Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10379 del 30/04/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 10379 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: DONGIACOMO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 9765-2014 proposto da:
SALERNO MATTEO, SALERNO VITUCCIA, SALERNO CARMELA,
elettivamente domiciliati a Roma, via Salaria 332, presso lo
studio dell’Avvocato GABRIELE DE MAJO e rappresentati e
difesi dall’Avvocato ROBERTO ROSAPEPE, per procura speciale
in calce al ricorso, nonché TRUONO DOMENICO, nella qualità di
procuratore generale di SALERNO ANTONIO e SALERNO
MARIA, elettivamente domiciliatb a Roma, via Salaria 332,
presso lo studio dell’Avvocato GABRIELE DE MAJO, che lb
rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso
– ricorrenti contro
BALDI LUIGI
– intimato –

Data pubblicazione: 30/04/2018

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1,6??

avverso la sentenza n. 348/2013 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO, depositata il %0/3/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 07/02/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
DONGIACOMO;

Luigi Baldi, con citazione notificata in data 27.29/1/2001,
ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Salerno,
Matteo Salerno, Vituccia Salerno, Carmela Salerno, Antonio
Salerno e Maria Salerno chiedendo la condanna degli stessi al
pagamento in suo favore della somma di £. 736.000.000, oltre
interessi e rivalutazione, per prestazioni professionali.
L’attore, in particolare, ha dedotto di aver svolto per circa
otto anni l’attività di gestione ed amministrazione dell’eredità
di Pietro Di Napoli, deceduto in data 9/3/1989, e di essere
stato nominato e costituito, con atto del 22/4/1989,
procuratore speciale di Anna Vivone Anna, unica erede del Di
Napoli, per compiere ogni atto di amministrazione ordinaria e
straordinaria dei beni ereditari, eseguendo, di fatto, l’incarico
ben oltre il 23/3/1990, quando ha rinunciato alla procura
speciale. L’attore, inoltre, ha dedotto che, alla morte della
Vivone, avvenuta 1’1/2/1993, ha continuato a gestire l’eredità
su incarico di Domenico Truono e Angelo Salerno, il primo dei
quali era il rappresentante dei Salerno, eredi di Vivone Anna,
almeno fino al 29/7/1997, come da perizia stragiudiziale volta
all’accertamento del valore della successione.
I convenuti si sono costituiti in giudizio, eccependo, in via
preliminare, la prescrizione del diritto di credito ai sensi
dell’art. 2956 c.c., sul rilievo che era l’attore stesso ad aver
esposto che la sua attività si era svolta fino al luglio 1997 e
che, prima della notifica dell’atto di citazione, erano decorsi tre
anni e sei mesi, ed, in ogni caso, che l’attore, con una missiva
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FATTI DI CAUSA

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del 18/12/1995, aveva riconosciuto la spettanza di un
compenso di £. 275.400.000 e la necessità di detrarre dalla
somma richiesta gli importi di denaro già pagati, nonché le
erronee modalità di svolgimento dell’attività professionale
dedotta.

ha rigettato la domanda, ritenendo fondata l’eccezione di
prescrizione triennale di cui all’art. 2956 n.2 c.c., sull’assunto
che la prestazione professionale si era svolta negli anni dal
1990 al 1997 e che la notifica dell’atto di citazione era
intervenuta soltanto in data 27/1/2001, non avendo alcuna
valenza interruttiva la missiva trasmessa ai convenuti dall’avv.
Spirito e ricevuta il 17.20/4/1998.
Luigi Baldi, con citazione notificata il 27/2/2008, ha
proposto appello, deducendo che la sua prestazione
professionale si era svolta ben oltre il luglio 1997, data in cui
era venuta a cessare solo l’attività di amministrazione del
patrimonio, e chiedendo, pertanto, la riforma dell’impugnata
sentenza, con accoglimento della domanda.
Gli appellati si sono costituiti, chiedendo il rigetto
dell’impugnazione e la conferma della sentenza di primo grado.
La corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata in
data 20/3/2013, ha accolto l’appello ed ha, per l’effetto,
condannato, in solido, gli appellati a pagare in favore di Luigi
Baldi la somma di C. 126.000,22, oltre interessi legali dalla
domanda, con compensazione per la metà delle spese legali di
entrambi i gradi del giudizio.
La corte, in particolare, dopo aver rilevato l’infondatezza
dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dagli
appellati per omessa sufficiente specificazione dei motivi,
“atteso che, sia pure senza articolazione di singoli motivi, il
gravame è sufficientemente specifico, con ndotut4 gli
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Il tribunale di Salerno, con la sentenza n. 2544 del 2007,

