Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10384 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 20/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16980/2015 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

19, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TORRE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO D’ANGELO;

– controricorrente –

e contro

REGIONE CAMPANIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 48/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 14/01/2015 R.G.N. 57/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 14.1.15, la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sentenza del 2011 del tribunale di Nocera Inferiore che aveva condannato il Ministero della Salute al pagamento dell’indennizzo L. n. 210 del 1992, ex art. 1, in favore del signor M., affetto da epatopatia cronica HCV correlata a emotrasfusione subita nel (OMISSIS) nel corso di intervento chirurgico.

In particolare, rilevando che solo il (OMISSIS) l’assistito aveva avuto consapevolezza della persistenza dell’infezione, la Corte territoriale ha escluso la decadenza.

Avverso tale sentenza ricorre il Ministero per due motivi, cui resiste l’assistito con controricorso, accompagnato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere essa trascurato che la consapevolezza della patologia era già insorta nel 1994, secondo le risultanze di un documento della commissione medico ospedaliera, e, per altro verso, che è il termine prescrizionale quinquennnale decorreva dal detto momento e dunque era spirato.

Con il secondo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione dell’art. 2935 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata trascurato il decorso del termine quinquennale di prescrizione e la decorrenza dello stesso dalla conoscibilità della patologia con ordinaria diligenza.

Il primo motivo è infondato, atteso che il fatto dedotto dalla parte è stato comunque valutato (e niente affatto ignorato) dalla corte di merito, la quale ha rilevato al riguardo, sulla base dei documenti esaminati dal consulente e dal giudice di prime cure, che solo nel 2007 si è avuta la piena consapevolezza della persistenza dell’infezione e dunque dell’irreversibilità del danno epatico.

A tale affermazione si ricollega l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, atteso che, ancorata la conoscenza del danno come sopra indicato, il termine di prescrizione non è decorso.

Va peraltro rilevato che, trattandosi non di risarcimento del danno ma di indennizzo, dovuto per patologia precedente la legge del 1992, il termine prescrizionale applicabile è decennale e non quinquennale (come già ripetutamente ritenuto da questa Corte: Cass. Sez. L, Sentenza n. 6500 del 23/04/2003, Rv. 562444 – 01; Sez. L, Sentenza n. 7341 del 17/04/2004, Rv. 572145 01); Sez. L, Sentenza n. 8781 del 08/05/2004, Rv. 572745 – 01).

Le spese seguono la soccombenza, con distrazione in favore del procuratore del controricorrente, antistatario. Non sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato atteso che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non è applicabile nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Francesco D’Angelo, antistatario.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

 

 

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