Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10374 del 27/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 27/04/2017, (ud. 10/06/2016, dep.27/04/2017),  n. 10374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21830-2013 proposto da:

MAVRE SRL, IN LIQUIDAZIONE ED IN CONCORDATO PREVENTIVO (OMISSIS), in

persona del liquidatore volontario signora V.V. e del

Liquidatore Giudiziale Dott. S.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SILLA 2/A, presso lo studio dell’avvocato

LUCIA CECCHI AGLIETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIANLUIGI CECCHI AGLIETTI giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente-

contro

IMMOBILIARE PITELLA SRL, FACTORY BAG SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 315/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato D’ELIA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

MAVRE s.r.l., proprietaria dell’immobile sito in (OMISSIS), stipulava preliminare di vendita del ridetto bene con Immobiliare Pitella s.r.l., al prezzo di Euro 1.250.000,00 ricevendo quale caparra confirmatoria la somma di Euro 250.000,00 e stabilendo per il rogito il termine del 30.11.2008. Contestualmente MAVRE s.r.l. concedeva l’immobile in comodato a Factory Bag s.r.l. con termine improrogabile per la restituzione fissato alla medesima data del 30.11.2008 (o alla data del rogito di vendita se anteriore), prevedendo altresì una penale per il ritardo pari ad Euro 1.000,00 giornaliere. Immobiliare Pitella s.r.l. interveniva al contratto di comodato per garantire solidalmente l’adempimento degli obblighi della società comodataria, che provvedeva a versare a MAVRE s.r.l. un deposito cauzionale di Euro 220.000,00 da imputarsi come disposto dall’art. 9 del contratto di comodato- al prezzo di vendita dell’immobile oppure da trattenere sulle somme dovute a titolo di penale, in caso di ritardo nel rilascio dell’immobile.

Non essendo stato restituito l’immobile alla data predetta, il Tribunale di Firenze, adito da Mavre s.r.l., condannava la società comodataria al rilascio del fabbricato nonchè, in solido con la società garante, al pagamento della somma dovuta a titolo di penale giornaliera, dalla data di scadenza fino alla riconsegna del bene.

La Corte d’appello, con sentenza 18.3.2013 n. 315, rilevato che la appellante Immobiliare Pitella s.r.l. non era legittimata a richiedere la restituzione della somma di Euro 220.000,00 versata dalla comodataria Factory Bag s.r.l. a titolo di deposito cauzionale, accogliendo il gravame riduceva nella misura di Euro 200,00 per ogni giorno di ritardo la penale, ritenuta sproporzionata in relazione sia al prezzo della compravendita (essendo pari -ove calcolata sul periodo annuale- ad Euro 360.000,00 e quindi ai 2/3 del prezzo di vendita), sia al valore di mercato dei canoni (quantificati in misura pari al 4-5% del prezzo di vendita), tenuto conto dell’effetto disincentivante che la penale doveva assolvere sulla eventuale protrazione della detenzione “sine titulo” del bene; non accoglieva invece la domanda dell’appellante di restituzione dei titoli cambiari emessi a favore di MAVRE s.r.l. “a titolo di deposito cauzionale iniziale” (artt. 9 ed 11 del contratto di comodato), trattandosi di effetti da imputare alla penale.

MAVRE s.r.l., con atti ritualmente notificati ai procuratori domiciliatari di Immobiliare Pitella s.r.l. ed Factory Bag s.r.l., ha impugnato per cassazione la sentenza di appello, notificata in data 17.6.2013, censurandola per violazione dell’art. 1384 c.c..

Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo si impugna la sentenza per violazione dell’art. 1384 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Allega la parte ricorrente che, contestualmente al contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato con Immobiliare Pitella s.r.l. il 29.7.2008, ed al versamento dell’importo di Euro 250.000,00 a titolo di caparra confirmatoria, veniva concesso contemporaneamente in comodato il medesimo immobile a Factory Bag s.r.l. (società alla quale la promittente acquirente aveva intenzione di locare il bene), stabilendo il termine del 30.11.2008, sia per la cessazione del comodato e la restituzione del bene, che per la stipula del rogito di compravendita. L’art. 9 del contratto di comodato prevedeva la clausola penale per il caso di ritardo nella restituzione del bene, in misura pari ad Euro 1.000,00 per ogni giorno di ritardo, decorrente dall’1.12.2008, “da trattenere dal deposito cauzionale finchè capiente”, nonchè l’incameramento “sempre a titolo di particolare penale” del “deposito cauzionale iniziale di Euro 120.000,00 e (di) tutte le integrazioni di Euro 20.000,00 versate mensilmente da Factory Bag”; l’art. 10 del contratto di comodato prevedeva che l’intero deposito cauzionale di ammontare complessivo pari ad Euro 420.000,00- sarebbe stato imputato al prezzo di vendita dell’immobile alla stipula del rogito o incamerato da MAVRE s.r.l. a valere sulla penale (come è dato evincere dalla lettura dei fatti descritti nel ricorso alla pag. 3, alla stipula del comodato erano stati versati -dalla comodataria- Euro 220.000,00 a titolo di deposito cauzionale; successivamente ulteriori Euro 100.000,00 entro il 15.9.2008; ed ulteriori Euro 20.000,00 per ciascun mese, da luglio a novembre 2008, e dunque complessivamente altri Euro 100.000,00. Secondo la ricorrente la intera somma di Euro 420.000,00 era stata corrisposta a titolo di “deposito cauzionale”: a tale importo doveva, quindi, aggiungersi anche l’ulteriore somma di Euro 120.000,00 prevista dall’art. 9 del contratto di comodato a titolo di “deposito cauzionale iniziale” sul quale soltanto si dovevano applicare le trattenute per i singoli importi giornalieri della penale).

