Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10378 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10378 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 4805-2012 proposto da:
t
I.N. P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
2015
387

ELISABETTA LANZETTA, LUCIA POLICASTRO, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

COSI TULLIO MARIA C.F. CSOTLM39R27F152X, elettivamente

Data pubblicazione: 20/05/2015

domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo
studio dell’avvocato FRANCO BOUCHE’, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 660/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato CIRIELLO CHERUBINA per delega verbale
LANZETTA ELISABETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

di ROMA, depositata il 14/02/2011 r.g.n. 4521/2008;

,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso al Tribunale di Roma depositato il 21.06.2007, Tullio Maria
esponeva di essere stato dipendente dell’Istituto Nazionale della Previdenza
Sociale con la qualifica di funzionario apicale (Ispettore Generale ex art. 15 legge
n. 88/1989) e di essere cessato dal servizio il 1.11.2006.
Riferiva che, in precedenza con sentenza del Tribunale di Roma n.
2741/03 dell’11.2.2004, gli era stato riconosciuto il diritto alle differenze
retributive per lo svolgimento, in fatto di mansioni superiori alla qualifica di
appartenenza (ed afferenti la posizione dirigenziale) in relazione al periodo

I

22.11.1998 — 7.11.2001.
Esponeva inoltre di essere iscritto al Fondo interno di ente per la
previdenza integrativa del personale a rapporto di impiego con l’INPS.
Conveniva in giudizio l’Istituto al fine di far accertare il proprio diritto alla
riliquidazione del trattamento integrativo di pensione a carico del Fondo interno
di previdenza del personale INPS, includendo, nella base di computo per il
calcolo della prestazione, anche le voci retributive utili da dirigente (ovvero le
differenze retributive relative alla superiore posizione dirigenziale), riconosciute
dalla predetta sentenza del Tribunale di Roma.
Costituitosi ritualmente il contraddittorio, l’ente convenuto contestava nel
merito il fondamento della domanda sostenendo che il trattamento integrativo a
carico del fondo andava calcolato in base alla retribuzione relativa alla
qualifica effettivamente posseduta all’atto della cessazione dal servizio.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 4886/08 accoglieva la domanda del
Cosi e condannava l’Inps al pagamento delle differenze a titolo di integrazione del
trattamento pensionistico integrativo a carico del Fondo di previdenza del
personale Inps, per il periodo ricompreso tra il collocamento a riposo sino alla
data di deposito del ricorso di primo grado, nell’importo quantificato dall’Istituto
ed accettato dal ricorrente, pari ad euro 19.064,46 oltre interessi legali.
2. Avverso tale sentenza l’Inps proponeva appello, deducendo la
violazione degli artt. 5, 21, 27 e 33 del Regolamento interno per il Fondo di
previdenza e quiescenza del personale INPS nonché la violazione dell’art. 52,
comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001.
L’appellato si costituiva e resisteva al gravame riproponendo tutte le
argomentazioni già illustrate in primo grado con il suo ricorso introduttivo.

,

3
4805_ 12 r.g.n.

3

ud. 27 gennaio 2015

Con sentenza n. 660 del 25.01.2011 – 14.2.2011 la Corte di Appello di
Roma ha respinto l’appello dell’INPS confermando la sentenza di primo grado.
3. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione I’INPS con tre motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il ricorso, articolato in tre motivi, l’Istituto ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 5 del regolamento interno nonché dell’art. 52 d.lgs. n. 165 del

difesa dell’Istituto evidenzia che, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento del Fondo
interno, per retribuzione utile ai fini del calcolo delle prestazioni erogate dal
Fondo INPS di previdenza integrativa, doveva intendersi unicamente lo
stipendio lordo, eventuali assegni personali ed altre competenze a carattere fisso
e continuativo; che l’espressione stipendio, ai sensi dell’art. 5 Regolamento,
definiva solo quella parte della retribuzione complessiva collegata alla qualifica
(stipendio tabellare) ed all’anzianità effettivamente possedute (costituenti
l’intoccabile “trattamento fondamentale”), senza comprendere tutte le indennità ed
i compensi corrisposti a titolo di trattamento accessorio; che le differenze
retributive per mansioni superiori non erano emolumenti collegati alla qualifica di
appartenenza ed all’anzianità ma erano voci retributive autonome, collegate alla
effettività ed alla durata della prestazione di fatto di determinate mansioni
superiori. Pertanto tali voci non potevano rientrare nel concetto di retribuzione
pensionabile ai sensi dell’art. 5 del Regolamento.
2. Il ricorso — i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente — è
fondato.
La questione posta dal ricorso dell’istituto è già stata esaminata da questa
Corte (Cass., sez. lav., 14 luglio 2008, n. 19296) che ha affermato che in tema di
previdenza integrativa aziendale, benché il regolamento per il trattamento di
previdenza e quiescenza del personale impiegatizio dell’INPS – che costituisce atto di
normazione secondaria ed è pertanto interpretabile direttamente dalla Corte di
cassazione – prevedetche le pensioni a carico del Fondo in corso di godimento siano
riliquidateAassumendo come base la nuova retribuzione prevista per la qualifica e la
posizione in cui l’impiegato si trovava all’atto della cessazione dal servizio, le
maggiori competenze spettanti in seguito allo svolgimento di fatto di mansioni
superiori (in quanto emolumenti non fissi né continuativi) non possono essere
considerate utili e, di conseguenza, non vanno assoggettata contribuzione.
4805_ 12 r.g.n.

