Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1039 del 20/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 1039 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 9265-2011 proposto da:
BOTTINO GIOVANNA C.F. BTTGNN62B53520Q, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RICASOLI 7, presso lo studio
dell’avvocato MUGGIA ROBERTO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BRAGGION MARIA, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

3102

EUROPEAN TRAINING FOUNDATION (Fondazione Europea per
la Formazione Professionale)
persona del

legale

C.F.

97558690018,

in

rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 20/01/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50,
presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIN
MARINO, giusta delega in atti;
– controricorrente

di GENOVA, depositata il 05/10/2010 r.g.n. 750/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato BRUNO COSSU;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 680/2010 della CORTE D’APPELLO

R.G. n. 9265/11
Ud. 5 nov. 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Giovanna Bottinotvolta ad ottenere la declaratoria di nullità del
termine apposto al contratto stipulato il 17 dicembre 1999 con la
European Training Foundation (Fondazione Europea per la
Formazione Professionale)- d’ora in avanti Fondazione Europea e la condanna di quest’ultima al risarcimento del danno,
determinato dalle retribuzioni contrattualmente dovute.
Su impugnazione della lavoratrice la Corte d’appello di
Torino accoglieva il gravame.
Proponeva ricorso per cassazione la Fondazione Europea e
la Corte, con sentenza n. 15683/09, accoglieva il quarto e il
quinto motivo, rinviando al giudice di rinvio per il riesame.
Osservava la Corte di Cassazione, con riguardo al quarto
motivo, che il giudice d’appello aveva compiuto un evidente
errore logico poiché, a fronte di un contratto a tetrrune
lYtil.°
determinato, ai sensi dell’art. 1, lettera c) della L. n. 230/62,1 101
CUll’esigenza dell’Ufficio del Personale di smaltire il notevole
arretrato accumulatosi nei mesi precedenti a causa dell’assenza
di una unità addetta a tale ufficio, avrebbe dovuto accertare
l’esistenza di una correlazione causale tra l’apposizione del
termine ed il predetto carico straordinario di lavoro e non – come
aveva erroneamente fatto – tra l’apposizione del termine e
l’assenza di detta unità.
Rilevava inoltre che l’asserzione della Corte d’appello,
secondo cui il motivo della stipulazione del contratto in
questione era diverso da quello indicato nello stesso contratto, si
poneva in contrasto con le preclusioni poste dal rito del lavoro.
Ed infatti la validità del patto di prova non era stata mai

Il Tribunale di Torino respingeva la domanda proposta da

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sindacata dalla lavoratrice, così come il recesso datoriale non era
stato mai impugnato dalla medesima. Doveva conseguentemente
ritenersi che la Fondazione Europea era legittimamente receduta
dal rapporto di lavoro in considerazione della valutazione
complessivamente negativa sulle attitudini professionali
dimostrate dalla lavoratrice in relazione alle mansioni affidatele e

porre a base della stipula del contratto a termine la motivazione
adottata.
Il processo veniva riassunto davanti alla Corte d’appello di
Genova, la quale, con la sentenza qui impugnata, nel premettere
che l’oggetto della controversia, in base al

decisum della

Cassazione, era circoscritto alla verifica se effettivamente vi fosse
un carico di lavoro straordinario per il periodo contrattualmente
previsto – causale questa del contratto a termine -, rilevava che
in realtà dalle prove testimoniali era emerso che tale contratto
era stato stipulato al fine di smaltire il notevole arretrato di
lavoro accumulatosi nell’Ufficio del personale a causa
dell’assenza di parte del personale. Rigettava quindi l’originaria
domanda, confermando la sentenza di primo grado e
condannando la lavoratrice alla restituzione delle somme
percepite in base alla sentenza di appello.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la
lavoratrice sulla base di tre motivi. La Fondazione Europea
resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso è denunziata violazione o
falsa applicazione dell’art. 1, lettera c), della legge n. 230 del
1962.
Si deduce che la causale apposta al contratto a termine

(“previsione di un carico straordinario di lavoro”) era del tutto
generica ed in contrasto con la previsione di cui alla disposizione
dianzi indicata (“esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e

predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od

che era del tutto incoerente, oltre che ritualmente precluso,

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occasionale”).

