Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10387 del 03/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10387 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 05.03.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27136 del R.G. anno 2011

proposto da:
AGRO INVEST s.p.a.

domiciliata in ROMA, via Sicilia 50 presso

l’avv. L. Napol ita no con

gli avvocati Gherardo Marone e Filippo

Costanzo che la rappresentano e difendono per procura a margine del

ricorrente

ricorso

contro
VITIELLO Michelina donn.ta in Roma via Ardea 27 presso l’avvocato
Aniello Sebastiano con l’avvocato Raffaele Pentangelo del Foro di
Salerno che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del

controricorrente

controricorso

intimato

Comune di SCAFATI

e sul ricorso proposto da:
ricorrente incidentale

VITIELLO Michelina

contro
AGRO INVEST s.p.a.
intimati –

Comune di SCAFATI

avverso la sentenza 1060 in data 24.11.2010 della Corte di Appello di
Salerno; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del
05.03.2013 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; presente il P.M., in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A.Carestia

RILEVA

Data pubblicazione: 03/05/2013

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha formulato considerazioni e proposte che si condivono pienamente e che appresso di riportano.
Esaminando la domanda di Michelina Vitello, proprietaria di terreni siti
nel Comune di Scafati espropriati con decreto di esproprio adottato il
20.05.2008 da s.p.a. AGROINVEST, s.t.u. delegata dal Comune di Scafati per le attività espropriative dirette a realizzare il vigente P.I.P. approvato nel 1998, la Corte di Salerno con sentenza 24.11.2010 ha deter-

57.288,00 . Nella motivazione la Corte ha, per quel che rileva, osservato: che, premessa l’inapplicabilità ratione temporis della disciplina di cui
al dPR 327/2001, il suolo espropriato, siccome destinato alla realizzazione di un PIP, doveva ritenersi edificabile, che pertanto, inapplicabile
tanto il richiamato T.U. quanto l’art. 2 c. 89 della legge 244/2007 (stante il comma 90) e pertanto ininvocabile la riduzione del 25% per gli interventi di riforma economica e sociale, il criterio di valutazione del valore era quello di cui all’art. 39 legge 2359 del 1865, che occorreva far
capo alle valutazioni del CTU che aveva fatto interagire i dati ritraibili dal
criterio sintetico comparativo con quelli propri del criterio analitico ed
aveva raggiunto risultati oggettivi ed incontestabili, che le critiche espresse nella CTP di Agro Invest avevano ricevuto puntuale risposta da
parte del CTU e che a tale risposta andava fatto richiamo. Per la cassazione di tale sentenza Agro Invest ha proposto ricorso il 26.10.2011 articolando quattro motivi, ai quali si è opposta la parte espropriata con
atto del 7.12.2011 contenente ricorso incidentale affidato a due motivi .
Nessuna difesa dal Comune di Scafati. A criterio del Collegio i motivi
del ricorso principale sono manifestamente infondati al pari di quelli
contenuti nel ricorso incidentale della Vitiello.
Il ricorso principale

Il primo motivo denunzia di violazione di legge l’avere la Corte desunto
la natura edificabile del suolo dal solo fatto che esso sarebbe ricaduto
all’interno di una zona che era dal vigente strumento urbanistico destinata a PIP: la destinazione a PIP era infatti vincolo abbisognevole di integrazioni e da esso era estranea alcuna vocazione residenzialeabitativa ed in esso era invece presente la destinazione ad interventi di
interesse pubblico di aree agricole, con la conseguenza di poter, al più,
applicare il parametro riveniente da Corte Cost. 181/2011 e quindi proprio quello congruamente offerto dall’espropriante.
Il motivo, di non lineare articolazione, oscilla tra la pretesa di veder ristretta la natura edificabile alle ipotesi di strumento urbanistico contenn-

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minato la giusta indennità dovuta per l’esproprio di mq. 744 in €

piante la sola edificabilità residenziale privata a quella di dar atto di una
vocazione mista di suoli originariamente agricoli. La censura è del tutto
infondata avendo la Corte di Appello correttamente desunto la natura
edificabile dell’area dalla sua comprensione nello strumento urbanistico
di secondo livello che destinava l’intera zona, nella quale il lotto insisteva, ad un P.I.P., essendo ferma la giurisprudenza di questa Corte che
individua la natura edificabile nella destinazione delle aree ad edilizia residenziale, industriale e commerciale fruibile da soggetti privati (Cass.

