Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10385 del 27/04/2017

Cassazione civile, sez. III, 27/04/2017, (ud. 03/02/2017, dep.27/04/2017),  n. 10385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12740/2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO,

1/A, presso lo studio dell’avvocato PAOLA CHIOVELLI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Dott. R.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO DIONISI 73, presso lo

studio dell’avvocato MARA MANDRE’ che la rappresenta e difende

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1621/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.M. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 10 marzo 2015, con cui – in accoglimento parziale dell’appello proposto dall’attuale ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 3172/2010 di rigetto della domanda di risarcimento dei danni dalla medesima proposta nei confronti di M.M. e della Groupama Assicurazioni S.p.a., il primo proprietario e conducente e la seconda assicuratrice dell’auto da cui la medesima assumeva di essere stata investita mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali in data (OMISSIS) – quella Corte ha dichiarato il M. responsabile del sinistro in parola nella misura del 75% e ha condannato, in solido, gli appellati M. e Groupama Assicurazioni S.p.a. a pagare, in favore della P., la somma di euro 28.783,50, da cui va detratto l’importo di Euro 16.000,00, con le modalità precisate nella motivazione della sentenza di secondo grado, oltre rivalutazione ed interessi, nonchè alle spese del doppio grado del giudizio di merito.

Groupama Assicurazioni S.p.a. ha resistito con controricorso.

M.M. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La ricorrente ha pure depositato un atto intitolato “controricorso ex art. 370 c.p.c.”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. è infondata l’eccezione – sollevata dalla controricorrente – di nullità della procura conferita dalla ricorrente in calce al predetto atto, per non essere stato indicato, nè nella procura nè nel ricorso, se il difensore designato dalla P. sia iscritto nell’apposito albo degli avvocati cassazionisti; ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo dell’art. 365 c.p.c., è necessario, infatti, che lo stesso sia sottoscritto da avvocato iscritto nell’apposito albo speciale, munito di mandato a margine o in calce all’atto, o comunque a questo allegato, rilasciato dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e prima della notificazione del ricorso stesso, senza, tuttavia, che sia prescritto che di tale iscrizione venga fatta espressa menzione nei ricorso (Cass. 13/09/2012, n. 15338).

3. L’atto depositato dalla ricorrente e intitolato “controricorso ex art. 370 c.p.c.”, non essendo stato proposto dalla controricorrente ricorso incidentale, non può essere considerato come controricorso, ma può essere valutato quale memoria illustrativa della parte ricorrente.

4. Con il primo motivo, lamentando “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c.”, la ricorrente assume che la sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui ha ritenuto che il sinistro stradale di cui si discute in causa “sarebbe riconducibile alla responsabilità” del M. “nella misura del 75% mentre per la restante parte riferibile in concorso di colpa alla ricorrente” e sostiene che la Corte di merito avrebbe “errato nel ritenere le dinamiche del sinistro di cui è causa e conseguentemente nell’interpretazione ed applicazione della disciplina ex art. 2054 c.c., comma 1”. Ad avviso della P., sia il rapporto dei VV.UU. che le dichiarazioni dei testi escussi offrirebbero invece “una chiara e indiscutibile ricostruzione dell’incidente”, dalla quale emergerebbe “la palese ed esclusiva responsabilità del Signor M.M.”.

5. Con il secondo motivo, deducendo “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, la ricorrente sostiene che, alla luce della deposizione della teste, risulterebbe che il M. avrebbe violato il codice della strada e determinato esclusivamente il sinistro in parola ed assume che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che l’attuale intimato avrebbe oltrepassato l’incrocio a velocità sostenuta nè avrebbe valutato negativamente la mancata comparizione dei predetto a rendere l’interrogatorio formale.

6. Entrambi i motivi che, essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

6.1. Gli stessi infatti, al di là del pur effettuato richiamo nella rubrica del primo di essi alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., pongono questioni di fatto e tendono chiaramente, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.

Si osserva che, secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, al quale va data continuità in questa sede, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla sua eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (Cass., 25/01/2012, n. 1028). E nella specie la Corte ha motivato la sua decisione e tale motivazione non risulta idoneamente censurata.

6.2. Nel caso all’esame, infatti, risultano inammissibili le censure motivazionali proposte, evidenziandosi al riguardo che, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata in data 10 marzo 2015, nella specie trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

Alla luce del nuovo testo della richiamata norma del codice di rito, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 c.p.c. (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nella specie, con le censure formulate nell’illustrazione del motivo all’esame, la ricorrente non propone doglianze motivazionali nel rispetto del paradigma legale di cui al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nè può ravvisarsi nella specie un omesso esame di fatti decisivi, indicato nella rubrica del secondo mezzo, vizio, questo, effettivamente riconducibile al vigente n. 5 del citato art. 360, ma non dedotto in conformità all’interpretazione di detta norma operata dalla giurisprudenza di legittimità.

7. Il terzo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

La P., che lamenta pure l’omessa considerazione della consulenza di parte, in sintesi (v. penultima pagina del ricorso), censura la sentenza impugnata sostenendo che la Corte di merito “avrebbe dovuto applicare una maggiore e diversa personalizzazione del danno non patrimoniale in virtù della lesione subita dalla ricorrente nonchè considerare nel danno biologico anche la voce di danno per sopraggiunta incapacità lavorativa generica e perciò liquidarlo in diversa misura”.

7.1. Il motivo è infondato, avendo la Corte di merito correttamente effettuato la necessaria personalizzazione del danno non patrimoniale, in base alle circostanze del caso concreto, evitando duplicazioni risarcitorie e dandone adeguatamente conto in motivazione, così attenendosi ai principi più volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., 11/11/2008, n. 26972, espressamente richiamata nella motivazione della sentenza impugnata; v. pure Cass., ord., 9/10/2015, n. 20312). Peraltro, le doglianze proposte risultano del tutto generiche, risolvendosi nella mera richiesta di una diversa e maggiore liquidazione del danno non patrimoniale.

A quanto precede deve aggiungersi, in relazione alla lamentata violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, cui pure fa riferimento nella rubrica il motivo all’esame, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ai sensi della richiamata norma, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato – come nel caso all’esame – comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, e si richiama sul punto pure quanto già evidenziato esaminando i primi due motivi.

8. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

9. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimato, non avendo lo stesso svolto attività difensiva in questa sede.

10. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, evidenziandosi che la delibera di ammissione, in via anticipata e provvisoria, al gratuito patrocinio che si rinviene in atti, datata 3 giugno 2010, si riferisce al giudizio di “appello innanzi alla Corte di appello di Roma avverso la sentenza n. 3172/10 RG 61333/06” e non al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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