Né poteva considerarsi evento di natura

eccezionale l’assenza per malattia di una unità
Le dichiarazioni, poi, della teste Boon – la quale aveva
riferito che la sua assenza dal lavoro aveva determinato un
“accumulo di arretrato” – avrebbero dovuto essere valutate con
maggior rigore, considerato che

“la frase sopra riportata”

2. Con il secondo motivo è denunziato vizio di motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si afferma che, sulla base della sentenza della Corte di
Cassazione, il giudice di rinvio avrebbe dovuto spiegare perché
un generico “arretrato di lavoro” potesse costituire un evento
straordinario non preventivamente programmabile, sì da
giustificare il ricorso ad un contratto a termine per farvi fronte.
Si aggiunge che gli elementi raccolti in giudizio, comprese le
dichiarazioni dei testi, non consentivano di individuare la
sussistenza di una situazione straordinaria ed occasionale.
3. Il terzo motivo denunzia ancora vizio di motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si sostiene che la lavoratrice venne licenziata per mancato
superamento del periodo di prova e che il recesso non fu da lei
impugnato perché le venne prospettata la possibilità di una
assunzione a termine. Non era quindi “peregrino ipotizzare la

sussistenza di una causa illecita (contratto a termine stipulato in
funzione del prolungamento del precedente patto di provar , come
peraltro poteva evincersi dagli atti causa “(doc. 3)”, da cui
risultava che l’assunzione della ricorrente non era stata
determinata dall’esigenza organizzativa di far fronte a carichi di
lavoro straordinario, ma da quella di verificare ulteriormente le
prestazioni di lavoro.
4. I primi due motivi, che in ragione della loro connessione
vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
La Corte di merito, sulla scorta delle dichiarazioni rese dai
testi, ha accertato che effettivamente la ricorrente venne assunta

costituiva “l’unica allegazione emersa in giudizio”.

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a tempo determinato per l’esecuzione di un servizio
predeterminato nel tempo (smaltimento di arretrato
accumulatosi durante il periodo di assenza di una dipendente
addetta all’Ufficio del personale) e che tale evento ebbe carattere
straordinario e non prevedibile, dovendo detta dipendente
sottoporsi ad intervento chirurgico.
legittima ai sensi della legge n. 230 del 1962, art. 1, lett. c),
applicabile ratione temporis, essendovi correlazione causale tra
l’apposizione del termine e la previsione di cui alla disposizione
anzidetta.
La ricorrente ha contestato tale accertamento ed in
particolare le risultanze della prova testimoniale, la quale, a suo
dire, non avrebbe compiutamente dimostrato che le ragioni
dell’assunzione erano state determinate dal notevole arretrato
accumulatosi in conseguenza dell’assenza di parte del personale.
Senonchè deve rilevarsi che gli apprezzamenti di fatto e le
valutazioni del giudice di merito non sono censurabili in questa sede e
che la denuncia di un vizio di motivazione non conferisce al
giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il
merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio,
bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in
via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti.
In altre parole, il ricorso per cassazione non introduce un
terzo giudizio di merito tramite il quale far valere la mera
ingiustizia della sentenza impugnata né il vizio di motivazione

Ha quindi ritenuto che l’apposizione del termine fosse

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può consistere in una valutazione dei fatti e delle prove in senso
difforme da quello auspicato dalle parti, posto che, diversamente,
i motivi del ricorso si risolverebbero in una inammissibile
istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del
giudice di merito e, perciò, in una richiesta volta ad ottenere una
nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità del

5. Il terzo motivo è inammissibile
La sentenza impugnata, invero, non fa alcun cenno della
questione relativa al dedotto motivo illecito del contratto né,
tanto meno, prende posizione al riguardo.
In tale situazione, la ricorrente avrebbe dovuto allegare di
avere proposto detta questione al giudice di rinvio e i termini in
cui essa era stata formulata.
A tale onere, discendente dal principio di autosufficienza del
ricorso, la ricorrente è venuta meno, onde la censura in esame
non può trovare ingresso in questo giudizio, stante la sua
inammissibilità.
6. Il ricorso in conclusione va rigettato, previa condanna
della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio,
come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida in 100,00 per
esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori
di legge, a favore della resistente.
Così deciso in Roma in data 5 novembre 2013.

giudizio di cassazione.

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