Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10376 del 27/04/2017

Cassazione civile, sez. III, 27/04/2017, (ud. 10/06/2016, dep.27/04/2017),  n. 10376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23935/2013 proposto da:

A.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 94, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ALMA SRL;

– intimata –

nonchè da:

ALMA SRL, in persona del legale rappresentante p.t. Ing.

B.F., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA FERRERI,

giusta procura speciale notarile;

– ricorrente incidentale –

contro

A.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 94, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 3534/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato BARBARA MORBINATI per delega;

udito l’Avvocato FERRERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità per carenza

di interesse o rigetto, incidentale rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3534 in data 18.6.2013 emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., rigettando l’appello principale proposto da A.E. e l’appello incidentale proposto da ALMA s.r.l., confermava sentenza n. 21871/2007 del Tribunale Ordinario di Roma che aveva rigettato la domanda della A. avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione di immobile ad uso diverso da abitazione, stipulato tra A.E. – subentrata nella posizione di locatrice all’originario proprietario del bene S.T. – ed ALMA s.r.l., con decorrenza 1 gennaio 2004, rilevando che la conduttrice aveva specificamente contestato di avere ricevuto richieste da parte della locatrice in ordine al pagamento degli oneri condominiali e che la irrevocabilità – a seguito della pronuncia di inammissibilità della opposizione proposta dalla società – del decreto ingiuntivo ottenuto dalla locatrice per l’importo corrispondente agli oneri in questione, non inficiava la decisione di prime cure, atteso che la clausola risolutiva ex art. 1456 c.c., inserita in contratto, doveva ritenersi mera clausola di stile, non avendo le parti correlato l’effetto risolutorio automatico ad una individuata obbligazione definita nelle sue modalità esecutive (non avendo indicato le parti, ai fini della predeterminazione della gravità dell’inadempimento, la entità del ritardo rilevante, nè dell’importo insoluto, nè il numero delle rate impagate relative agli oneri condominiali). La Corte territoriale, inoltre, confermava la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto infondata la domanda di risoluzione per inadempimento dell’obbligazione di consegna al locatore di una polizza assicurativa della responsabilità civile e dei danni da incendio, non potendosi avvalere l’ A., ora per allora, della clausola risolutiva espressa, in difetto di espressa dichiarazione del precedente locatore di volersi avvalersi della clausola ex art. 1456 c.c., implicitamente avendo lo stesso ritenuto irrilevante il pregresso inadempimento; quanto al periodo successivo al subentro nel contratto della A., l’ALMA s.r.l. aveva tempestivamente adempiuto alla richiesta pervenutale in data 9.2.2007, provvedendo a consegnare alla locatrice la polizza in data 7.4.2007.

I Giudici di appello rigettavano inoltre per difetto di prova sul “quantum” l’appello incidentale di ALMA s.r.l. volto ad accertare la responsabilità aggravata della locatrice per lite temeraria.

La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione, con ricorso principale dalla A., che ha dedotto con unico motivo la violazione dell’art. 1456 c.c., nonchè con ricorso incidentale da ALMA s.r.l. che ha dedotto, con due motivi, “vizio di contraddittorietà ed illogicità della sentenza in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4” e vizio di motivazione.

La ricorrente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

Le parti hanno depositato memorie illustrative ed ulteriori documenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Non sussistono i presupposti ex art. 335 c.p.c., per disporre, come richiesto dal procuratore della resistente, la riunione al presente procedimento – avente ad oggetto la impugnazione della sentenza n. 3534/2013 della Corte d’appello di Roma relativa a domanda di dichiarazione della risoluzione automatica del contratto di locazione ex art. 1456 c.c., di altro procedimento pendente tra le stesse parti (iscritto al RG 28118/2013 della Cancelleria di questa Corte), concernente impugnazione di diversa sentenza di appello della medesima Corte territoriale, avente ad oggetto l’accertamento della nullità dell’accordo verbale sulla determinazione del maggior canone dovuto da ALMA s.r.l. relativamente ad analogo rapporto locativo, nonchè la domanda di restituzione delle somme versate in eccedenza anche a titolo di deposito cauzionale.

