Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10374 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10374 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 2462-2014 proposto da:
A. 2.2.0.

PRODUTTORI

PROVINCIALE

(ASSOCIAZIONE

OLIVICOLI) P.I. 00970220794, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA FILIPPO

CORRIDONI 25,
DE

dell’avvocato MAURIZIO
2015
133

presso lo studio

FILIPPO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE PITARO, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro
FERRARA

RAFFAELE

C.F.

FRRRFL54M15C352R,

FERRARA

Data pubblicazione: 20/05/2015

5

ANTONINO C.E. FRRNNN56C31C352A, FERRARA FIORENZO C.E.
FRRFNZ57T30C352P, in qualità di figli eredi di Ferrara
Genesio e Battiati Jolanda
ì ed in proprio,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO
N.7, presso lo studio dell’avvocato ANNARITA MANNA,

giusta delega in atti;
– controricornanti –

avverso la sentenza n. 1206/2013 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata

il 10/10/2013

r.g.n.

1180/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito l’Avvocato MENNITI SAVERIO per delega PITARO
GIUSEPPE;
udito l’Avvocato MANNA ANNARITA per delega POLACCO
ANGELO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per l’inammissibilità e in subordine rigetto.

rappresentati e difesi dall’avvocato ANGELO POLACCO,

2

1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Catanzaro, Ferrara Genesi()
chiedeva che venisse riconosciuto che egli aveva intrattenuto dall’1.10.93
al 30.06.00 un rapporto di lavoro subordinato di livello dirigenziale con
l’Associazione Provinciale dei Produttori Olivicoli (APPO) di Catanzaro,
con condanna del datore al pagamento delle relative differenze
retributive.
2.- Accolta la domanda, proponevano appello sia l’Associazione
che il ricorrente, lamentando la prima l’inesistenza della prova della
subordinazione e il secondo la spettanza di alcune voci retributive non
concesse dal primo giudice. Nel corso del giudizio, deceduto il ricorrente,
si costituivano quali suoi eredi i figli Ferrara Raffaele, Ferrara Antonino,
Ferrara Fiorenzo e la vedova Battiati Jolanda.
3.- La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza del 10.10.13
rigettava l’impugnazione principale ed accoglieva parzialmente quella
incidentale, riconoscendo all’istante la spettanza della tredicesima
mensilità. La Corte rilevava che il Ferrara, consigliere del Consiglio
direttivo dell’Associazione, era stato formalmente investito del compito
di coordinare l’attività associativa e di guidare il personale nell’attività di
ufficio e che tale compito egli aveva svolto con modalità tali da
configurare la subordinazione e l’inquadramento nel livello dirigenziale,
attesa la rispondenza delle mansioni espletate a quelle della declaratoria
del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dirigenziale delle
aziende agricole.
4.- La sentenza è impugnata per cassazione dall’Associazione. Si
difendono con controricorso e memoria Ferrara Raffaele, Ferrara
Antonino e Ferrara Fiorenzo, quali eredi di Ferrara Genesi° e di Battiati
Jolanda, anch’essa deceduta nelle more processuali.
Morivi della decisione
5.- L’Associazione deduce due motivi di ricorso.
5.1.- Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 2094 c.c.
contestando l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato di livello
dirigenziale, sostenendo che tutti i compiti espletati dal Ferrara
nell’ambito dell’Associazione dovessero ricollegarsi alla sua carica di
consigliere “delegato” nel Consiglio direttivo del sodalizio, ricoperta per
oltre un ventennio, e che i giudici di merito, non tenendo in adeguato
conto tale circostanza, sarebbero incorsi nel vizio di carente motivazione,
non spiegando come potesse essere compatibile la carica in questione con
la dichiarata posizione subordinata.
In particolare non sarebbe stata data prova idonea che le mansioni
dedotte dal ricorrente esorbitassero da quelli propri del consigliere
delegato e dalla delega dì poteri riservatagli dal Direttivo, né che le
3. Ass. prov. prod. oli-vicoli c. Ferrara Raffaele ed altri (r.g. 2462-14)

