Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1037 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. I, 17/01/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 17/01/2020), n.1037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31659/2018 proposto da:

O.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Antonio Fascia, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 841/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/11/2019 dal Cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 16 maggio 2018, respinge il ricorso proposto da O.M., cittadino della Nigeria proveniente da Edo State, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente avverso provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il Tribunale ha diffusamente e puntualmente esposto le plurime ragioni fattuali che lo hanno condotto a ritenere non attendibile la narrazione resa dal richiedente, riguardante una situazione di conflitto privato a sfondo religioso;

b) la articolata motivazione dell’ordinanza qui impugnata non è stata oggetto di critica puntuale nell’atto di appello, risultando del tutto inappropriato il richiamo ivi contenuto al referto medico-legale allegato, visto che da tale referto risulta escluso che le cicatrici rivenute sul corpo del ricorrente siano quelle tipiche da acido corrosivo (in accordo a quanto narrato dall’interessato), trattandosi piuttosto di cicatrici da strumenti a margine tagliente o da corpo contundente;

c) pertanto, l’unico dato oggettivo a disposizione smentisce l’attendibilità del racconto e porta a confermare la valutazione negativa della credibilità dello stesso e quindi il rigetto delle domande volte ad ottenere lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b);

d) a prescindere dalla soggettiva attendibilità e veridicità delle circostanze che, secondo l’interessato, ne hanno determinato l’emigrazione, va esclusa anche la possibilità di concedere la protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, medesimo art. 14, lett. c), in quanto le notizie raccolte da aggiornate fonti internazionali affidabili evidenziano che in Edo State e in Delta State si riscontra soprattutto la presenza di una criminalità sostanzialmente comune, mentre non possono dirsi presenti situazioni di violenza indiscriminata o di conflitto armato – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – che possano coinvolgere il ricorrente;

e) infine, non è possibile accordare neppure la protezione umanitaria, in quanto la valutazione di soggettiva inattendibilità del richiedente impedisce di poter formulare un qualche plausibile apprezzamento in ordine ad una condizione soggettiva o oggettiva di vulnerabilità tale da consentire di giungere ad una conclusione diversa;

f) peraltro, la documentazione relativa all’avvenuto svolgimento di un tirocinio lavorativo e alla prestazione di attività di volontariato non è sufficiente a dimostrare un reale radicamento in Italia e comunque la rilevata inattendibilità soggettiva non consente di formulare considerazioni fondate con riguardo alla valutazione comparativa della situazione vissuta in Italia rispetto alla situazione personale in patria, mentre per quanto si è detto è da escludere che, in caso di rimpatrio, nello Stato di provenienza (Edo State) il richiedente possa essere deprivato della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani fondamentali;

3. il ricorso di O.M. domanda la cassazione della suddetta sentenza per un unico articolato motivo; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso si denunciano: 1) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; 2) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e art. 2, lett. e) e g); D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19; L. 24 luglio 1954, n. 722 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951); 3) del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113;

1.1. il ricorrente sostiene che la valutazione della Corte d’appello di inattendibilità del racconto non troverebbe riscontro nelle diffuse argomentazioni con le quali l’interessato ha sempre sostenuto di essere stato costretto a fuggire dal proprio Paese perchè era stato sottoposto, per motivi religiosi, a violenze fisiche e psicologiche ed aveva rischiato di essere ucciso (come il padre e i suoi fratelli);

1.2. si contesta anche il risultato dell’esame del referto medico effettuato dal Giudice di appello nonchè quanto affermato a proposito della situazione di Edo State;

1.3. pertanto si sostiene che dato il pericolo di vita e la violenza diffusa nel Paese di origine non potrebbero essere negati al ricorrente lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, essendo da escludere che la vicenda narrata riguardi una semplice questione tra privati, visto che si inserisce in un Paese dove è diffusa la violenza e l’assenza e/o la corruzione degli uomini delle Istituzioni;

1.4. nella descritta situazione il richiedente dovrebbe essere considerato meritevole almeno della protezione umanitaria essendo in una situazione di vulnerabilità per il fatto che l’unica sua possibilità di sopravvivenza sarebbe quella di tornare nella sua città di origine dove però sarebbe esposto al rischio di essere ucciso per le ragioni indicate;

1.5. in subordine potrebbe beneficiare del permesso di soggiorno per motivi di salute previsto dal D.L. n. 113 del 2018;

2. l’esame dei motivi di censura porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

3. il primo profilo di formulato come omissione, insufficienza e contraddittorietà motivazionale è inammissibile perchè il vizio della motivazione così formulato non costituisce più ragione cassatoria, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134;

3.1. infatti, in base a quest’ultima disposizione è deducibile per cassazione esclusivamente l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, il che alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, equivale alla riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità;

3.2. pertanto, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (vedi, fra le tante: Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207);

3.3. vizi, questi ultimi, che non sono dedotti con riguardo alla decisione impugnata;

4. anche gli altri profili di censura sono inammissibili, in quanto, sono formulati senza l’osservanza del fondamentale principio secondo cui i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di identificare la critica mossa ad una parte ben specificata della decisione espressa (vedi, di recente: Cass. 22 gennaio 2018, n. 1479);

5. pertanto, se nel ricorso per cassazione si denuncia l’esistenza di una violazione di legge, si deve chiarire a pena di inammissibilità l’errore di diritto imputato al riguardo alla sentenza impugnata, in relazione alla concreta controversia (Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21672);

6. in caso contrario, la censura – pur formalmente formulata come vizio di violazione di norme legge – nella sostanza si traduce in una inammissibile denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, effettuata nell’esercizio di un sindacato non censurabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione, peraltro nei ristretti limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, di cui si è detto;

7. ciò è quanto si verifica nella specie, visto che con i profili di censura in oggetto non si denunciano vizi propri della sentenza impugnata per violazioni di norme di diritto nel modo anzidetto, ma principalmente si prospettano genericamente carenze ed errori della sentenza stessa e sostanzialmente ci si limita a contestare la valutazione delle risultanze processuali fatta dai giudici del merito;

8. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato in ammissibile;

7. nulla si deve disporre per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto il Ministero intimato non ha svolto difese in questa sede;

8. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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