2. La memoria illustrativa di A.E., con la quale la ricorrente ha ritenuto “che ogni controversia sulla risoluzione del contratto di locazione debba venir meno per la formazione del giudicato” (tale intendendo A) la ordinanza di convalida di sfratto per morosità emessa dal Tribunale Ordinario di Roma nel proc. n. 17960/2016 e divenuta irrevocabile in data 18.5.2016 per mancata opposizione tardiva, nonchè B) il decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni insoluti emesso dallo stesso Tribunale ex art. 664 c.p.c. divenuto anch’esso irrevocabile per mancata opposizione, come da attestazioni di Cancelleria in data 3.6.2016, documenti entrambi prodotti in allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c.), notificata al difensore di controparte in data 3.6.2016, a mezzo posta certificata, è stata irritualmente depositata in Cancelleria in data 4.6.2016, oltre il termine ultimo di giorni cinque antecedente la data della udienza di discussione, come prescritto dall’art. 378 c.p.c. (cfr. Corte Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19530 del 07/10/2005; id. Sez. 2, Sentenza n. 18346 del 18/09/2015), trovando applicazione al presente procedimento, introdotto in primo grado con ricorsi notificati in data 13.2007 e 23.4.2007 (cfr. svolgimento del fatto nella sentenza di appello), la disposizione dell’art. 155 c.p.c., comma 4, nonchè quella del comma 5, aggiunta dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater, comma 2, conv. in L. 23 febbraio 2006, n. 51, a decorrere dal 1 marzo 2006.

Dalla inammissibilità della memoria ex art. 378 c.p.c., della A. consegue che non può neppure essere esaminata in questa sede la dichiarazione in essa resa dal difensore della ricorrente (“….allo stato, quindi deve ritenersi che ogni controversia sulla risoluzione del contratto di locazione debba venir meno per la formazione del giudicato….”) dalla quale il Pubblico Ministero ha inteso desumere una sorta di rinuncia al ricorso, permanendo quindi tuttora valida ed efficace la volontà impugnatoria della sentenza di appello espressa dall’ A. con la proposizione del ricorso per cassazione.

2.1 Occorre tuttavia rilevare come la eccezione di giudicato esterno sia rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, in quanto il giudicato esterno od interno è patrimonio non esclusivo delle parti ma è rivolto a garantire l’interesse pubblico della stabilità delle decisioni, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, e dunque la relativa eccezione non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che potevano essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato, i quali, comprovando la sopravvenuta formazione di una “regula iuris” cui il giudice ha il dovere di conformarsi, attengono ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione, e sono quindi riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26041 del 23/12/2010) e, qualora esso si sia formato dopo la notifica del ricorso per cassazione, i relativi documenti giustificativi possono essere prodotti, dalla parte regolarmente costituitasi, fino all’udienza di discussione (cfr. Corte Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18346 del 18/09/2015).

In considerazione di quanto premesso rileva il Collegio che nella specie non sussiste alcun giudicato opponibile atteso che, tanto la ordinanza di convalida di sfratto per morosità (concernente il mancato pagamento di canoni scaduti ed a scadere, successivi a gennaio 2016), quanto il decreto ingiuntivo emesso nell’ambito del medesimo procedimento RG n. 17960/2016 introdotto avanti il Tribunale Ordinario di Roma da NUNI s.r.l. “società….subentrata nel contratto di locazione commerciale dell’immobile già in essere al momento dell’acquisto”, entrambi divenuti irrevocabili per mancata opposizione, sono insuscettibili di esplicare efficacia vincolante nel giudizio pendente avanti questa Corte, stante la palese diversità – nei due giudizi – tanto dell’elemento soggettivo, non essendo l’ A. parte in causa nei predetti procedimenti (art. 2909 c.c.), quanto dell’elemento oggettivo per “causa petendi” e “petitum” (i provvedimenti giurisdizionali divenuti irrevocabili hanno ad oggetto il mancato pagamento di “canoni locativi” relativi a periodo successivo a gennaio 2016; la causa sottoposta all’esame di questa Corte concerne invece il mancato pagamento degli “oneri condominiali” relativi a precedente periodo), essendo oggettivamente distinti i fatti di inadempimento che vengono contestati ad ALMA s.r.l..

