Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10382 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. I, 01/06/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 01/06/2020), n.10382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5864/2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio

dell’avvocato Grispo Marco che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/02/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Caltanissetta, con decreto depositato in data 22.1.2019, ha rigettato la domanda di A.A., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo il suo racconto stato ritenuto credibile (il ricorrente, gestore di un negozio di telefonia, riferisce di essere fuggito dal (OMISSIS) per il timore di essere ucciso da terroristi talebani che lo accusavano di aver rivelato alla polizia il nominativo di un loro militante e che in occasione di un’irruzione nel suo negozio avevano ucciso suo padre e suo zio).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione A.A. affidandolo a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini

dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non facendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,4, 5 e 8, nonchè l’omesso esame e travisamento di fatti decisivi per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta il ricorrente che la motivazione con cui il Tribunale ha formulato il giudizio di non credibilità del suo racconto è caratterizzato da genericità, illogicità e non tiene conto delle informazioni generali provenienti dalla zona d’origine.

Il Tribunale ha, inoltre, omesso qualsiasi osservazione sulle sue specifiche contestazioni nonchè di valutare la sua giovanissima età ed il suo bassissimo grado di istruzione.

Il ricorrente contesta, infine, la valutazione effettuata dal giudice di merito in ordine all’insussistenza della dedotta situazione di violenza generalizzata.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale soddisfa il requisito del “minimo costituzionale”, secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014), essendo state indicate in modo dettagliato (a Ile pagg. 3 e 4 del decreto impugnato) le ragioni per le quali il richiedente non è stato ritenuto credibile.

Il ricorrente, consapevole che al cospetto della valutazione in fatto svolta dal Tribunale in ordine alla sua credibilità può essere invocata come unico vizio la grave anomalia motivazionale, riconducibile alla violazione di legge, allega apoditticamente che il provvedimento impugnato è connotato “da palese inconsistenza”, ” da obiettiva incomprensibilità”, da ” contrasti irriducibili tra affermazioni inconciliabili”, ritenendo, in particolare, priva di motivazione e palesemente illogica la valutazione del Tribunale – che è, invece, di assoluto buon senso – nella parte in cui ha ritenuto non plausibile che il richiedente abbia accettato di intestarsi una sim card venduta ad una persona priva di documenti nel contesto del paese di origine caratterizzato dalla presenza di gruppi terroristici.

Sul punto, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di riportare la spiegazione fornita dal richiedente, ovvero che non era vietato in (OMISSIS) che un venditore intesti a se stesso la scheda telefonica venduta ad un cliente (purchè lo si conosca), non considerando che il giudice di merito non aveva contestato al ricorrente che non avesse dato una spiegazione, ma che questa fosse plausibile alla luce del particolare contesto ambientale.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,7,14, 16 e 17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonchè l’omesso esame e travisamento di fatti decisivi per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorrente contesta la valutazione effettuata dal giudice di merito in ordine all’insussistenza della dedotta situazione di violenza generalizzata, deducendo che il Tribunale avrebbe omesso di valutare autorevoli fonti internazionali.

4. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente, nel contestare la valutazione in fatto effettuata dal Tribunale sulla situazione di violenza esistente nel suo paese d’origine – che è stata fondata sul rapporto EASO aggiornato al 2018 – svolge mere censure di merito, sollecitando una diversa valutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice di merito. Peraltro, il Tribunale ha, altresì, evidenziato che la regione di provenienza del richiedente era stata indicata come “zona ospitante”, centro di accoglienza e raccolta ove gli sfollati provenienti da zone di conflitto venivano portati, circostanza che di per sè escludeva la carenza delle condizioni minime di sicurezza.

Infine, inammissibile, per difetto di autosufficienza, la censura secondo cui il Giudice avrebbe omesso di valutare ulteriori autorevoli fonti di documentazione allo stesso esplicitamente sottoposte all’esame dal ricorrente, come il sito del Ministero degli Esteri, il rapporto di Amnesty International 2017 ed altre fonti consultabili via internet.

Il ricorrente non ha neppure prospettato il luogo e modo con cui avrebbe sottoposto all’esame del Tribunale le ulteriori fonti citate, onde consentire alla S.C. di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430).

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, nonchè l’omesso esame di fatti decisivi.

Lamenta il ricorrente che la Corte avrebbe avuto l’obbligo di indagare sulla sussistenza in capo al ricorrente di situazioni di vulnerabilità, analizzando con meticolosità la sua storia personale, collocandola nel contesto attuale della situazione socio-politica dell’area geografica di provenienza.

4. Il motivo è inammissibile.

Il giudice di merito ha svolto una valutazione comparativa tra il contesto di vita del richiedente in Italia e nel paese di provenienza, rilevando che il ricorrente non aveva neppure provato il proprio percorso di integrazione, non parlando la lingua italiana, non avendo frequentato un corso per impararla e non avendo comprovato, neppure a livello di fumus, di svolgere attività lavorativa.

La declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in considerazione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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