Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10369 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 29/04/2010), n.10369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7256/2007 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ZANARDELLI

36, presso lo studio dell’avvocato BLASI Giovanni, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato TORTORICI FILIPPO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

LEGALE RAPRESENTANTE PRO TEMPORE DELLA DITTA “AUTO PRONTA”,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato AUGELLO Antonino,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1265/2006 del GIUDICE DI PACE di PALERMO, del

24/1/06, depositata il 02/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Palermo (l’indicazione della sede, negligentemente omessa nell’intestazione della sentenza e nel corpo della motivazione, che si riferisce a una “intestata Autorità Giudiziaria, si può desumere dai timbri di cancelleria e dagli atti inoltrati dal ricorrente) con sentenza del 2 febbraio 2006 rigettava le domande proposte da C.F. avverso la concessionaria Auto Pronta di Tumminello Giovanni. Il C. aveva richiesto il risarcimento dei danni subiti nel (OMISSIS) a causa del malfunzionamento e del fermo tecnico del veicolo Renault tg. (OMISSIS).

Il C. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 25 febbraio 2007, al quale l’intimata ha resistito con controricorso.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato.

Le parti hanno discusso il ricorso sul presupposto che la controversia rientri tra quelle soggette alla decisione secondo equità ex art. 113 c.p.c., comma 2, perchè il valore non eccede i millecento Euro.

In tal caso il ricorso sarebbe inammissibile, o comunque da rigettare, per l’inammissibilità di entrambi i motivi. Le censure consistono infatti nella denuncia di violazione del principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.) e nella sussistenza di vizi di motivazione, presentati come violazione degli artt. 116, 118 e 132 c.p.c.. Quanto al primo rilievo va osservato che secondo le Sezioni Unite di questa Corte (n. 564/09) “la violazione dell’art. 2697 cod. civ., sull’onere della prova pone una regola di diritto sostanziale, che dà luogo ad un “error in iudicando” non deducibile con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità”.

Quanto al secondo la stessa sentenza e moltissime altre “ricordano che avverso dette sentenze non è denunciabile il vizio di motivazione, ma solo nullità attinente alla motivazione, in quanto essa sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà. Poichè nella specie la motivazione è adeguata e congrua e non presenta alcun profilo riconducibile a tali gravissimi vizi, anche detta censura era inammissibile. Il Collegio deve tuttavia osservare che il ricorso è inammissibile, in quanto la controversia non rientra tra quelle di cui all’art. 113 c.p.c., comma 2, atteso che il valore della domanda superava i limiti della competenza secondo equità del giudice di pace (Euro millecento).

Dalle conclusioni dell’attore riportate in sentenza si rileva infatti che il C. aveva richiesto le seguenti voci di danno:

spese riparazioni varie per 780,57 Euro; ulteriore importo di 120,00 Euro per fermo tecnico; ulteriori 120 euro per danno non patrimoniale. Queste due ultime voci erano però quantificate in alternativa con l’espressa ripetuta formula “ovvero la diversa somma, minore o maggiore, che dovesse essere valutata dal giudice in via equitativa. In tal caso (Cass. 15698/06) la formulazione di questa seconda richiesta alternativa non può essere considerata – agli effetti dell’art. 112 cod. proc. civ. – come meramente di stile, in quanto essa (come altra consimili), lungi dall’avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all’ammontare della somma determinata che venga indicata nelle conclusioni specifiche. Ne discende che la suddetta richiesta alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma domandata, con la conseguenza che la domanda, ai sensi della seconda proposizione dell’art. 14 cod. proc. civ., si deve presumere di valore eguale alla competenza del giudice adito e che, ai sensi del comma 3, della stessa norma, in difetto di contestazione da parte del convenuto del valore così presunto, quest’ultimo rimane “fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito”, cioè nel massimo della competenza per valore del giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella proposta. (Cass. 6658/07; 18778/07; 9138/07).

Ne consegue che la sentenza resa nel giudizio instaurato formulando siffatte domande è impugnabile con l’appello.

Il ricorso immediato per cassazione proposto dal C. è dunque inammissibile.

Discende da quanto esposto anche la condanna di parte ricorrente alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 800,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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