Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10372 del 13/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10372 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FRATER Marcello e SONCIN Clara, rappresentati e difesi, per
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Rodolfo Bevilacqua, elettivamente domiciliati in Roma, via
Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’Avvocato Luigi
manzi;
ricorrenti
contro
VECCHIATI Angela;
– intimata

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di
Venezia n. 1976 del 2012, depositata in data 19 settembre
2012.

Data pubblicazione: 13/05/2014

Udita la relazione della causa svolta nella camera di

consiglio dell’il aprile 2014 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Federica Manzi con delega.
che, con atto di citazione notificato il 13

febbraio 2001, la sig.ra Vecchiati Angela, premesso che aveva acquistato un fondo rustico in località CavallinoTreporti (VE), confinante ad ovest con il fondo di proprietà di Soncin Clara e Frater Marcello, e premesso altresì
che quest’ultimo aveva contestato il confine tra i due fondi, chiedeva al giudice di determinare l’esatto confine tra
le proprietà in questione e di ordinare l’apposizione di
termini lapidei;
che i convenuti resistevano in giudizio affermando che
il confine non aveva mai costituito oggetto di contestazione in quanto era delimitato sin dal 1980;
che il Tribunale di Venezia rigettava integralmente la
domanda attrice, accertando come il corretto confine tra i
fondi corrispondesse a quello presente in loco da sempre e
condannava l’attrice al pagamento delle spese processuali;
che avverso tale sentenza proponeva appello la sig.ra
Vecchiati lamentando, tra l’altro, che il giudice di primo
grado avesse quantificato in maniera eccessiva le spese di
soccombenza, ritenendo la causa di valore indeterminabile,
anziché compreso entro la somma di euro 5.200,00;

Ritenuto

che l’appellante sosteneva infatti come il valore della
causa andasse individuato moltiplicando per duecento il
reddito dominicale della parte di terreno controversa, che
indicava in mq. 64,29;

della decisione di primo grado;
che, con sentenza n. 1976 del 2012, la Corte d’Appello
di Venezia accoglieva l’appello in relazione al punto concernente le spese di lite, individuando il valore della
causa in euro 402,84, e rideterminando le spese sulla base
di tale parametro per entrambi i gradi, ponendole a carico
della Vecchiati per tre quarti, compensando il restante
quarto;
che per la cassazione di tale provvedimento hanno proposto ricorso i sigg.ri Frater e Soncin, sulla base di due
motivi di ricorso;
che, con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dei criteri per la quantificazione del valore delle cause relative alla delimitazione
dei confini stabiliti dall’art. 15 cod. proc. civ.: la Corte d’Appello, sostengono i ricorrenti, avrebbe dovuto considerare la parte controversa di terreno indeterminata, in
quanto il predetto art. 15 cod. proc. civ. richiede che la
determinazione del valore sia desumibile dagli atti di causa che, nel caso specifico, non fornivano alcun dato utile;

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che gli appellati si costituivano chiedendo la conferma

che, con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.:
il giudice d’appello avrebbe disposto la compensazione di
parte delle spese processuali sebbene essi non fossero sta-

che l’intimata non ha spiegato difese;
che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio è stata redatta
relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è
stata comunicata alle parti.
Considerato che il relatore designato ha formulato la
seguente proposta di decisione, che è stata comunicata alle
parti:
«HA] Il ricorso è infondato.
Il primo motivo è inammissibile.
A

prescindere

infatti

dall’errore

contestato

e

dall’eventuale fondatezza nel merito dello stesso, la censura veicolata con il motivo in esame risulta inammissibile
in quanto mira, di fatto, ad ottenere la determinazione
delle spese sulla base del parametro, già applicato dal
giudice di primo grado, del valore indeterminabile della
causa, senza tuttavia dedurre in alcun modo che la liquidazione delle spese effettuata dalla Corte d’appello risulti
inferiore ai minimi tariffari applicabili per quello scaglione. Invero, la proposizione della impugnazione in ordi-

ti soccombenti nei due precedenti gradi di giudizio;

ne alla determinazione delle spese da parte del giudice di
primo grado abilitava la Corte d’appello a procedere ad una
nuova determinazione delle stesse; il fatto che ciò sia avvenuto, in ipotesi anche erroneamente, assumendo a riferi-

ricorrenti dall’onere di dedurre e dimostrare che la liquidazione in concreto effettuata dal giudice di appello fosse
inferiore ai minimi tariffari applicabili per il caso in
cui la causa fosse stata considerata di valore indeterminabile. Invero, in mancanza di tale specifica indicazione, la
sentenza che accogliesse il motivo di ricorso rischierebbe
di essere del tutto inutile ove i diritti e gli onorari liquidati dalla Corte d’appello fossero superiori ai minimi
dello scaglione del quale i ricorrenti invocano
l’applicazione. Ma, appunto, il ricorso è sul punto del
tutto carente, non potendosi ritenere che la censura sia
stata ritualmente introdotta mediante il richiamo alla liquidazione effettuata dal Tribunale.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
I ricorrenti lamentano infatti la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., poiché il giudice
d’appello ha compensato le spese per ’42 tra le parti:
l’erroneità dell’applicazione della norma in esame sarebbe,
sempre a detta dei ricorrenti, da ricercarsi nel fatto che
essi non sono risultati soccombenti in alcuno dei due pre-

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mento uno specifico valore della controversia non esimeva i

cedenti gradi di giudizio. Tuttavia la norma di cui si lamenta la violazione e falsa applicazione è l’art. 91, che
si limita a prevedere la condanna alle spese del soccombente, mentre nel caso di specie è stata decisa una parziale

quale richiede che la scelta effettuata dal giudice sia motivata esplicitamente; motivazione di fatto esistente e non
contestata dal ricorrente.
Si ritiene, quindi, che il ricorso possa essere deciso in
camera di consiglio, e, qualora il Collegio ritenga di condividere le considerazioni sopra svolte, se ne propone il
rigetto»;
che il Collegio condivide la richiamata proposta di decisione, alla quale, del resto, non sono state rivolte critiche con memoria difensiva;
che, quanto alle deduzioni svolte dalla difesa della
ricorrente in sede di discussione, deve rilevarsi che le
stesse non appaiono idonee ad indurre a differenti conclusioni, atteso che la Corte d’appello ha applicato la compensazione nella indicata misura sia con riguardo alle spese del giudizio di appello che a quello di primo grado, legittimamente rideterminate dal giudice di appello in presenza di specifico motivo di gravame, sicché valgono in
proposito le argomentazioni già svolte nella richiamata relazione;

compensazione, regolata dall’art. 92 cod. proc. civ., il

che, dunque, il ricorso deve essere rigettato;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimata svolto attività difensiva;

mento in esame è assoggettato al pagamento del contributo
unificato, deve dichiararsi la sussistenza delle condizioni
di cui al comma 1-quater

dell’art. 13 del testo unico ap-

provato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto
dall’art. l, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma

1-quater,

del d.P.R. n.

115 del 2002, inserito dall’art. l, comma 17, della legge
n. 228 del 2012,

dichiara

la sussistenza dei presupposti

per il versamento, da parte dei ricorrenti Marcello Frater
e Clara Soncin, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, in
data 11 aprile 2014.

che, risultando dagli atti del giudizio che il procedi-

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