3. Tanto premesso deve procedersi all’esame dei ricorsi proposti dalle parti.

A-) Esame dei motivi del ricorso principale proposto da A.E..

4. Con il primo motivo la ricorrente principale censura la sentenza di appello per violazione dell’art. 1456 c.c..

La parte ricorrente viene a contestare la – errata – valutazione compiuta dalla Corte d’appello che ha ritenuto difforme la clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 10 del contratto di locazione (trascritta nel ricorso) dallo schema legale dell’art. 1456 c.c., non avendo i contraenti “predeterminato” la obbligazione il cui inadempimento doveva convenzionalmente essere ritenuto grave e dunque causa di risoluzione “ope juris” del contratto.

La esposizione del motivo è interamente incentrata sulla contestazione della interpretazione della volontà negoziale espressa nella ridetta clausola contrattuale, venendo a richiamare, la ricorrente, il principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui nel dubbio le clausole negoziali debbono essere interpretate nel senso di attribuire loro una efficacia piuttosto che negarla (principio di conservazione ex art. 1367 c.c.), con la conseguenza che il Giudice di appello avrebbe dovuto interpretare la clausola negoziale (con la quale si disponeva che: “Il mancato o ritardato pagamento degli oneri accessori, cumulabile con il mancato pagamento delle spese di riscaldamento ove esistente, costituisce grave inadempimento del conduttore, e per patto espresso convenuto tra le parti, dà luogo alla risoluzione di diritto del contratto a norma dell’art. 1456 c.c…..”) nel senso di riconoscere la gravità dell’inadempimento anche al mancato pagamento di una sola rata degli oneri condominiali, e dunque pervenire in tal modo alla dichiarazione della risoluzione del contratto, essendo l’inadempimento comprovato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 19186/2008 in data 2.10.2008, passata in giudicato, che aveva dichiarato inammissibile la opposizione proposta da ALMA s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo, emesso il 16.6.2007, avente ad oggetto la condanna della conduttrice al pagamento della somma di Euro 4.996,38 dovuta per oneri condominiali.

4.1 II motivo è inammissibile.

4.2 Osserva il Collegio che la clausola di risoluzione cd automatica del contratto disciplinata dall’art. 1456 c.c., richiede la specifica determinazione della obbligazione che, se non adempiuta secondo le modalità stabilite, determina lo scioglimento del vincolo contrattuale.

Premesso che la obbligazione di pagamento degli oneri condominiali trova disciplina nella legge sull’equo canone (L. n. 392 del 1978, art. 9), le scadenze, il calcolo degli importi, il numero delle rate, in difetto di diversa convenzione trovano disciplina nel piano di riparto ex art. 1123 c.c. e nel regolamento di condominio ex art. 1138 c.c. (nel testo delle norme vigente ratione temporis). Non sussistono pertanto ostacoli a che le parti possano considerare l’inadempimento di tale obbligazione accessoria (rispetto alla obbligazione principale del conduttore di pagamento dei canoni pattuiti) come violazione di particolare gravità dell’accordo, tale da non tollerare la ulteriore prosecuzione del rapporto, laddove siano compiutamente specificate ex ante le “modalità stabilite” per la esecuzione della prestazione, tenuto conto che, in tema di oneri condominiali, nella disposizione della L. n. 392 del 1978, art. 9, comma 3 (richiamato anche per locazioni ad “uso diverso” della stessa L. n. 392 del 1978, art. 41, comma 1), in cui è previsto che il “il pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta”, mentre la L. n. 392 del 1978, dello stesso art. 9, comma 1, riferendosi agli “oneri accessori” vi ricomprende anche “la fornitura dell’acqua” ed in via residuale “la fornitura di altri servizi comuni”.