elementi di fatto e di diritto necessari alla decisione”, e dopo
aver ritenuto che la prestazione professionale del Baldi sia
stata certamenta una prestazione continuativa, e cioè di una
prestazione comprendente una serie di prestazioni lavorative,
anche diverse, reiterate in misura apprezzabile nel tempo,

decisione assunta, che, nel caso di specie, non potesse operare
l’eccepita prescrizione presuntiva per un duplice ordine di
motivi: l’incarico professionale era stato conferito al
professionista con atto scritto (procura speciale) ed è consistito
in un’attività complessa e continuativa. Del resto, ha aggiunto
la corte, le contestazioni scritte mosse dai Salerno all’attività
espletata dall’appellante sono incompatibili con un’ipotesi di
prescrizione.
Quanto, infine, alla quantificazione dell’attività espletata, la
corte ha ritenuto che, in difetto di prova specifica, potessero
essere liquidate solo le vici di attività non contestate,
corrispondneti alla somma di £. 275.400.000, oltre IVA e
Cassa, di cui alla missiva del 18/12/1995, detratti gli importi
pacificamente già versati, per un totale di E. 31.000.000, per
un rediduo importo di €. 126.000,22, oltre IVA e Cassa e
interessi dalla domanda.
Salerno Matteo, Salerno Vituccia, Salerno Carmela, nonché
Truono Domenico, nella qualità di procuratore generale di
Salerno Antonio e Salerno Maria, con ricorso notificato in data
7/4/2014, mediante consegna dell’atto all’avv. Beniamio
Spirito, difensore domiciliatario dell’appellante nel giudizio
d’appello, hanno chiesto, per cinque mptivi, la cassazione della
sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
Luigi Baldi è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE

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frutto di un accordo tra le parti, ha osservato, a sostegno della

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1.Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione
e la falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., la mancata
esposizione sommaria dei fatti nell’atto di appello e l’omessa
pronuncia su una delle eccezioni delle parti e la nullità della
sentenza, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte

all’eccezione circa l’omessa specificazione dei motivi di appello,
ha omesso di esaminare l’eccezione formulata circa la mancata
esposizione dei fatti di causa nell’atto di appello.
2.Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e l’omessa
specificazione dei motivi nell’atto di appello, hanno censurato
la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello,
rigettando l’eccezione di nullità e di inammissibilità dell’appello
per omessa specificazione dei relativi motivi, ha ritenuto che il
gravame era sufficientemente specifico, laddove, in realtà,
l’atto d’appello è privo dell’esposizione analitica delle ragioni
del gravame.
3.11 primo ed il secondo motivo sono infondati. Ed infatti, “il
principio della necessaria specificità dei motivi di appello previsto dall’art. 342, comma primo, cod. proc. civ., e, nel rito
del lavoro, dall’art. 434, comma primo, cod. proc. civ., nella
formulazione anteriore alla novella operata dall’art. 54, d. I. 22
giugno 2012, n. 83, conv. in I. 7 agosto 2012, n. 134 prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo
sufficiente che al giudice siano esposte, anche
sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda
l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della
sentenza appellata, siano anche indicate, oltre ai punti e ai capi
formulati e seppure in forma succinta, le ragioni per cui è
chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi
posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino
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in cui la corte d’appello, pronunciando solo in ordine

