Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10391 del 27/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 27/04/2017, (ud. 14/02/2017, dep.27/04/2017),  n. 10391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15511-2015 proposto da:

ROTO C2 SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo socio liquidatore,

sig.ra C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, V. W.

TOBAGI 11, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RESTUCCIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALINA CAPUTO giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SELMABIPIEMME LEASING SPA, S.C., S.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4464/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. ROSSETTI MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso (S.U. n. 26243/14 e 27516/16);

udito l’Avvocato EUGENIO PACE per delega;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Roto C2 s.r.l. (d’ora innanzi, per brevità, “la Roto”) nel 2008 convenne dinanzi al Tribunale di Monza la società Orient International Trading s.r.l. (che in seguito muterà ragione sociale in Web International Trading s.r.l.; d’ora innanzi, per brevità, “la WIT”) esponendo che:

-) aveva stipulato un contratto di leasing finanziario con la società Selmabipiemme Leasing s.p.a., avente ad oggetto una macchina per la stampa offset;

-) il bene era stato fornito dalla WIT, la quale aveva altresì assunto l’obbligo di ritirare una macchina da stampa, usata, presso l’utilizzatrice Roto;

-) la macchina fornita dalla WIT era difettosa e non funzionante.

Chiese di conseguenza che fosse dichiarato risolto il contratto di compravendita; e che la WIT fosse condannata sia pagare i canoni di leasing dovuti dalla Roto alla Selmabipiemme, sia al risarcimento del danno; sia a ritirare il macchinario usato.

2. Il Tribunale adito ordinò che fosse chiamata in causa la società Selmabipiemme, la quale si costituì chiedendo:

(a) in via principale, la condanna della Roto al pagamento dei canoni;

(b) in subordine, nel caso di accoglimento della domanda di risoluzione del contratto di vendita, la condanna in solido della WIT (venditore) e della Roto (utilizzatore) alla restituzione del prezzo di vendita.

3. Con sentenza n. 1836 del 201.1 il Tribunale di Monza:

(a) dichiarò risolto per inadempimento sia il contratto di vendita, sia quello di leasing;

(b) rigettò la domanda di risarcimento del danno proposta dalla Roto contro la WIT;

(c) rigettò la domanda di condanna al pagamento dei canoni di leasing proposta dalla Selmabipiemme contro la Roto;

(d) condannò l’utilizzatore (Roto) e il venditore (WIT) a pagare al concedente (Selmabipiemme) il prezzo della vendita.

4. La sentenza di primo grado venne appellata dalla Roto, la quale invocò la nullità:

-) del contratto di vendita, per “difetto di causa e/o impossibilità sopravvenuta”;

-) del contratto di leasing, per nullità della clausola n. 5 (il ricorso non indica cosa stabilisse).

Concluse perciò chiedendo che, ferma la dichiarazione di risoluzione del contratto di leasing e di quello di vendita, la sola WIT fosse condannata alla restituzione del prezzo alla Selmabipiemme.

5. La Corte d’appello di Milano con sentenza 11 dicembre 2014 n. 4464 ritenne l’appello infondato, sul presupposto che l’appellante non avesse mai dedotto in primo grado i fatti posti a fondamento delle domande di nullità.

6. La sentenza d’appello è stata impugnata dalla Roto, con ricorso fondato su due motivi.

Nessuno degli intimati si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Questioni preliminari.

E’ la stessa società ricorrente ad allegare, nell’epigrafe del ricorso, che la WIT è stata cancellata dal registro delle imprese. Il ricorso è stato notificato alle due persone indicate come soci della stessa, ovvero S.C. e S.A..

Tale circostanza non rende inammissibile il ricorso.

Infatti, nel caso di cancellazione d’una società di capitali dal registro delle imprese, il creditore della società ha interesse a conseguire un titolo esecutivo, per un credito insorto pendente societate, anche dopo l’estinzione, dovendosi intendere legittimati passivi alla corrispondente domanda di accertamento i singoli soci, i quali succedono alla società nel medesimo rapporto, ovviamente nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione (Sez. 3 -, Sentenza n. 21105 del 19/10/2016).

2. Il primo motivo di ricorso.

2.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 1421 c.c.; artt. 112, 163, 167 e 345 c.p.c..

Il motivo, pur formalmente unitario, contiene in realtà varie censure, ovvero:

(a) ha errato la Corte d’appello nel ritenere inammissibile la domanda di nullità dei contratti, perchè fondata su fatti mai dedotti in giudizio in precedenza; in realtà i fatti costitutivi della domanda di nullità (che la ricorrente ravvisa nella “inidoneità all’uso” del macchinario concesso in leasing: così a p. 6, primo capoverso, del ricorso) erano stati allegati sin dall’atto di citazione in primo grado;

(b) la Corte d’appello ha comunque errato nel ritenere che il rilievo d’ufficio della nullità contrattuale fosse impedito dal maturare delle preclusioni processuali;

(c) in ogni caso, la Corte d’appello avrebbe dovuto “riconvertire” d’ufficio la domanda di nullità in eccezione di nullità, e quindi prenderla in esame ed accoglierla.

2.2. Il motivo è fondato, alla luce di quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze pronunciate da Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013 e da Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014.

La prima di tali decisioni ha stabilito che le eccezioni in senso lato (tra le quali rientra quella di nullità) sono rilevabili d’ufficio anche a prescindere dall’assolvimento dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi di esse, se tali fatti risultano comunque ex actis.

La seconda delle suddette decisioni ha stabilito che la nullità può essere dedotta anche in appello per la prima volta, se su essa non si è formato il giudicato.

Tali principi sono stati in seguito ribaditi da questa Corte anche con la sentenza pronunciata da Sez. 1, Sentenza n. 5249 del 16/03/2016, secondo cui “le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio o proponibili dalla parte interessata anche in appello, ove i fatti sui quali si fondano, sebbene non precedentemente allegati dalla stessa parte, emergano dagli atti di causa”.

Erroneamente, pertanto, la Corte d’appello ha omesso di esaminare nel merito il gravame, nella parte in cui invocava la nullità dei contratti.

3. Il secondo motivo di ricorso.

3.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134). Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello nel dichiarare nuova e perciò inammissibile la domanda di nullità, ha adottato una motivazione “incomprensibile”.

3.2. Il motivo è manifestamente inammissibile:

– sia perchè al presente giudizio si applica il testo novellato dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il quale non consente più di denunciare in sede di legittimità il vizio di motivazione, salvo il caso di motivazione totalmente omessa o totalmente inintelligibile, certamente non ricorrenti nel caso di specie;

– sia, in ogni caso, perchè sia il (vecchio) vizio di motivazione, sia il (nuovo) vizio di omesso esame d’un fatto decisivo sono concepibili solo con riferimento agli accertamenti di fatto, non rispetto agli errores in procedendo.

4. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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