A tale complesso normativo fa riferimento la clausola negoziale, contenuta nell’art. 10 del contratto – riprodotto a pag. 5 ricorso -, laddove dispone che “restano ad esclusivo carico del conduttore tutti gli oneri condominiali ordinari nella misura risultante dal preventivo e consuntivo predisposti dall’Amministratore Condominiale”, ed in relazione a tale contesto si sono pronunciati, in modo conforme, entrambi i Giudici di merito affidando la decisione di rigetto della domanda di risoluzione automatica ad un duplice ordine di considerazioni: a) dalla attestazione dell’amministratore del condominio in data 19.6.2007 non risultavano a tale data oneri condominiali insoluti, e la clausola contrattuale non considerava espressamente il “ritardato pagamento” come inadempimento intollerabile, difettando inoltre ulteriori indicazioni determinanti ai fini della predeterminazione della gravità dell’inadempimento, quali l’ammontare dell’importo insoluto o il numero delle rate omesse; b) mentre risultava provata la comunicazione ad ALMA s.r.l. della lettera in data 9.2.2007 con la quale la locatrice dichiarava di avvalersi della clausola risolutiva espressa in relazione al mancato adempimento della obbligazione del conduttore, prevista nell’art. 9 del contratto, di stipulare polizza assicurativa dell’immobile per il rischio incendio e responsabilità civile verso terzi, non era stata invece fornita prova che la A. avesse comunicato alla società conduttrice specifica richiesta di pagamento degli oneri condominiali ALMA s.r.l. anteriormente al deposito in data 23.4.2007 del ricorso introduttivo della lite ex art. 447 bis c.p.c. (cfr. sentenza tribunale, adesivamente richiamata sul punto dalla sentenza di appello: in motivazione pag. 5 ed 8), con la conseguenza che il pagamento di tali oneri effettuato da ALMA s.r.l. comunque entro due mesi dalla data di deposito del ricorso, non la qualificava debitore inadempiente.

4.3 Orbene il motivo di ricorso per cassazione censura soltanto la prima delle due indicate “rationes decidendi”, mentre trascura del tutto di impugnare la seconda “ratio decidendi” che, facendo leva sulla disciplina inderogabile (se non a favore del conduttore) dellaa L. n. 392 del 1978, art. 9, comma 3, ha escluso nella specie l’inadempimento di ALMA s.r.l. in difetto di prova di una richiesta di pagamento comunicata alla società conduttrice anteriormente alla introduzione della lite, avendo il Giudice di primo grado – condiviso sul punto dalla Corte territoriale – accertato che alcuna “richiesta” ex lege n. 392 del 1978, di pagamento degli oneri condominiali fosse stata inoltrata dalla locatrice (o dall’amministratore del condominio) ad ALMA s.r.l., non essendo stata fornita dalla A. la “prova della ricezione del doc. 5, che la resistente contesta di aver ricevuto” (cfr. sentenza Tribunale interamente trascritta nella sentenza di appello: trattasi della lettera condominiale in data 20.3.2007 depositata nel fascicolo di primo grado della A. al doc. 5: si veda la memoria di costituzione ALMA s.r.l. trascritta nel controricorso pag. 18).

Tale ragione di decisione deve ritenersi autonomamente fondante la sentenza impugnata.

Ed infatti un inadempimento colpevole del conduttore per omesso pagamento degli oneri accessori in tanto può configurarsi in quanto risulti insoluto un credito liquido ed esigibile, occorrendo pertanto avere riguardo alla disciplina pattizia e, in difetto di questa al regolamento di condominio ed alle Delib. di approvazione del bilancio preventivo, onde accertare quali siano le modalità di esecuzione della prestazione, potendo prevedere tali atti una unica scadenza del termine per il pagamento, ovvero la ripartizione in un numero di rate di pari importo corrispondenti a scadenza periodiche (mensili, bimestrali, annuali ecc.), oppure potendo condizionare il pagamento al previo invio della richiesta da parte dell’amministratore con il conteggio del dovuto – variabile in relazione alla diversa entità dei consumi delle utenze condominiali – e del bollettino di pagamento.