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esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative
censure …” (Cass. n. 6978 del 2013). Nel caso di specie, l’atto
di appello a suo tempo notificato dal Baldi – quale emerge dal
fascicolo d’ufficio al quale la Corte, trattandosi della denunica
di un error in procedendo, accede direttamente – contiene, sia

chiesto la riforma della sentenza del tribunale, evidenziando, in
particolare, che, a differenza di quanto ritenuto dal tribunale, il
credito azionato in giudizio deriva dallo svolgimento di una
prestazione professionale che non si è interrotta nel 1997 e per
la quale non operaia prescrizione presuntiva.
4.Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione
e la falsa applicazione dell’art. 2956 n. 2 c.c. e l’omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, hanno censurato la sentenza
impugnata nella parte in cui la corte d’appello, sul rilievo che
l’incarico professionale è stato conferito al professionista con
atto scritto (procura speciale) e che tale incarico è consistito in
un’attività complessa e continuativa, ha ritenuto che non
potesse operare l’eccepita prescrizione presuntiva. In realtà,
hanno osservato i ricorrenti, il conferimento dell’incarico
professionale per mezzo di una procura speciale redatta con
atto pubblico non è assimilabile all’accordo scritto tra le parti
che esclude l’operatività della prescrizione presuntiva, tanto più
che la procura del 22/4/1989, pur avendo un contenuto
amplissimo, non ha avuto ad oggetto il conferimento
dell’incarico e non contiene alcun riferimento al compenso per
il procuratore. La corte, poi, hanno aggiunto i ricorrenti, ha
omesso di valutare una circostanza che era stata oggetto di
discussione tra le parti, vale a dire che, come dedotto in
citazione, l’incarico di amministrazione ordinaria e straordinaria
relativamente alla successione del Di Napoli, conferito con
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pur in forma succinta, l’esposizione delle ragioni per le quali ha

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procura speciale del 22/4/1989, era stato eseguito dal Baldi
ben oltre la data in cui, il 23/3/1990, lo stesso ha rinunciato
alla procura, e la rinuncia alla procura, che si sarebbe in ogni
caso estinta con la morte della rappresentata 1’1/2/1993,
impedisce, hanno rilevato ancora i ricorrenti, di considerare

quanto meno con riferimento alle prestazioni eseguite
successivamente alla stessa, per le quali, dunque, la
prescrizione doveva operare. In ogni caso, hanno concluso i
ricorrenti, l’atto scritto può escludere l’operatività della
prescrizione presuntiva solo per le prestazioni ivi previste ma
non anche per quelle diverse, come le prestazioni a carattere
non amministrativo.
5.Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 2956 n. 2 c.c., hanno
censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte
d’appello ha escluso l’operatività della prescrizione sul rilievo
che la prestazionea svolta dal Baldi era consistita in un’attività
complessa e continuativa, laddove, in realtà, la sentenza della
Corte di cassazione n. 3886 del 1985, che il giudice di merito
ha citato sul punto, si è limitata ad affermare che la
prescrizione presuntiva opera solo con riguardo alle prestazioni
professionali per le quali è ravvisabile il presupposto della
prassi del pagamento senza dilaizoni per l’agevole
determinabilità del credito ai sensi dell’art. 2233 c.c., senza
escludere, dunque, l’applicazione della prescrizione presuntiva
per la natura complessa e continuativa della prestazione,
come, del resto, spesso sono le prestazioni rese dal
professionista intellettuale. D’altra parte, non può certo
affermarsi – hanno continuato i ricorrenti – che le prestazioni
rese dal Baldi siano state, per intero, complesse e continuative,
come emerge dalla missiva del 18/12/19-, c e fa riferim nto
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quell’atto come la fonte del diritto di credito vantato dal Baldi,

