Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10384 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10384 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA
sul ricorso 15300-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.E. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAllINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015

contro

447

MARITI TIZIANA C.F. MRTTZN69E51H501G;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 20/05/2015

MARITI TIZIANA c.f. MRTTZN69E51H501G, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585;
– intimata –

2m./kt,OW.^RJJi_avversoTg—pr—
ovved-=
imen o n. 8515/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/06/2008 R.G.N.
5890/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, accoglimento del
ricorso incidentale per quanto di ragione.

e

contro

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 23.1.2015

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Corte d’appello di Roma, andando di contrario avviso rispetto alla
decisione di primo grado, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto
di lavoro intercorso tra Poste Italiane s.p.a. e Tiziana Mariti per il periodo dal
1.2.2000 al 30.6.2000 (seguito da altro contratto sempre a tempo determinato)

di lavoro a tempo indeterminato ancora in atto.
2. Il termine al primo contratto era stato apposto, ai sensi dell’art. 8 del CCNL
del 1994, come integrato dall’accordo del 25.9.1997, “per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi
produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”. La Corte
territoriale, per quello che qui ancora rileva, argomentava che il contratto era
stato stipulato dopo la scadenza prevista dalla contrattazione collettiva per l’
apposizione di tale causale ai contratti di lavoro a termine (e cioè dopo il
30/4/1998). Rigettava tuttavia la domanda risarcitoria, in applicazione dell’art.
1227 comma 2 c.c., ritenendo che il trieimio intercorso tra la cessazione del
rapporto e la messa in mora costituisse spazio temporale ragionevolmente
sufficiente a procurarsi una nuova occupazione confacente con l’esperienza
lavorativa maturata.
3. Per la cassazione della sentenza Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso,
affidato a tre motivi. Ha resistito Tiziana Mariti con controricorso, proponendo
altresì ricorso incidentale affidato ad undici motivi, illustrati anche con
memoria ex art. 378 c.p.c.
4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.
5. Il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti ex art.335 c.p.c.
6. Con il primo motivo di ricorso Poste italiane s.p.a. lamenta la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della L. 18 aprile 1962 n. 230 , nonché
dell’art. 23 della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23.
E

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e per l’effetto dichiarava che tra le parti intercorreva sin dall’inizio un rapporto

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 28.1.2015

Sostiene che il potere dei contratti collettivi di individuare nuove ipotesi di
assunzione a termine , in aggiunta a quelle normativamente previste, stabilito
dall’alt 23 della L. n. 56/87, potrebbe essere esercitato senza limiti di tempo,
tenuto conto che la suddetta legge non prevede alcun limite temporale al
riguardo.

applicazione della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del CCNL
26.11.1994, nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 16.1.1998, del
27.4.1998, del 2.7.1998, del 24.5A999 e del 18.1.2001, in connessione con
l’art. 1362 c.c. e segg. – art. 360 c.p.c., n. 3.
Assume che, facendo corretta applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art.
1362 c.c. e segg., e, in particolare, ricercando la volontà comune delle parti
nello stipulare l’integrazione all’art. 8 CCNL 1994, doveva concludersi che gli
accordi collettivi non fissavano alcun limite temporale alla stipula dei contratti
a termine.
8. Con il terzo motivo, deduce omessa ed insufficiente motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, assumendo che la Corte territoriale
avrebbe esposto in modo inidoneo le ragioni circa il rapporto, asseritamente
sussistente, tra il contratto collettivo, l’Accordo sindacale del 25.9.1997 ed i
successivi accordi attuativi, in relazione all’esistenza del supposto limite
temporale.
9. 1 tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Ed infatti la costante giurisprudenza di questa Corte (v. ancora da ultimo Cass.
ord. n. 362 del 2015, n. 206 del 2015), cui occorre dare continuità, ha
affermato, sulla scia di Cass. S.U. 2.3.2006 n. 4588, che “l’attribuzione alla
contrattazione collettiva, ex art. 23 della L. n. 56 del 1987, del potere di
definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge
n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame
congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea
garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico
limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a

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7. Con il secondo motivo Poste italiane s.p.a. lamenta violazione e falsa

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 28.1.2015

termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde,
pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o
soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali
all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo

Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.14011). “Ne risulta, quindi, una
sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne
sono destinatari, non essendo questi vincolati all’ individuazione di ipotesi
comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema
da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006
n. 18378).
10. In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia
stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto
collettivo), e ciò pur a fronte della situazione riconosciuta di aumentato
fabbisogno di personale, la sua inosservanza determina la nullità della clausola
di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-42005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866), In particolare, quindi, come va anche
qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con
l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’alt 8 del c.c.n.l. 26
novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16
gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla
conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne
consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con
l’ ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’alt 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230″ (v., fra le

Paol Ghinoy, estensore
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determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v.anche Cass. 20-4-2006 n. 9245,

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 28.1.2015

altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n.
7979).
11. La stessa costante giurisprudenza ha, altresì, ritenuto irrilevante l’accordo
del 18.01.01 perché stipulato dopo oltre due anni dall’ultima proroga, e cioè
quando si era già perfezionato il diritto all’accertamento della nullità. Anche se

accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate
senza la copertura dell’accordo 25.09.97 (ormai scaduto), comunque sarebbe
stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto dei lavoratori, dovendosi
escludere che le parti stipulanti potessero, con detto strumento, autorizzare ex
post contratti a termine non più legittimi perché adottati in violazione della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.03.04 n. 5141).
12. L’esistenza delle esigenze eccezionali è stata dunque negozialmente
riconosciuta fino al 30.04.98, sicché la legittimità dei contratti a termine
stipulati entro tale data è basata su una ricognizione di fatto derivante
direttamente dal sistema normativo nato dall’attuazione dell’art. 23 della legge
n. 56 del 1987.
13. Essendo stato già il primo contratto della Mariti stipulato successivamente
al 30 aprile 1998, il ricorso principale dev’essere rigettato.
14. Con il ricorso incidentale Tiziana Mariti, con undici motivi corredati da
idonei quesiti ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis), lamenta sotto
vari profili (vizi di motivazione e violazione degli artt. 112 c.p.c., 1226, 2729,
1218,1223, 1227, 2697c.c.,113, 114 e 432 c.p.c.) che erroneamente e senza
adeguata motivazione la Corte di merito abbia respinto la domanda risarcitoria,
rilevando che l’ impugnazione del contratto e la messa in mora sono avvenuti
“ad oltre un triennio di distanza dalla cessazione del rapporto”, periodo
determinato equitativamente in considerazione del tempo “presumibile fino al
ripristino della precedente condizione reddituale”.
15. Al riguardo osserva il ‘Collegio che (a prescindere da ogni considerazione
sulla correttezza o meno della statuizione impugnata in base alla disciplina
previgente, sulla quale ovviamente sono incentrati i motivi di ricorso) dopo la
Pqo a Ghinoy,

c

estensore

con quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 28.1.2015

sentenza della Corte d’appello ed anche dopo la notifica del ricorso principale e
di quello incidentale è intervenuta la L. 4 novembre 2010, n. 183, richiamata
dalla difesa di Tiziana Mariti nella memoria ex art. 378 c.p.c., che all’ art. 32,
commi 5 e 6 ha dettato i criteri per la liquidazione del danno da illegittima
apposizione del termine al contratto di lavoro.

legittimità (v. Cass. ord. n. 2112 del 28/1/2011, Cass. n. 1409 del 31/01/2012,
Cass. n. 26840 del 29/11/2013) è stata sottoposta al vaglio della Corte
Costituzionale, che nella sentenza interpretativa di rigetto n. 303 del 2011 ha
premesso che essa è fondata sulla ratio legis diretta ad “introdurre un criterio di
liquidazione del danno di più agevole, certa ed omogenea applicazione”,
rispetto alle “obiettive incertezze verificatesi nell’esperienza applicativa dei
criteri di commisurazione del danno secondo la legislazione previgente”. La
norma, che “non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al
lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma, innanzitutto, assicura a
quest’ultimo l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”, in
base ad un’ “interpretazione costituzionalmente orientata” va intesa nel senso
che il danno forfetizzato dall’indennità in esame copre soltanto il periodo
cosiddetto “intermedio”, quello, cioè, che corre dalla scadenza del termine fino
alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del
rapporto (così come peraltro chiarito con la norma di interpretazione autentica
contenuta nell’art. 1 comma 13 della L. n. 92/2012), con la conseguenza che a
partire da tale sentenza il datore di lavoro è indefettibilmente obbligato a
riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le
retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva,
altrimenti risultando “completamente svuotata” la “tutela fondamentale della
conversione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato”. Nel contempo, il
nuovo regime risarcitorio non ammette la detrazione dell’aliunde perceptum,
sicché l’indennità onnicomprensiva assume una chiara valenza sanzionatoria;
essa è dovuta in og.ni caso, al limite anche in mancanza di danno per il avere il
9

lavoratore prontamente reperito un’altra occupazione (Cass. n. 1409 del
Pcj a Ghinoy, estensore