4.4 Nella specie la locatrice non allega quale fosse la modalità di esecuzione dei pagamenti degli oneri accessori, e nel silenzio deve farsi ricorso alla disciplina normativa dell’art. 9, comma 3, della legge sull’equo canone, che qualifica inadempimento il pagamento eseguito oltre due mesi dalla ricezione della richiesta del locatore o dell’amministratore del Condominio.

Ne segue che la prova della effettiva trasmissione e ricezione della “richiesta” (in assenza di una diversa regolamentazione condominiale per scadenze ed importi predeterminati ex ante) integra un fatto costitutivo della fattispecie-inadempimento colpevole ex art. 1218 c.c., venendosi a configurare la comunicazione della richiesta come atto necessario alla costituzione in mora ex art. 1219 c.c., comma 1, in difetto del quale il conduttore non può considerarsi inadempiente, non potendosi considerare liquido ed esigibile il credito pecuniario.

Se dunque la richiesta-liquidazione viene considerata necessaria per qualificare inadempiente il conduttore, ne segue che l’onere della prova della

effettiva ricezione della richiesta grava sul locatore. Non avendo l’ A. fornito detta prova, il mero “oggettivo” ritardo nel pagamento degli oneri condominiali (per i quali è stato emesso decreto ingiuntivo divenuto irrevocabile per inammissibilità della opposizione, e pagati dalla ALMA s.r.l. giusta attestazione liberatoria del Condominio – entro due mesi dal deposito del ricorso introduttivo ex art. 447 bis c.p.c.), ove in ipotesi parametrato ad eventuali scadenze previste nei regolamenti o nelle Delib. condominiali, non è idoneo a costituire inadempiente la società conduttrice, non essendo imputabile il ritardo a colpa del debitore, in difetto di ricezione della richiesta di pagamento formulata dalla locatrice (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 540 del 24/01/1996; id. Sez. 3, Sentenza n. 6403 del 01/04/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 20348 del 28/09/2010).

4.5 La mancata impugnazione della “ratio decidendi” sopra indicata, in quanto idonea a sorreggere autonomamente la decisione, preclude l’accesso al sindacato di legittimità del motivo di ricorso, per carenza di interesse. Ed infatti “qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante la intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa ” (cfr. Corte Cass. 3, sez. 7.11.2005 n. 21490; id. 3 sez. 11.1.2007 n. 389; id. SS.UU. 20.6.2007 n. 14297; id. SS.UU. 23.12.2009 n. 27210; id. 3 sez. 12.3.2010 n. 6045; id. Sez. 6-L, Ord. 3.11.2011 n. 22753; id. SS.UU. 29.3.2013 n. 7931).

B-) Esame dei motivi del ricorso incidentale proposto da ALMA s.r.l..

5. Occorre premettere che ALMA s.r.l. si era costituita nel giudizio di appello con “memoria difensiva con appello incidentale” ed aveva impugnato il capo della sentenza di primo grado di rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c., richiedendo analoga condanna ex art. 96 c.p.c., anche per (gli ulteriori) danni da lite temeraria relativi al grado di appello (cfr. atto di appello trascritto alle pag. 20-22 ricorso incidentale).

La Corte d’appello, decidendo sull’atto di appello incidentale, o meglio su tutte le domande proposte dalla società ai sensi dell’art. 96 c.p.c., con l’atto di costituzione e risposta in grado di appello (come è dato desumere anche dalle stesse note autorizzate depositate da ALMA s.r.l. il 28.12.2012 in grado di appello – ricorso incident. pag. 23 – ove sincreticamente la società chiedeva al Giudice di merito di accertare la responsabilità della A. in ordine ai complessivi “comportamenti processuali di controparte”, riferiti tanto al primo che al secondo grado di giudizio, richiedendo, senza fare distinzione tra primo e secondo grado di giudizio, una liquidazione equitativa del danno), ha ritenuto infondata la pretesa risarcitoria per mancanza di prova sull’ “an” e sul “quantum” del pregiudizio patrimoniale.

