Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10383 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10383 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA
sul ricorso 15293-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
442

contro

CUOMO ALESSANDRO C.E. CMULSN71M03R839E, domiciliato
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 20/05/2015

dall’avvocato DOMENICO CAROZZA, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2097/2008 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/06/2008 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
i

il rigetto del ricorso.
….■-..-

7246/2005;

R. Gen. N. 15293/2009
Udienza 28.1.2015

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Corte d’appello di Napoli confermava la decisione di primo grado che
aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso
tra Poste Italiane s.p.a. e Alessandro Cuomo per il periodo dal 1.7.1999 al
30.9.1999 e condannato la società al ripristino del rapporto di lavoro, nonché al

introduttivo del giudizio.
2. Il termine al contratto era stato apposto, ai sensi dell’art. 8 del CCNL del
1994, come integrato dall’accordo del 25.9_1997, “per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi
produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.
La Corte territoriale, per quello che qui ancora rileva, argomentava che il
contratto era stato stipulato dopo la scadenza prevista dalla contrattazione
collettiva per l’ apposizione di tale causale ai contratti di lavoro a termine (e
cioè dopo il 30/4/1998).
3. Per la cassazione della sentenza Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso,
affidato a tre motivi. Ha resistito Alessandro Cuomo con controricorso e
memoria ex art.. 378 c.p.c..
4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.
5. Il controricorrente ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso
per mancato rispetto del termine annuale per l’impugnazione previsto dall’art.
327 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis, anteriore alle modifiche
apportate dalla L. n. 69 del 2009).
6. L’eccezione non è fondata. La sentenza d’appello è stata infatti pubblicata in
data 16.6.2008 ed il ricorso è stato consegnato tempestivamente agli Ufficiali
giudiziari per la notifica in data 16.6.2009 (come risulta dal timbro apposto in
calce): peli- il computo dei termini a mese o ad anno si osserva infatti il
calendario comune, facendo riferimento al nome e al numero attribuiti,
rispettivamente, a ciascun mese e giorno; ne consegue, in particolare, che la
Ghi . oy, estensore
3

pagamento delle retribuzioni maturate dalla data di notifica del ricorso

R. Gen. N. 15293/2009
Udienza 28.1.2015

scadenza del termine annuale per l’impugnazione delle sentenze – nelle
controversie, come quelle di lavoro, a cui non è applicabile la sospensione
feriale dei termini – coincide con lo spirare del giorno (dell’anno successivo)
avente la stessa denominazione, quanto a mese e numero, di quello in cui la
sentpnza è stata depositata ( Cass. Sez. L, n. 10785 del 12/08/2000, Cass. Sez.
7. Con il primo motivo di ricorso Poste italiane s.p.a. lamenta violazione e falsa
applicazione della L. 26 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del CCNL
26.1’1 1.1994, nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 16.1.1998, del
27.4.1998, del 2.7.1998, del 245. 1999 e del 18.1.2001, in connessione con
l’art. 1362 c.c. e segg. – art. 360 c.p.c., n. 3. Assume che, facendo corretta
applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg., e, in
particolare, ricercando la volontà comune delle parti nello stipulare
l’integrazione all’art. 8 CCNL 1994, doveva concludersi che gli accordi
collettivi non fissavano alcun limite temporale alla stipula dei contratti a
termine.
8. Con il secondo motivo Poste italiane s.p.a. deduce omessa ed insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, assumendo
che la Corte territoriale avrebbe esposto in modo inidoneo le ragioni circa il
rapporto, asseritamente sussistente, tra il contratto collettivo, l’Accordo
sindacale del 25.9.1997 ed i successivi accordi attuativi, in relazione alla
esistenza del supposto limite temporale.
9. Con il terzo motivo lamenta la violazione degli artt. 1217 e 1223 c.c. in
merito alle conseguenze economiche tratte dalla conversione a tempo
indeterminato del contratto. Sostiene che non possono essere riconosciute a
titolo risarcitorio tutte le retribuzioni perdute, occorrendo una specifica offerta
delle prestazioni lavorative, in ordine alla quale la Corte di merito non avrebbe
svolto specifiche verifiche.
Inoltre, la Corte avrebbe dovuto tenere conto dell’aliunde perceptum, sulla
base delle istanze istruttorie proposte dalla società in primo grado e riproposte
in grado d’appello, immotivatamente disattese.

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L, n. 23479 del 12/11/2007, Cass. Sez. L, n. 16485 del 18/07/2014).