7

16. Tale disciplina, applicabile a tutti i giudizi pendenti, anche in grado di

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 28.1.2015

31/01/2012, Cass. Sent. n. 3056 del 29/02/2012). La garanzia economica in
questione, attraverso il ricorso ai criteri indicati dalla L. n. 604 del 1966, art. 8,
consente di calibrare l’importo dell’indennità da liquidare in relazione alle
peculiarità delle singole vicende, come la durata del contratto a tempo
determinato (evocata dal criterio dell’anzianità lavorativa), la gravità della

l’indicatore del comportamento delle parti), lo sfruttamento di occasioni di
lavoro (e di guadagno) altrimenti inattingibili in caso di prosecuzione del
rapporto (riconducibile al parametro delle condizioni delle parti), nonché le
stesse dimensioni dell’impresa (immediatamente misurabili attraverso il
numero dei dipendenti). Così interpretata, la nuova normativa – risultata
“nell’insieme, adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei
contrapposti interessi” – ha superato il giudizio di costituzionalità sotto i vari
profili sollevati con le ordinanze di rimessione con riferimento agli artt. 3, 4,
11, 24, 101, 102, 111 e 117 Cosi., comma 1 (v. in senso conforme, C.Cost.,
ord., n. 112 del 2012 e, sotto il profilo dell’ipotizzato contrasto con la clausola
8.3 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato,
allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE v. da ultimo, Corte Cost.
n. 226 del 2014).
17. La norma, così come sopra interpretata, va applicata nel caso in esame,
essendo questa Corte investita al riguardo da un valido e pertinente motivo di
ricorso. Infatti, nel giudizio di legittimità, lo “ius superveniens”, che introduca
una nuova disciplina del rapporto controverso, può trovare applicazione alla
condizione, necessaria, che la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto
alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento
in materia di processo per cassazione – e soprattutto quello che impone che la
funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure
espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse – richiedono che il motivo del
ricorso, con cui è investito, anche indirettamente, il tema coinvolto nella
disciplina sopravvenuta, oltre che sussistente sia ammissibile secondo la
;

disciplina sua propria. Ne consegue che – ove sia invocata l’applicazione
Paol hinoy,

estensore

8

violazione e la tempestività della reazione del lavoratore (sussumibili sotto

R. Gen. N. 15300/2009
Udienza 28.1.2015

dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, legge n. 183 del 2010 con riguardo alle
conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola
appositiva del termine al contratto di lavoro — è necessario che i motivi del
ricorso investano specificamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata
nullità del termine, non essendo possibile chiedere l’applicazione diretta della

v. pure Cass. 2 marzo 2012, n. 3305).
18. Nel ricorso incidentale infatti, Tiziana Mariti denuncia sia la violazione di
norme e principi in tema di messa in mora, sia di quelle in tema di
corrispettività della prestazioni. I motivi sono sufficientemente specifici,
nonché pertinenti alla questione del risarcimento del danno e della sua
commisurazione, involgendo l’an e il quantum della retribuzione dovuta quale
effetto della trasformazione de iure del rapporto di lavoro. Lo ius superveniens
deve quindi trovare applicazione (per un’ applicazione conforme v. Cass. n.
464 del 2015).
20. A quanto sopra considerato seguono l’accoglimento del ricorso incidentale
e la cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso, con rinvio alla
Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che valuterà, alla luce dei
criteri dettati dalla legge 183/2010, quale debba essere la misura dell’indennità
da liquidarsi e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale ed accoglie l’incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per
le spese, alla Corte d’ appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2015
Il Consigliere stensore

norma al di fuori del motivo di impugnazione (Cass. 1 ottobre 2012, n. 16642;

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