5.1 Venendo all’esame del ricorso incidentale proposto da ALMA s.r.l. sul capo della sentenza di appello concernente il rigetto della domanda risarcitoria per lite temeraria, in difetto di prova sulle conseguenze dannose subite, osserva il Collegio che, con il primo motivo, si deduce la nullità della sentenza, ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per contraddittorietà ed illogicità della motivazione in punto di rigetto della domanda per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..

Premesso che il tipo di vizio di legittimità denunciato si inserisce nell’ambito della carenza assoluta di motivazione su una domanda od eccezione ritualmente proposta, tale da incidere sulla mancanza dell’elemento minimo essenziale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ai fini della validità dell’atto-sentenza, sostanzialmente coincidendo con la violazione di legge denunciabile con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (ipotesi che ricorre soltanto nella mancanza di motivazione ovvero nella radicale inidoneità della stessa ad esprimere la “ratio decidendi”, ossia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, così da determinare la nullità della sentenza per carenza assoluta di un requisito di forma essenziale: Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 319 del 12/06/1999; id. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), la ricorrente sostiene che vi sarebbe una incompatibilità logica insanabile tra la statuizione che liquida in Euro 4.000,00 oltre accessori di legge le spese del grado di appello (in misura inferiore a quelle indicate, con riferimento ai valori medi dello scaglione fino a ad Euro 9.500,00 nella “nota spese” depositata a verbale di udienza 18.6.2013: cfr. controricorso pag. 24 e 27) e la statuizione che ha rigettato la domanda per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., per difetto di prova sul danno, atteso che la esistenza di quest’ultimo era da ritenersi in “re ipsa” proprio dallo scarto tra quanto indicato in notula e quanto liquidato in sentenza a titolo di rimborso spese di lite.

Osserva il Collegio che la equazione liquidazione da parte del Giudice delle spese di lite inferiore alla notula – danno patrimoniale quantificabile ai sensi dell’art. 96 c.p.c., è del tutto priva di fondamento, atteso che la “notula spese” fa riferimento ai parametri della Tariffa professionale approvata dal Ministero di Giustizia, e tali parametri – da utilizzare per la liquidazione delle spese di lite da porsi a carico della parte soccombente – hanno riguardo alla attività effettivamente svolta dal difensore nelle diverse fasi processuali, rimanendo in ogni caso riservata al Giudice la determinazione, in concreto, dell’importo liquidabile all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla Tabella A, come disposto dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, art. 11, comma 1, applicabile “ratione temporis”.

Ne segue che la Tariffa non può in nessun caso costituire termine di accertamento della prova della esistenza (an) e della entità (quantum) del pregiudizio patrimoniale subito dalla parte -vittoriosa – che agisce per il risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., in quanto non è dato istituire alcun collegamento, neppure di tipo presuntivo, tra il limite massimo previsto all’interno di ciascuna fase processuale per l’attività svolta, ed il maggiore onere patrimoniale effettivamente sopportato dalla parte danneggiata in relazione al compenso professionale prestato al difensore in relazione a quanto convenuto dalle parti nel contratto di patrocinio.

Non sussiste pertanto alcuna insanabile illogicità nella motivazione della sentenza tra la liquidazione delle spese del grado ed il rigetto per difetto di prova (sul quantum) della domanda ex art. 96 c.p.c..

5.2 Il primo motivo di ricorso incidentale è dunque infondato.

5.3 Con il secondo motivo del ricorso incidentale ALMA s.r.l. censura la sentenza di appello in relazione al rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c., per omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo del tutto omesso di esaminare la Corte territoriale sia la nota spese, sia gli ulteriori elementi dimostrativi della esistenza di un “danno non patrimoniale”.

