Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1037 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 27/10/2020, dep. 20/01/2021), n.1037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31317/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12

– ricorrente –

contro

M.C. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

SARZOTTI BRUNO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

IOPPOLI FRANCESCO in Roma, Via Trionfale, 5697;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte, n. 541/18 depositata in data 21 marzo 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 27 ottobre 2020 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Risulta dalla sentenza impugnata che il contribuente M.C. ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta dell’anno 2010, emesso a seguito di PVC nei confronti della associazione “Polisportiva Amici di Chiomonte”, con il quale era stata rilevata la mancata emissione di scontrini fiscali del bar dell’associazione, avviso notificato al contribuente quale coobbligato in solido con l’associazione a termini dell’art. 38 c.c..

La CTP di Torino ha accolto il ricorso del contribuente e la CTR del Piemonte, con sentenza in data 21 marzo 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Il giudice di appello ha evidenziato come il ricorrente abbia agito in proprio e non quale legale rappresentante dell’associazione. Ha, inoltre, ritenuto che la responsabilità dell’associazione, quanto alle violazioni fiscali, non sarebbe potuta ricadere sul contribuente, sia in quanto la responsabilità non può derivare per il mero fatto di avere ricoperto cariche di vertice senza che fosse svolta attività gestoria, sia in quanto l’attività gestoria relativa alla gestione del bar era stata svolta da un terzo, il quale si era fatto carico dei relativi oneri fiscali; la sentenza di appello ha, infine, escluso che possa avere rilievo l’acquiescenza del contribuente a un avviso di accertamento per altra annualità di imposta, stante l’autonomia dei periodi di imposta.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a un solo motivo, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso parte contribuente.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1 – Con l’unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che possa fondarsi la responsabilità del contribuente sul mero fatto che il contribuente abbia ricoperto “cariche di vertice” dell’associazione. Deduce il ricorrente che delle obbligazioni tributarie dell’associazione rispondono in ogni caso solidalmente e personalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione per il fatto della mera sussistenza della carica, posto che l’obbligazione tributaria non sorge su base negoziale ma ex lege.

2 – Il ricorso, modificandosi la proposta del relatore alla luce di quanto dedotto dal patrono erariale in memoria, è ammissibile.

2.1 – Il ricorrente ha preso atto che la sentenza impugnata ha escluso la responsabilità del contribuente sul presupposto che non risponde delle obbligazioni tributarie dell’associazione chi riveste la carica di vertice, bensì colui che ha gestito in concreto la associazione non riconosciuta, evidenziando che chi aveva gestito l’associazione fosse un terzo (“all’epoca dei fatti era vigente fra l’associazione e la signora P., che si occupava della gestione del bar, un accordo di collaborazione che prevedeva come fosse quest’ultima a farsi carico degli oneri fiscali verso l’Erario”). Il ricorrente, pur non censurando espressamente ai fini della responsabilità tributaria la pattuizione negoziale volta ad individuare un soggetto gestorio ai fini tributari, ha ritenuto l’irrilevanza nei confronti dell’Amministrazione finanziari di tale circostanza in forza della disposizione di cui all’art. 38 c.c., secondo la quale – diversamente da quanto sostenuto dalla sentenza impugnata – la responsabilità tributaria incomberebbe in ogni caso sulla carica di vertice dell’associazione, indipendentemente dall’esistenza di attività gestoria svolta in concreto dal legale rappresentante.

2.2 – Nè può evidenziarsi una autonoma ratio decidendi nell’accertamento della responsabilità del terzo gestore, essendo argomento speso dalla sentenza impugnata al fine di specificare chi, in forza del principio enunciato (il responsabile delle obbligazioni dell’associazione non riconosciuta è solo chi ha posto in essere comportamenti concretamente gestori), risponderebbe degli obblighi tributari in relazione al profilo denunciato dal ricorrente.

2.3 – Il ricorso aggredisce, pertanto, l’unica ratio decidendi, secondo cui il contribuente non risponderebbe in quanto responsabile sarebbe il gestore di fatto del bar dell’associazione.

3 – Fatta tale premessa, il ricorso è fondato.

3.1 – In tema di associazioni non riconosciute la responsabilità personale e solidale di chi abbia agito in nome e per conto dell’associazione è inquadrabile tra le garanzie ex lege (Cass., Sez. I, 17 giugno 2015, n. 12508), la quale si aggiunge alla responsabilità del fondo comune, stante l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente (Cass., Sez. III, 17 gennaio 2008, n. 858).

3.2 – Vero è che è stato affermato da questa Corte il principio secondo cui la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto.

3.3 – Tuttavia tale principio riguarda le obbligazioni negoziali contratte dall’associazione, che presuppongono necessariamente lo svolgimento di attività gestoria di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione (Cass., Sez. VI, 4 aprile 2017, n. 8752; Cass., Sez. III, 16 gennaio 2006, n. 718), il quale crea con i terzi rapporti obbligatori (Cass., Sez. III, 25 agosto 2014, n. 18188). Diversamente – secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte – questo principio non è applicabile ai debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale ma ex lege, in relazione al cui insorgere la responsabilità non è legata a una concreta attività gestori ma in base alla carica ricoperta, dovendosi presumere che il legale rappresentante abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione (Cass., Sez. V, 24 luglio 2019, nn. 19984, 19982; Cass., Sez. VI, 22 gennaio 2019, n. 1602; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2018, n. 25650; Sez. VI, 26 settembre 2018, n. 22861; Cass., Sez. V, 23 febbraio 2018, n. 4478; Cass., Sez. V, 12 marzo 2007, n. 5746), tanto che egli può andare esente da responsabilità solo ove dimostri l’avvenuta cessazione dalla carica (Cass., Sez. V, 22 ottobre 2019, n. 26924).

3.4 – E’, pertanto, sufficiente, ai fini della responsabilità tributaria, l’avere ricoperto la carica di vertice di una associazione non riconosciuta, non costituendo l’esercizio di attività gestoria dell’associazione fatto costitutivo della pretesa tributaria.

4 – La sentenza impugnata, nella parte in cui ha richiesto che l’Ufficio dovesse dare la prova che il contribuente abbia concretamente agito in nome e per conto dell’ente, ponendo in essere attività gestoria, non ha fatto corretto governo dei suddetti principi.

Il ricorso va, pertanto, accolto, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

 

 

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