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ud. 27 gennaio 2015

2001, ed altresì lamenta la violazione dell’art. 64 della legge n. 144 del 1999. La

Successivamente sono intervenute le sezioni unite (Cass., sez. un., 25 marzo
2010, n. 7154) che hanno affermato in generale che in tema di base di calcolo del
trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici
del c.d. parastato, l’art. 13 della legge 20 marzo 1975 n. 70, di riordinamento di tali
enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del
trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la
contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla

di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai
dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti
dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio
prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale
disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi
diversi da quelli di effettivo servizio. E riferimento quale base di calcolo allo
stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi
esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla
sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella
specie, l’indennità di funzione ex art. 15, secondo comma, della legge n. 88 del 1989,
il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari
compiti di vigilanza per i dipendenti dell’INPS) e devono ritenersi abrogate o
illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello
dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza
comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e
continuativo. Ed hanno ribadito in particolare che in tema di base di calcolo della
pensione integrativa dei dipendenti dell’INPS, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento per
il trattamento di previdenza e quiescenza dell’ente, adottato con delibera del 12
giugno 1970 e successivamente modificato con deliberazione del 30 aprile 1982, ai
fini della computabilità nella pensione integrativa già erogata dal fondo istituito
dall’ente (e ancora transitoriamente prevista a favore dei soggetti già iscritti al fondo,
nei limiti dettati dall’art. 64 della legge 17 maggio 1999 n. 144) è sufficiente che le
voci retributive siano fisse e continuative, dovendosi escludere la necessità di una
apposita deliberazione che ne disponga l’espressa inclusione. Non osta che l’elemento
retributivo sia attribuito in relazione allo svolgimento di determinate funzioni o
mansioni, anche se queste, e la relativa indennità, possano in futuro venire meno,
mentre non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui erogazione sia
4605 12 ng.n.
,.

5

ud. 27 gennaio 2015

data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto

,

collegata ad eventi specifici di durata predeterminata oppure sia condizionati al
raggiungimento di taluni risultati e quindi sia intrinsecamente incerto.
Più recentemente sono nuovamente intervenute le sezioni unite (Cass., sez.
un., 14 maggio 2014, n. 10413) che in generale hanno affermato che nel regime
dell’indennità di buonuscita spettante/ai sensi degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre
1973, n. 1032, al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di
dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione
dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell’art.
52 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nella base di calcolo dell’indennità va
considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello
corrisposto per il temporaneo esercizio delle superiori mansioni di dirigente.
Pertanto – come correttamente sostenuto dall’Istituto — l’art. 5 del
Regolamento del Fondo interno considera come retribuzione utile ai fini del
calcolo delle prestazioni erogate dal Fondo INPS di previdenza integrativa
unicamente lo stipendio lordo, eventuali assegni personali ed altre competenze a
carattere fisso e continuativo; non comprende invece tutte le indennità ed i
compensi corrisposti a titolo di trattamento accessorio, quali – come nella specie le differenze retributive per mansioni superiori che non sono emolumenti
collegati alla qualifica di appartenenza ed all’anzianità ma costituiscono voci
retributive collegate alla effettività ed alla durata della prestazione di fatto delle
mansioni superiori; sicché tali voci non rientrano nella nozione di retribuzione
pensionabile ai sensi dell’art. 5 del Regolamento.
3. Il ricorso va quindi accolto.
Va cassata la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori
accertamenti è possibile la decisione nel merito con il rigetto dell’originaria
domanda. Sussistono ragioni (iniziali incertezze giurisprudenziali) per compensare
tra le parti le spese dell’intero processo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 27 gennaio 2015
Il Consigliere

Il esidente

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