Sostiene la ricorrente incidentale che, nella memoria di costituzione in grado di appello (trascritta a pag. 20-22 controricorso), la domanda di condanna per responsabilità aggravata era stata affidata dalla ALMA s.r.l. alla considerazione che il titolo contrattuale assunto a fondamento della domanda di risoluzione era inesistente, in quanto relativo a contratto cessato e sostituito da altro vigente “inter partes”, e, quanto al danno subito, invocava i principi enunciati dalle SS.UU. di questa Corte Sez. U, Ordinanza n. 3057 del 09/02/2009 in tema di liquidazione del danno con criterio equitativo, potendo essere accertata la esistenza del danno anche mediante nozioni di comune esperienza, potendo esemplificativamente considerarsi “l’apprensione connessa all’esito del giudizio”, “la perdita di tempo e denaro per la ricerca della documentazione e la consultazione del proprio legale”, ed ancora del “protrarsi ingiustificato della durata del giudizio”. Al proposito la ricorrente incidentale ipotizzava, per la determinazione del “quantum”, l’impiego del criterio equitativo fondato sul “valore del ritardo” attribuito ai danni da irragionevole durata del processo dalla Corte di Strasburgo, o ancora nella applicazione analogica del parametro legale offerto dall’art. 385 c.p.c., applicabile “ratione temporis”.

Osserva il Collegio che la censura non introduce – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuovo testo introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis – uno specifico “fatto storico” decisivo ed oggetto di discussione, che il Giudice di appello avrebbe illegittimamente trascurato, atteso che sia l’elemento psicologico della apprensione, sia il dispendio (monetario) dovuto alla ricerca dei documenti ed agli incontri con il legale, sono dedotti dalla ricorrente incidentale come mere ipotesi esemplificative, desunte peraltro da precedenti giurisprudenziali, senza alcuna allegazione di fatti specifici concretamente riferibili alle vicende del presente giudizio (cfr. memoria di costituzione in grado di appello trascritta pag. 20-22 del controricorso): la ricorrente omette del tutto di riferire, infatti, se e quali situazioni apprensive abbia determinato la condotta temeraria della controparte, quali ricerche documentali e quanto tempo le stesse abbiano distratto dal lavoro i funzionari od i dipendenti della società, quanti incontri si siano tenuti con il legale o quali spese siano state sostenute per consulenze preparatorie e stragiudiziali.

Se non appare dubitabile che un danno risarcibile ex art. 96 c.p.c., possa essere accertato nell’an in relazione allo scarto prevedibile tra liquidazione delle spese di lite a carico del soccombente e compensi professionali dovuti dalla parte vittoriosa al proprio legale in base al contratto di patrocinio (cfr. Corte Sez. 6-3, Ordinanza n. 20995 del 12/10/2011) occorre anche riconoscere che la liquidazione di tale danno non può prescindere dalla verifica in concreto di tale scarto, occorrendo accertare se, tenuto conto dell’ammontare della rifusione delle spese processuali quale liquidato dal primo Giudice, potesse ritenersi che residuassero ulteriori aggravi di costi di tutela legale non coperti da tale liquidazione (cfr. Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 9080 del 15/04/2013, in motivazione).

Sul punto alcun elemento in fatto viene dedotto dalla ricorrente incidentale, essendo appena il caso di rilevare come i principi enunciati dal precedente di questa Corte Sez. 6-3, Ordinanza n. 20995 del 12/10/2011, invocato dalla ricorrente, ed inerenti alla attività che il Giudice di merito deve compiere nell’accertamento dell'”an” e del “quantum” in tema di domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c., debbono coordinarsi con l’onere di allegazione dei fatti concreti che, in ogni caso, la parte danneggiata è tenuta ad adempiere se intende vedere accolta la domanda, come ripetutamente affermato da questa Corte (cfr. Corte Cass. Sez. U, Ordinanza n. 7583 del 20/04/2004; id. Sez. U, Ordinanza n. 1140 del 19/01/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 21798 del 27/10/2015).

5.4 Pertanto anche il secondo motivo di ricorso incidentale è infondato.

6. In conclusione entrambi i ricorsi principale ed incidentale debbono essere rigettati. La reciproca soccombenza consente la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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