Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10370 del 11/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 11/05/2011), n.10370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore centrale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ALIMSARDA srl, rappresentata e difesa dall’avv. RUGGIERI Gianfranco,

presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma in Via Claudio

Monteverdi n. 16;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sardegna n. 53/8/06, depositata l’8 giugno 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna n. 53/8/06, depositata l’8 giugno 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Nuoro, confermava l’annullamento dell’avviso di rettifica della dichiarazione IVA relativa all’anno 1998, emesso a carico della srl Alimsarda, con il quale, a seguito di verifica della Guardia di finanza, era stata contestata l’emessa fatturazione degli imponibili corrispondenti alle movimentazioni effettuate sui conti correnti bancari della società, in relazione alle quali erano state rilevate incongruenze.

La contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., con il quale l’Agenzia delle entrate censura la sentenza per violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51 e art. 2697 cod. civ., assumendo che la prima delle disposizioni in rubrica porrebbe una presunzione legale in ordine alle finalità commerciali dei prelevamenti e dei versamenti risultanti dai conti bancari, che dovrebbero essere perciò considerati quali costi o corrispettivi non dichiarati, quando non trovino corrispondenza nelle scritture contabili regolarmente tenute ed il contribuente, sul quale graverebbe il relativo onere, non dimostri che ne ha tenuto conto ai fini fiscali, o che si riferiscono ad operazioni non imponibili.

Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di accertamento dell’IVA, la presunzione, stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo il quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili, ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime IVA, eventualmente dalla persona fisica, e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti; essa può essere vinta dal contribuente che offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili: la prova che il contribuente è tenuto a dare della non riferibilità ad operazioni imponibili deve essere specifica e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, tale cioè da dimostrare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili (Cass. n. 28324 del 2005, n. 1739 del 2007, n. 9146 del 2010).

La ratio decidendi della sentenza impugnata – secondo cui non esiste prova idonea a dimostrare che l’importo contestato sia realmente attribuibile ad omessa fatturazione di operazioni imponibili a carico della società, spettando all’amministrazione che vanti un credito di provare i presupposti del proprio diritto; e secondo cui l’accertata esistenza di movimenti finanziari non conduce inequivocabilinente a corrispettivi non contabilizzati di attività d’impresa, essendo in astratto possibile la loro imputabilità a tutt’altri rapporti ed affari, spettando comunque all’Ufficio la prova positiva della corrispondenza di tali conti alla realtà dell’imputazione, non potendo (sì, in base a) le presunzioni utilizzate, prive dei requisiti prescritti, senza altri elementi integrativi, risalire all’attività dell’impresa. Trattandosi di rettifica delle dichiarazioni sulla scorta di movimenti sui conti correnti bancari della società inquisita, è necessario quindi che ogni movimento deve essere effettivamente riferibile ad operazioni della società stessa – non è conforme ai principi sopra enunciati.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso, possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sardegna.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sardegna.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2011

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