Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10385 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. I, 01/06/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 01/06/2020), n.10385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7720/2019 proposto da:

M.H.U.R., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

della I sezione civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato NOVELLO ANTONINO;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

18/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/02/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Caltanissetta, con decreto depositato in data 18.1.2019, ha rigettato la domanda di M.H.U.R., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo stato il suo racconto ritenuto credibile (il ricorrente ha riferito di essersi allontanato dal (OMISSIS) in relazione alla condizione di estrema povertà in cui si trovava e nella prospettiva di ricercare migliori condizioni di vita, oltre che alla necessità di provvedere alle cure della madre malata).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione Md Habib Ur Rahaman affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non facendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Contesta il ricorrente la valutazione in fatto effettuata dal Tribunale sulla situazione di violenza esistente nel paese d’origine del richiedente.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790).

Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato, alla luce di una fonte internazionale qualificata, come il rapporto EASO aggiornato al dicembre 2017, l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato in (OMISSIS) ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064).

Ne consegue che le censure del ricorrente sul punto si configurino come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

Lamenta il ricorrente che la Corte avrebbe omesso l’esame dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria.

Inoltre, il giudice avrebbe dovuto verificare la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità.

4. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non si è minimamente confrontato con l’articolata motivazione del Tribunale, che ha evidenziato che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il rischio di trovarsi, in caso di rimpatrio, in condizioni di estrema povertà deve essere quantomeno allegato in concreto, in modo chiaro e circostanziato, e non solo in astratto, tenuto conto che secondo le fonti più accreditate (EASO 2017) le condizioni economiche del paese di provenienza sono in netto miglioramento con una crescita del PIL negli ultimi dieci anni in media superiore al 6% annuo.

Il ricorrente si è limitato ad allegare di non aver alcuna chance di reinserimento del paese d’origine in relazione alle circostanze – che neppure afferma di aver dedotto innanzi al giudice di merito – relative alla sua mancanza di istruzione e di specifiche competenze manuali.

La declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero costituito in giudizio.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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