Immobiliare Pitella era intervenuta al contratto di comodato, obbligandosi in solido alla comodataria all’adempimento di tutte le obbligazioni assunte da quest’ultima (art. 13 contratto comodato)

Sostiene la ricorrente di essersi determinata alla stipula del comodato intendendo tale contratto come avente funzione esclusivamente strumentale al perfezionamento del rogito di compravendita, così come puntualmente evidenziato alla lett. b) delle premesse del contratto di comodato, sottoscritto anche dalla Immobiliare Pitella s.r.l., e pertanto, ai fini della valutazione dell’interesse del creditore pregiudicato dall’inadempimento della comodataria, occorreva tenere conto del nesso di strumentalità che legava i due contratti, come evidenziato anche dalle disposizioni negoziali che prevedevano, in caso di stipula del rogito, la imputazione dell’intero deposito cauzionale al prezzo della compravendita, mentre in caso di inadempimento, l’incameramento da parte di MAVRE s.r.l. del deposito cauzionale di Euro 220.000,00 versato dalla comodataria a titolo di “ulteriore penale”. Aggiunge la ricorrente che l’elevato importo della “penale giornaliera” aveva la funzione di indurre la comodataria alla restituzione immediata del bene qualora, alla scadenza del termine pattuito, non si fosse stipulato il rogito di compravendita, mentre l’incameramento della “ulteriore penale” era stato previsto in funzione di risarcimento del danno, predeterminato forfetariamente, per la indisponibilità del bene conseguente alla anticipata occupazione dell’immobile da parte di Factory Bag s.r.l. per i quattro mesi intercorrenti tra la data 29.7.2008 di stipula del comodato e la scadenza del termine improrogabile del 30.11.2008 stabilito per la restituzione dell’immobile da parte della comodataria: a tale scopo il valore della “ulteriore penale” era stato commisurato al valore locativo degli immobili di pari categoria, venendo ad ammontare a circa Euro 55.000,00 per ciascuno dei quattro mesi di godimento della comodataria, mentre in caso di ritardo nella riconsegna dell’immobile, sicchè a maggior ragione doveva ritenersi congruo anche l’ammontare di Euro 30.000,00 mensile della penale giornaliera di Euro 1.000,00 che copriva l’ulteriore danno da occupazione indebita, avendo la Corte territoriale omesso di considerare l’interesse di MAVRE s.r.l. di rientrare, in caso di mancata stipula del rogito, quanto prima nel possesso dell’immobile per procedere ad ulteriori vendite, per soddisfare i creditori, essendo stata posta la società in concordato preventivo (omologato dal Tribunale di Firenze in data 14.10.2009: ricorso pag. 18), dopo avere stipulato i predetti contratti.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha affidato le ragioni dell’accertamento della manifesta eccessività della penale:

– al rapporto (pari ad 1/3) tra l’ammontare del risarcimento preventivamente liquidato, calcolato su base annua, ed il prezzo della compravendita;

– alla sproporzione tra l’ammontare mensile della penale (Euro 30.000,00) ed il valore locativo di mercato di immobili di pari categoria (determinato in misura apri al 4-5% del prezzo di vendita);

– alla efficacia deterrente della penale, parametrata ai correnti canoni di mercato, alla prosecuzione della occupazione sine titolo del bene, una volta cessato il comodato, tenuto conto dell’interesse del creditore a rientrare nel possesso dell’immobile, ai fini del suo sfruttamento commerciale.

