Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10368 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. I, 01/06/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 01/06/2020), n.10368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36090/2018 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Rosa Vignali, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3270/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Napoli, pubblicata il 30 giugno 2018, con cui è stato respinto il gravame proposto da S.S. avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale di Napoli. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato; ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su quattro motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c. e la carenza assoluta di motivazione, nonchè la motivazione apparente. Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe dovuto illustrare le ragioni che la portavano a condividere la pronuncia di primo grado: ciò che non sarebbe invece accaduto.

Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Viene osservato che, con riferimento alle dichiarazioni del richiedente, la Corte di appello avrebbe trascurato di porre in atto una attività, anche ufficiosa, di verifica e riscontro delle medesime anche alla luce delle informazioni relative alla situazione del paese di origine.

Con il terzo motivo è lamentata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. La Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto mancanti i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria escludendo la presenza delle condizioni di violenza indiscriminata, “quando invece le minacce di natura privata se accompagnate dalla mancata reazione repressiva dell’ordinamento configurano i presupposti del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14”.

Il quarto motivo oppone la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Viene imputato alla Corte territoriale di non aver adeguatamente valutato la situazione oggettiva e attuale del paese di origine del richiedente la protezione, nonchè la condizione di vulnerabilità determinata dal rientro in patria, oltre al fatto che il richiedente asilo si trova già da cinque anni nel nostro paese ed è inserito nel mondo lavorativo.

2. – Il primo motivo è fondato.

La Corte di merito si è limitata ad osservare che, a fronte delle dichiarazioni del richiedente, il quale aveva riferito di essersi allontanato dal suo paese in ragione della difficile condizione economica, legata a questioni proprietarie e ai debiti contratti, mancavano totalmente i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e per la concessione della protezione sussidiaria.

Lo stesso istante aveva tuttavia dedotto, in appello, come il giudice di prime cure avesse aderito acriticamente alle valutazioni della Commissione territoriale, senza prendere in considerazione “che le ragioni del timore di rientro in patria erano da ascriversi alla paura di persecuzioni legati all’abuso di potere tipico del paese in questione e dunque alle conseguenze che ne derivano” (ricorso, pag. 4). Sul punto l’istante richiama il contenuto delle dichiarazioni da lui rese avanti alla nominata Commissione, in cui aveva evidenziato come l’autorità di polizia non lo avesse posto nelle condizioni di sporgere la denuncia contro gli atti di sopraffazione di cui era stato oggetto da parte del governatore del villaggio (pag. 3).

La pronuncia è totalmente carente dell’esame di tale profilo, il quale assume incontestabile rilievo avendo anche riguardo alla previsione contenuta nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c), secondo cui i responsabili della persecuzione e del danno grave sono anche soggetti non statuali, se lo Stato, i partiti e le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio non possono o non vogliono fornire protezione.

Nè il vizio potrebbe essere escluso ritenendo che il giudice di appello abbia motivato per relationem, facendo riferimento alla decisione di primo grado. Tale motivazione è infatti ammessa nei soli casi in cui il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 5 agosto 2019, n. 20883; Cass. 5 novembre 2018, n. 28139).

3. – I restanti motivi restano assorbiti.

4. – La sentenza è quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, la quale statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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