1

Svolgimento del processo

3. Ass. prov. prod. olivicoli c. Ferrara Raffaele ed altri (r.g. 2462-14)

2

mansioni stesse fossero espletate in regime di subordinazione, non
essendo rilevabili gli indici caratteristici di tale regime giuridico.
5.2.- Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 2697
c.c. e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione
tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. La Corte d’appello avrebbe
omesso di valutare “copiose risultanze probatorie emerse nel corso del
processo … tutte concordi nell’escludere l’esistenza di un qualsivoglia
vincolo di subordinazione”.
6.- Deve premettersi che la Corte d’appello, preso atto della tesi
dell’Associazione appellante ed odierna ricorrente, ha rilevato che la
circostanza che il Ferrara fosse componente del Consiglio direttivo e
fosse stato officiato dallo stesso Consiglio “di curare gli adempimenti
interni ed esterni dell’associazione e di mantenere i rapporti con i soci
…”, non esclude di per sé l’esistenza della subordinazione, in quanto non
esiste incompatibilità tra le funzioni in questione e la figura del lavoro
subordinato. La Corte ha pertanto esaminato gli elementi probatori
emersi nell’istruttoria ed ha riscontrato che nella specie il rapporto di
collaborazione tra l’attore originario e l’Associazione aveva comportato
l’assoggettamento del primo al potere direttivo, di controllo e disciplinare
dell’organo di amministrazione della seconda, nella pratica riscontrando la
sussistenza dei requisiti che la giurisprudenza di questa Corte ritiene
sintomatici della subordinazione.
Tale pronunzia, di per sé corretta tanto nell’applicazione del
principio di diritto che nella costruzione argomentativa, viene contestata
dall’Associazione formalmente per vizio di legittimità, ma nella sostanza
per carenza di motivazione, atteso che essa lamenta la inidonea
valutazione degli elementi di prova e l’omessa considerazione di “copiose
risultanze probatorie”.
7.- Essendo la sentenza impugnata pubblicata in data 10.10.13, i
motivi debbono essere esaminati alla luce del nuovo testo dell’art. 360, n.
5, c.p.c., che ammette il ricorso in caso di “omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”,
introdotto dall’art. 54 del d.l. 22.06.12 n. 83, conv. dalla 1. 7.08.12 n. 134
ed in vigore daP11.08.12, data in cui è parimenti entrata in vigore la legge
di conversione.
8.- Nel riformulare il n. 5) dell’art. 360 c.p.c. il legislatore ha evitato
ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata e
alla sua omissione, insufficienza e contraddittorietà, con il dichiarato
intento di evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di
motivazione. Circa la portata e l’interpretazione di questa norma la
giurisprudenza delle Sezioni unite (sentenze 18.04.14 n. 9032 e 7.04.14 n.
8053) ha formulato i seguenti principi di diritto:
a) la riformulazione dell’art. 360, n. 5) deve essere interpretata
come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione
in sede di giudizio di legittimità.

MI

Per questi motivi

I.

La Corte così decide;
a) rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in € 100 (cento) per esborsi ed in € 4.000
3. Ass. prov. prod. olivicoli c. Ferrara Raffaele ed altri (z.g. 2462-14)

3

b) il nuovo testo del n. 5) introduce nell’ordinamento un vizio
specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (e, quindi, se
esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio
di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante sia stato
comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non
abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
d) la parte ricorrente dovrà indicare — nel rigoroso rispetto delle
previsioni di cui agli artt. 366, c. 1, n. 6), c.p.c. e 369, c. 2, n. 4), c.p.c. — il
“fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o
extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel
quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti,
e la “decisività” del fatto stesso.
9.- Entrambi i motivi sono inammissibili in quanto deducono vizi
non riconducibili al nuovo art. 360, n. 5, denunziando esclusivamente la
pretesa insufficienza della motivazione data dal Collegio decidente a
proposito della valutazione delle risultanze istruttorie. Tuttavia, secondo
la giurisprudenza sopra riferita, l’anomalia motivazionale ora denunciabile
in sede di legittimità “è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé,
come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le
risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del
difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile
fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”.
10.- Il secondo motivo è, in ogni caso, formulato in maniera
carente, in quanto pur denunziando la mancata valutazione di molteplici
risultanze processuali, non indica al Collegio di legittimità quali siano nel
caso concreto gli elementi istruttori che si assumono pretermessi.
11.- Tale carenza e, prima ancora, la non riconducibilità di
entrambi i motivi al nuovo canone dell’art. 360. n. 5, c.p.c., comporta la
loro inammissibilità.
12.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, tome
liquidate in dispositivo.

(quattromila) per compensi oltre Iva, Cpa e spese forfettarie nella misura
del 15%;
b) ai sensi dell’art. 13: c. 1 quater, del d.P.R. 30.05.02 n. 115, dà atto
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dell’Associazione
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del c. 1 bis dello stesso art. 13.

hp 4i.te

Così deciso in Roma il 14 gennaio 2015

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