mentano tale scelta e lasciano immune la corretta decisione di adottare
il parametro del valore venale pieno dell’area edificabile.
Il secondo motivo, rubricato di violazione dell’art. 39 legge 2359 del
1865, lamenta che il CTU pur avendo fatto retto ricorso al criterio sintetico comparativo lo abbia poi mediato con quello analitico, pervenendo a
raddoppiare il dato individuato con il primo. La censura non appare rapportabile ad alcuna violazione di legge non essendo stata affatto disapplicata dalla Corte la “preferenza” tendenziale per il criterio sintetico
comparativo, ma avendo il giudice del merito correttamente condiviso la
scelta di operare una consentita “mediazione” dei risultati attinti con il
primo alla luce di dati desunti dal criterio analitico ricostruttivo (Cass.
1161 e 12771/2007). Esclusa quindi alcuna ipotesi di adozione di criterio contra legem, andava semmai allegato e dimostrato il vizio logico
dell’argomentazione a sostegno o la contraddizione della scelta in termini di risultati di valore: ma il motivo di censura appare privo di alcuna
autosufficienza, esso non riportando alcun passaggio della CTU e delle
proprie difese né adducendo i dati della incoerenza ma solo lamentando
il “risultato” attinto, come “eccessivo”.
Il terzo motivo polemizza con i valori desunti dal CTU ritenendoli inattendibili e prontamente contraddetti dalla CTP. Il motivo è affatto irricevibile, omettendo di specificare di quali passaggi valutativi si tratti, quali
censure siano state in sede tecnica mosse, in quale sede processuale
siano state avanzate, in quale luogo del processo siano state sottoposte
al giudice ( da ultimo Cass. 11275 del 2012).
Il quarto motivo lamenta la mancata applicazione dell’orientamento, peraltro non fermo della giurisprudenza di legittimità, per il quale alla vicenda de qua si sarebbe dovuto applicare il disposto dell’art. 37 c. 1 e 2
dPR 327/2001 come novellato dall’art. 2 c. 89 e 90 legge 244 del 2007,
in tal modo prendendo atto che il PIP era da ritenersi intervento di riforma economico-sociale e pertanto applicando la riduzione del 25% del
valore venale dell’area.

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15090/2012 – 19938/2011 – 12862/2010). Le censure non ram-

Come esattamente argomentato dal relatore, a parte la inapplicabilità
alla vicenda in disamina della novella del 2007 (Cass. 14939 del 2010 e
2774 del 2012), resta l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza
delle Sezioni Unite di questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i
caratteri della specialità, eccezionalità, temporaneità (S.U.

5265 del

2008, 9595 e 10130 del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente
nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP.

zione del 25%.
Il ricorso incidentale della Vitiello.
Il primo motivo, afferente la immotivata preferenza per un criterio
sintetico comparativo, sol mediato da quello, di contro preferibile, analitico ricostruttivo, è inammissibile perché mera proposta di perseguire un
risultato pratico preferibile e incontra le stesse obiezioni sopra rassegnate per il secondo motivo del ricorso principale.
Il secondo motivo, contestante la scelta di non assegnare il ristoro
per il relitto (espropriati mq. 744 su totali mq. 960), è privo di autosufficienza limitandosi a parlare genericamente di un “pozzo” sito nella zona
espropriata senza indicare le, in tesi analoghe, conclusioni peritali e le
deduzioni al proposito svolte innanzi alla Corte di Appello per le quali la
scomposizione dell’unità culturale avrebbe provocato grave danno al residuo.
Alla stregua delle esposte considerazioni, già sottopposte alle parti
nella relazione e sulle quali è mancato alcun rilievo critico, si rigettano i
due ricorsi e alla luce della reciproca soccombenza si compensano le
spese.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi principale ed incidentale riuniti e compensa tra le parti
per intero le spese di giudizio.
Così deciso nella c.d.c. della Sesta Sziqe Civile il

05.03.2013.

Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurta-

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