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Udienza 28.1.2015

10. I primi due motivi, da valutarsi congiuntamente in quanto connessi, non
sono fondati.
Ed infatti la costante giurisprudenza di questa Corte (v. ancora da ultimo Cass.
ord. n. 362 del 2015, n. 206 del 2015), cui occorre dare continuità, ha
affermato, sulla scia di Cass. S.U. 2.3.2006 n. 4588, che “l’attribuzione alla

definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge
n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame
congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea
garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico
limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a
termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde,
pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o
soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali
all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo
determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245,
Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.14011). “Ne risulta, quindi, una
sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne
sono destinatari, non essendo questi vincolati all’ individuazione di ipotesi
comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema
da qtiesta delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006
n. 1078).
11. In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia
stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto
collettivo), e ciò pur a fronte della situazione riconosciuta di aumentato
fabbisogno di personale, la sua inosservanza determina la nullità della clausola
di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-42005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866), In particolare, quindi, come va anche
qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con

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contrattazione collettiva, ex art. 23 della L. n. 56 del 1987, del potere di

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l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26
novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16
gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla
conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti

consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con
l’ ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’art. I della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra le
Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n.
7979).
12. La stessa costante giurisprudenza ha, altresì, ritenuto irrilevante l’accordo
del 18.01.01, perché stipulato dopo oltre due anni dall’ultima proroga, e cioè
quando si era già perfezionato il diritto all’accertamento della nullità. Anche se
con quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli
accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate
senza la copertura dell’accordo 25.09.97 (ormai scaduto), comunque sarebbe
stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto dei lavoratori, dovendosi
escludere che le parti stipulanti potessero, con detto strumento, autorizzare ex
post contratti a termine non più legittimi perché adottati in violazione della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.03.04 n. 5141).
13. L’esistenza delle esigenze eccezionali è stata dunque negozialmente
riconosciuta fino al 30.04.98, sicché la legittimità dei contratti a termine
stipnlati entro tale data è basata su una ricognizione di fatto derivante
direttamente dal sistema normativo nato dall’attuazione dell’art. 23 della legge
n. 56 del 1987.
14. Essendo stato il contratto del Cuomo stipulato successivamente al 30 aprile
1998, i primi due motivi sono infondati.
15. Il terzo motivo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto, che è
stato così formulato:

“Dica la Suprema Corte se per il principio di

Paol f3hinoy, estensore
6

occttpazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne

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corrispettività della prestazione, il lavoratore – a seguito dell’accertamento
giudiziale dell’illegittimità del contratto a termine stipulato – ha diritto al
pagamento delle retribuzioni soltanto dalla data di riammissione in servizio,
salvo che abbia costituito in mora il datare di lavoro, offrendo espressamente
la prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui all’art. 1206 e

Come già ritenuto da questa Corte in relazione a ricorsi sotto tale aspetto
sovrapponibili (v. da ultimo Cass. n. 3928 del 2015), il quesito si risolve infatti
nell’énunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare
il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai
giudici di merito (in tal senso v., ‘fra le altre, Cass. 4.1.2011 n. 80). Il quesito di
diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, in base alla
giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve infatti essere formulato in
maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in
giudizio (cfr., ad es., Cass. S.U. 5.1.07 n. 36), dovendosi pertanto ritenere come
inesistente un quesito generico e non pertinente. Del resto, è stato anche
precisato che “è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui
formulazione si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del
quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato
alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie” (v. Cass. S.U.
30.10.2008 n. 26020), dovendo in sostanza il quesito integrare (in base alla sola
sua lettura) la sintesi logico-giuridica della questione specifica sollevata con il
relativo motivo (cfr. Cass. 7.4.2009 n. 8463).
16. Né può ignorarsi che, nella specie, anche l’illustrazione del motivo risulta
generica, perché non chiarisce per quale ragione non costituirebbe rituale
offerta della prestazione lavorativa (come, invece, ritenuto in sede di merito)
quella evincibile dal ricorso introduttivo di lite.
17. Del pari, per quanto concerne l’aliunde perceptum (in relazione al quale
manca del tutto il quesito di diritto), la ricorrente non indica alcun fatto
specifico, laddove al riguardo occorreva pur sempre una rituale acquisizione
della allegazione e della prova. Del tutto generica è poi la doglianza secondo la
P

a Ghinoy, estensore

segg, cod. civ.”.

:

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Udienza 28.1.2015

quale immotivatamente la Corte non avrebbe ammesso le istanze istruttorie sul
punto, considerato che non viene riferito se ed in che modo esse siano state
formulate nel giudizio di merito.
18. Le considerazioni sopra svolte precludono la valutazione dell’ incidenza
nella vicenda in esame del sopravvenuto art. 32, commi 5°, 6° e 7 0 , legge

superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova

disciplina del rapporto controverso è necessario non solo che quest’ultima sia
pertinente alle questioni oggetto di censura (in ragione della natura del
controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di
ricorso: cfr. Cass. 8.5.2006 n. 10547; Cass. 27.2.2004 n. 4070) e che il motivo
investa — sia pure indirettamente — il tema coinvolto nella disciplina
sopravvenuta, ma che il motivo medesimo sia ammissibile, ciò che non ricorre
nella fattispecie in esame (v. in proposito Cass. 1 ottobre 2012, n. 16642; v.
pure Cass. 2 marzo 2012, n. 3305).
19. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
20. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono
la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 3.500,00
per compensi professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi, rimborso spese
generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore
del difensore per dichiarata anticipazione.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2015
Il Consigliere estensore

1 Presidente

4.11.2010 n. 183: infatti, per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius

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