conflitto di interessi non rivelata al cliente o, comunque, in difetto di autorizzazione espressa del cliente medesimo. E’ stato osservato, al riguardo, che, in riferimento a domanda di risarcimento del danno per operazioni compiute dall’intermediario in situazione di asserito conflitto di interessi (come nella specie), doveva attribuirsi rilievo, per individuare l’esistenza di un danno risarcibile ed il nesso causale tra detto danno e l’illegittimo comportamento imputabile all’intermediario, alle sole conseguenze della mancata astensione dell’intermediario medesimo dal compiere un’operazione non consentita nelle condizioni di cui alla citata disposizione e non già alle conseguenze derivanti dalle modalità con cui l’operazione era stata in concreto realizzata o avrebbe potuto esserlo ipoteticamente da altro intermediario (Cass. Sez. U. 19 dicembre 2007, n. 26724; Cass. 14 febbraio 2018, n. 3658). Ora, l’inidonea rappresentazione grafica del conflitto di interessi equivale, in base alla disposizione contenuta nell’art. 27 cit., a mancata rivelazione del conflitto stesso. Nell’uno e nell’altro caso è vietato all’intermediario di procedere all’investimento; e nell’uno e nell’altro caso il nesso di causa tra la condotta posta in essere (aver dato corso all’operazione finanziaria) e il danno occorso è da considerarsi in re ipsa, giacchè il pregiudizio discende dalla mera inosservanza dell’obbligo di astensione. Non ha senso, allora, dibattere del danno conseguente al conflitto di interessi o alla mancante evidenziazione grafica della dichiarazione relativa al conflitto” dal momento che quel danno è rappresentato dall’intero ammontare della perdita dell’investitore (perdita che non si sarebbe prodotta se l’intermediario, conformandosi al dettato normativo, si fosse astenuto dal procedere all’operazione).

5. – Col settimo mezzo è lamentata la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., nonchè per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4. Rileva il ricorrente di aver censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui si era ivi ritenuto che egli non avesse prospettato una responsabilità risarcitoria dell’una o dell’altra convenuta, ovvero che tale responsabilità sarebbe stata invocata solo come conseguenza della nullità o della risoluzione dei contratti; la Corte di appello – è poi ricordato – si era pronunciata su tale motivo di censura osservando che “il Tribunale (aveva) specificato che non era stata avanzata alcun autonoma richiesta di risarcimento danni a titolo di responsabilità extracontrattuale nei confronti della Finanza & Futuro” e che tale affermazione del giudice di primo grado, pertanto, “non (era) riferita alle richieste risarcitorie conseguenti alla risoluzione del contratto ma ad ulteriori profili risarcitori riguardanti una ipotizzata responsabilità extracontrattuale di una delle due convenute”. Sostiene il ricorrente che la Corte di appello abbia “male interpretato e comunque pretermesso” il motivo di gravame, soffermandosi sul profilo afferente la proposizione di un’autonoma domanda risarcitoria extracontrattuale nei confronti della collocatrice; il giudice distrettuale, infatti, ad avviso del ricorrente, non aveva reso pronuncia sul tema dell’effettiva proposizione di istanze risarcitorie autonome, come tali meritevoli di essere esaminate a prescindere dall’accoglimento della domanda di risoluzione contrattuale; aggiunge l’istante che ove, del resto, la Corte di merito avesse inteso confermare implicitamente l’interpretazione del Tribunale circa il contenuto della domanda, si sarebbe delineato, al riguardo, un difetto di motivazione. A sostegno di quanto dedotto il ricorrente rileva: che nelle conclusioni rassegnate aveva espressamente formulato una domanda risarcitoria; che fin dalla citazione introduttiva del giudizio aveva allegato i fatti costitutivi della pretesa suddetta; che aveva correlato le responsabilità delle società intermediarie non agli effetti della risoluzione, ma direttamente agli inadempimenti; che, del resto, aveva prospettato la responsabilità solidale di entrambe le convenute, e quindi anche della collocatrice (la quale non essendo parte dei contratti di investimento, non poteva essere responsabile dei danni conseguenti alla loro risoluzione).

Il motivo è fondato.

L’istante deduce che la Corte di merito non abbia statuito, o comunque motivato, sulla propria censura di appello con cui era stato contestato il dato della mancata proposizione di una domanda risarcitoria, indipendente da quella di risoluzione del contratto: assume, infatti, che il giudice del gravame si sarebbe limitato ad affermare che il Tribunale aveva rilevato la mancata proposizione di una domanda di responsabilità extracontrattuale (senza quindi prendere in considerazione altri profili di responsabilità).

In realtà, la Corte di merito ha esaminato la doglianza in questione e si è espressa al riguardo con una pronuncia che non presenta, sul punto, “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, o “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). Il fondamento della decisione impugnata è infatti da rinvenire nel rilievo per cui il Tribunale, secondo la Corte di appello, non aveva affatto negato che fosse stata proposta alcuna domanda risarcitoria: aveva soltanto escluso che ne fosse stata proposta alcuna basata sulla responsabilità extracontrattuale.