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a prestazioni che, salvo alcune, sono proprie di un ingegnere,
per le quali opera la prescrizione presuntiva triennale.
6.11 terzo motivo ed il quarto motivo sono fondati. La corte

d’appello, infatti, come in precedenza osservato, ha escluso
che, nel caso di specie, potesse operare l’eccepita prescrizione

professionale è stato conferito al professionista con atto scritto
(procura speciale) ed è consistito in un’attività complessa e
continuativa. Quest’ultima affermazione non è corretta. L’art.
2956 n. 2 c.c., infatti, nel prevedere che si prescrive in tre anni
il diritto dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e
per il rimborso delle spese correlative, non esclude affatto,
come ha invece ritenuto la corte d’appello, la prescrizione per il
caso in cui la prestazione resa dal professionsta sia, come per
lo più è, complessa e continuativa. Quanto al resto, le
prescrizioni presuntive trovano, in effetti, fondamento e
ragione solo in quei rapporti che si svolgono senza formalità, in
relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazioni
nè rilascio di quietanza scritta, e, pertanto, non operano
quando il credito, del quale si chiede il pagamento, deriva da
contratto stipulato in forma scritta (Cass. n. 1304 del 1995,
per cui

“la presunzione di pagamento derivante dalle

prescrizioni di cui agli artt. 2954, 2955 e 2956 c. c. va applicata
limitatamente a quei rapporti tipici della vita quotidiana che si
svolgono senza formalità, in relazione ai quali il pagamento
suole avvenire senza dilazione e senza rilascio di quietanza
scritta; e questa Corte ha ripetutamente precisato che la
prescrizione presuntiva non opera quando il diritto, di cui si
chiede il pagamento, scaturisce da un contratto stipulato per
iscritto”; Cass. n. 820 del 2006; conf., più di recente, Cass. n.
11145 del 2012; Cass. n. 9930 del 2014): sempre che il
credito azionato in giudizio abbia, nella s , il suo
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presuntiva per un duplice ordine di motivi: l’incarico

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fondamento, nel contratto scritto. Se, invece, il credito
scaturisce, sia pur solo in parte, dall’esecuzione di prestazioni
che non hanno fondamento nel contratto scritto, la prescrizione
presuntiva riprende la sua ordinaria operatività. Nel caso di
specie, come emerge dalla sentenza impugnata, l’attore ha

dell’eredità di Pietro Di Napoli, deceduto in data 9/3/1989, in
forza dell’atto con il quale, in data 22/4/1989, è stato
designato procuratore speciale di Anna Vivone Anna, unica
erede, per compiere ogni atto di amministrazione ordinaria e
straordinaria dei beni ereditari, di aver eseguito, di fatto, tale
incarico anche oltre il 23/3/1990, quando ha rinunciato alla
procura speciale, e di avere, in seguito, alla morte della
Vivone, avvenuta 1’1/2/1993, continuato a gestire l’eredità su
incarico di Domenico Truono e Angelo Salerno, il primo dei
quali era il rappresentante dei Salerno, eredi di Vivone Anna,
almeno fino al 29/7/1997, come da perizia stragiudiziale volta
all’accertamento del valore della successione. Si tratta, come è
evidente, di un credito che, nella prospettazione dello stesso
attore, solo in parte deriva dalla procura del 22/4/1989: le
prestazioni asseritamente rese dopo la rinuncia alla procura,
infatti, non hanno tratto il loro fondamento nella procura
oramai priva di effetti, al pari, evidentemente, delle prestazioni
rese prima della cessazione della procura ma estranee, per un
motivo o per l’altro, al suo ambito di operatività.
7.Rimane assorbito il quinto motivo, con il quale i
ricorrenti, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, hanno
censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte
d’appello, ai fini della quantificazione delle attività espletate, ha
ritenuto che non sono state contestate le mplate
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dedotto di aver svolto l’attività di gestione ed amministrazione

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nella missiva del 18/12/1995, laddove, al contrario, i
convenuti, nella comparsa di risposta depositata in primo
grado, hanno espressamente contestato la quantificazione della
domanda esaminando, in dettaglio, le voci della partella del
18/12/1995.

essere accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata
con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Salerno, che
provvederà in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte così provvede: rigetta il primo ed il secondo
motivo; accoglitil terzo ed il quarto; assorbito il quinto motivo;
cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata,
con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Salerno, che
provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Seconda Civile, il 7 febb aio 2018.
Il Pre
dott. F

nte
nna

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

30 APR. 2018

8.11 ricorse, in relazione al terzo ed al quarto motivo, deve

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