Premesso che il potere di riduzione equitativa dell’importo fissato con la clausola penale stabilita dalle parti contraenti per il caso di ritardo nell’adempimento deve essere esercitato avendo riguardo all’interesse del creditore al puntuale ed esatto adempimento, essendo riservati al giudice del merito l’apprezzamento in ordine alla eccessività dell’importo della penale e la misura della riduzione di detto importo (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 3998 del 18/03/2003), osserva il Collegio che, altro è censurare la sentenza per avere esercitato tale potere discrezionale (“può essere diminuita”) al di fuori dello schema legale dell’art. 1384 c.c. in violazione dei presupposti che ne condizionano la riduzione (1-parziale esecuzione della obbligazione; 2-ammontare manifestamente eccessivo) e dei parametri legali di valutazione di tendenziale corrispondenza dell’importo predeterminato a titolo risarcitorio all’effettivo interesse avuto dal creditore all’adempimento (o al residuo adempimento), nel momento in cui si è verificato l’inadempimento o il ritardo (interesse che non coincide con la quantificazione del danno risarcibile), altro invece è contestare il risultato della operazione di riduzione condotta dal giudice di merito alla stregua delle coordinate legali sopra indicate: l’apprezzamento sulla eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, nonchè sulla misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientra infatti nel potere discrezionale del giudice di merito il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità, se correttamente fondato, a norma dell’art. 1384 cod. civ., sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 6158 del 16/03/2007).

La critica della ricorrente si incentra sull’argomento secondo cui il Giudice di appello non avrebbe tenuto in debito conto che l’interesse del creditore non era limitabile ai soli danni conseguenti all’inadempimento di un rapporto di comodato o locazione, ma era rivolto in via principale ad incentivare le parti alla attuazione del preliminare di vendita ed al conseguimento del relativo prezzo, ciò rimanendo accertato dal nesso di strumentalità, voluto dalle parti, del rapporto di comodato rispetto al preliminare di vendita: ne segue che l’interesse del creditore che veniva ad essere pregiudicato dal mancato adempimento dell’obbligo restitutorio gravante sulla comodataria e garantito da Immobiliare Pitella s.r.l., non si esauriva nel lucro cessante da impedito sfruttamento locativo del bene, ma si estendeva al maggior danno patrimoniale derivante dalla perdita di occasioni di guadagno riferibili alla vendita del bene, tenuto conto della immediata esigenza di offrire in vendita il bene sul mercato per ricavare le somme necessarie a soddisfare i creditori di MAVRE s.r.l., nelle more collocata in concordato preventivo.

La critica non è diretta, quindi, a rappresentare una difformità dallo schema legale del modo di esercizio del potere discrezionale riservato al Giudice dall’art. 1384 c.c. (“error juris”), ma impinge direttamente inammissibilmente- nel contenuto valutativo dell’apprezzamento degli elementi circostanziali assunti dalla Corte territoriale a base del proprio convincimento (travalicando gli stessi limiti previsti, per la sindacabilità in sede di legittimità dell'”error facti”, dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012 conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, vizio neppure denunciato dalla ricorrente).

Deve soltanto aggiungersi che se, appare aderente alla duplice funzione sanzionatoria-risarcitoria propria della clausola penale, considerare -nella valutazione dell’interesse prevalente del creditore- anche gli eventuali squilibri sopravvenuti dell’assetto economico originariamente concordato dalle parti, non limitandosi quindi ad una considerazione statica del rapporto, con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola, dovendo invece tenersi conto anche delle vicende seguite alla esecuzione del rapporto e fino al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poichè anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui all’art. 2 Cost., artt. 1175 e 1375 cod. civ., conformativi dell’istituto della riduzione equitativa (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 21994 del 06/12/2012), tuttavia gli elementi sopravvenuti debbono rivestire una diretta incidenza sul contenuto o sulla modalità esecutiva della prestazione non adempiuta o adempiuta con ritardo, tale che venga ad essere modificato l’interesse del creditore a riceverla (o il che è a dire la idoneità della prestazione a realizzare il risultato promesso): nella specie l’interesse del creditore in questione era dimensionato in relazione ad un impiego redditizio del bene, con la conseguenza che i parametri economici dell’interesse del creditore dovevano essere individuati nel valore patrimoniale attribuito all’immobile quale bene di scambio (definito dal prezzo concordato nel preliminare di vendita) e nel reddito da esso ritraibili secondo uno sfruttamento conforma alla sua natura (uso diverso da quello abitativo). Ebbene ad entrambi i predetti parametri ha fatto riferimento la Corte d’appello nel valutare l’interesse di MAVRE s.r.l. a riottenere la disponibilità materiale dell’immobile, laddove ha considerato eccessivo l’importo della penale giornaliera alla stregua, non soltanto del valore locativo di mercato del bene, ma altresì dello stesso prezzo di vendita dell’immobile nonchè dell’importo incamerato a titolo di caparra confirmatoria, tenendo quindi conto del legame negoziale previsto dalle parti tra il preliminare di vendita ed il contratto di comodato e della totale inattuazione del complessivo risultato programmato, correttamente operando in conformità alla previsione dell’art. 1384 c.c..

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non dovendo provvedersi sulle spese di lite, in difetto di difese svolte dagli intimati.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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