Col mezzo di censura in esame, in realtà, il ricorrente mostra però di dolersi, in termini ben più radicali, anche del fatto che i giudici di merito non abbiano rettamente interpretato le domande da lui proposte in primo grado – tra le quali sarebbe stata inclusa quella di risarcimento del danno, che era indipendente, a suo dire, da quella di risoluzione contrattuale -, mancando così di pronunciarsi sull’intero petitum attoreo.

Sul punto, occorre premettere che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto a uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti, ma deve aver riguardo al contenuto della pretesa fatta valere in giudizio (per tutte: Cass. 14 marzo 2019, n. 7322; Cass. 7 gennaio 2016, n. 118). Ciò detto, le conclusioni riprodotte dal ricorrente pag. 41 del ricorso e da Finanza & Futuro a pag. 27 del controricorso, consentono di ritenere, anche nella loro letteralità, che R.P. abbia inteso domandare la condanna della controparte al risarcimento del danno e che tale condanna sia stata richiesta in via autonoma (indipendentemente, quindi, dall’accoglimento della domanda di risoluzione, pure proposta). Persuade di ciò il rilievo per cui l’istante non ha richiesto la restituzione degli importi versati per dar corso all’investimento e, in più, il risarcimento del danno, ma ha invece domandato l’uno e l’altro nell’importo corrispondente all’esborso da lui effettuato, pari a Euro 103.808,02: con ciò facendo comprendere di voler ottenere quella somma, che gli sarebbe sicuramente integralmente spettata a titolo di ripetizione nel caso di risoluzione del contratto, anche a titolo di risarcimento del danno, e indipendentemente, quindi, dalla risoluzione stessa. Contrariamente a quanto ritenuto da Finanza & Futuro (pag. 28 del controricorso), tale conclusione non è del resto contraddetta dalla comparsa conclusionale depositata dall’odierno ricorrente nel giudizio di primo grado: infatti, tale atto reca precisa indicazione di una pretesa dell’attore che è indirizzata al risarcimento del danno, conseguente all’inadempimento, commisurato all’intera perdita occorsa per effetto dell’investimento di cui trattasi (cfr. in particolare, pagg. 4 e 20 di tale comparsa).

6. – Il motivo dedotto con il ricorso incidentale di Deutsche Bank denuncia una falsa applicazione in relazione al regolamento di gestione, disciplinante i rapporti tra gli aderenti alla società di gestione, nonchè in relazione al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, comma 1, lett. n), lett. o) e lett. p), e comma 5, lett. c). Deduce la ricorrente incidentale che il regolamento di gestione, avente natura contrattuale, inteso a regolare i rapporti tra gli aderenti al fondo e le società di gestione coinvolte, prevedeva due figure – la società che aveva istituito il fondo, definita società promotrice (DWS), e la società che gestiva il patrimonio del fondo (Deutsche Bank Fund Management SGR) – stabilendo una responsabilità solidale tra detti soggetti rispetto agli aderenti al fondo comune di investimento; Finanza & Futuro risultava essere, invece, il soggetto che aveva prestato il servizio di collocamento di cui all’art. 1, comma 5, lett. c), cit.. Viene rilevato che la Corte di appello di Catanzaro aveva erroneamente applicato l’art. 3 del detto regolamento, il quale prevedeva la responsabilità solidale della società di gestione e della società di promozione e aveva, in buona sostanza, trasformato la responsabilità solidale tra DWS e Deutsche Bank Fund Management SGR, prevista contrattualmente, in una responsabilità solidale tra la prima società e Finanza & Futuro.

Il motivo è inammissibile.

In capo a Deutsche Bank si sono venute oramai a concentrare le qualità che originariamente facevano capo non solo a DWS, ma anche a Finanza & Futuro, giacchè entrambe sono state incorporate dal detto istituto di credito (la seconda fusione, come si è detto, è stata documentata con la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.). La questione posta col ricorso incidentale non risulta quindi più attuale, giacchè, in forza dell’incorporazione di Finanza & Futuro, Deutsche Bank risponde, ora, anche delle inadempienze di cui si era resa responsabile la collocatrice. In tal senso, il motivo sconta la sopravvenuta carenza di interesse della parte che lo ha proposto.

7. – In conclusione, vanno accolti i sette motivi del ricorso principale, ad eccezione del quarto, che resta assorbito; il ricorso incidentale deve invece dichiararsi inammissibile. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Non ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. Infatti, la ratio di tale disposizione va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame ma non per quella sopravvenuta, come nel caso in cui debba darsi atto del sopravvenuto difetto di interesse all’impugnazione (Cass. 2 luglio 2015, n. 13636).

P.Q.M.

La Corte;

accoglie il primo, il secondo, il terzo, il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale; dichiara assorbito il quarto; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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