Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10366 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/06/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 01/06/2020), n.10366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3352-2019 proposto da:

C.U., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANO PIERANTOZZI;

– ricorrente –

contro

T.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 920/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 14/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Il giudizio trae origine dalla richiesta di decreto ingiuntivo proposto, innanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, dall’arch. T.R. nei confronti di C.U., per il pagamento di crediti professionali. A seguito della concessione del decreto ingiuntivo, il C. propose opposizione ed eccepì la prescrizione presuntiva del credito.

1.1.Il Tribunale accolse l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo.

1.2.La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 28.11.2017, pubblicata il 14.6.2018, accolse l’appello della T., rigettando l’eccezione di prescrizione. Rilevò che il C. aveva contestato il quantum del credito della professionista, ritenendolo eccessivo in relazione all’attività svolta e, in tal modo, aveva riconosciuto l’esistenza del debito. La contestazione dell’importo rendeva, quindi, inoperante l’eccezione di prescrizione presuntiva.

2.Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso C.U. sulla base di due motivi.

2.1. T.R. non ha svolto attività difensiva.

3.Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2959 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, 3, per avere la corte di merito erroneamente ritenuto che il riconoscimento di aver versato la somma di Euro 2.500,00, a tacitazione delle pretese della professionista, costituisse riconoscimento del debito. Secondo il ricorrente, poichè la professionista aveva contestato il quantum, egli avrebbe estinto integralmente e non parzialmente la sua obbligazione con il versamento dell’importo di Euro 2500,00.

1.1.Il motivo non è fondato.

1.2. L’ammissione del debitore di non aver estinto il debito ovvero la contestazione, da parte dello stesso, dell’entità del credito azionato, comporta, ai sensi dell’art. 2959 c.c. il rigetto dell’eccezione di prescrizione; in particolare, l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva è preclusa in tutte le ipotesi in cui il debitore ammetta di non aver estinto il debito ovvero contesti, anche per implicito, l’entità della somma richiesta, circostanza, quest’ultima, implicante, in ogni caso, il riconoscimento della sia pur parziale permanenza del rapporto controverso e l’incompatibilità col presupposto richiesto per l’applicazione della prescrizione presuntiva, costituito dalla presunzione di avvenuta estinzione del debito (Cassazione civile sez. II, 28/05/2014, n. 11991).

1.3.La corte di merito ha correttamente applicato i principi affermati da questa Corte, in quanto, come risulta dall’impugnata sentenza, il C. aveva contestato l’importo richiesto dalla professionista, ritenendo che non fosse congrue in relazione all’attività svolta.

1.4 Detta contestazione del quantum della pretesa implica l’ammissione della mancata estinzione dell’obbligazione e, pertanto, comporta, ai sensi dell’art. 2959 c.c., il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva, opposta dal medesimo (Cassazione civile sez. VI, 05/06/2019, n. 15303).

2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omessa o errata interpretazione degli artt. 91 e 93 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per avere la corte di merito disposto la condanna alle spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza, mentre avrebbe dovuto compensarle considerando il ridimensionamento della pretesa del professionista rispetto alla pretesa originaria.

2.1.11 motivo non è fondato.

2.2.La L. n. 263 del 2005 – in vigore del 1 marzo 2006 – ha modificato l’art. 92 c.p.c., stabilendo che se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.

2.3. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la compensazione non può essere disposta in considerazione dell’esiguità della pretesa riconosciuta in giudizio, che integra un normale esito dell’attività valutativa del giudice; anche quando l’importo delle spese è tale da superare quello del pregiudizio economico che la parte avesse inteso evitare agendo in giudizio per fare valere il proprio diritto, tale statuizione si tradurrebbe in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del principio costituzionale di cui all’art. 24 Cost., nonchè della regola generale dell’art. 91 c.p.c. (Cassazione civile sez. VI, 01/06/2015, n. lCass. Civ., sez. 03, del 15/07/2008, n. 19456, Cass. Civ., sez. 06, del 10/06/2011, n. 12893, Cass. Civ., sez. 06, del 10/02/2014, n. 2883, Cass. Civ., sez. 06, del 11/07/2014, n. 160371301);

2.4.Ne consegue che la parte, la quale, all’esito finale della lite, risulti vittoriosa per effetto dell’accoglimento anche non integrale della sua domanda, non può subire la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte soccombente, salva l’ipotesi della trasgressione al dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c. (Cassazione civile sez. lav., 20/12/2018, n. 33027; Cass. n. 6860 del 2015);

2.5.La corte di merito ha correttamente applicato il principio della soccombenza, in quanto, all’esito del giudizio d’appello – in totale riforma della sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione del C. – ha rigettato l’eccezione di prescrizione presuntiva ed ha riconosciuto che la T. era creditrice del C., sia pur per una somma inferiore a quella richiesta con decreto ingiuntivo.

2.6.Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione di legge, censurabile in sede di legittimità, in quanto il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio della soccombenza, secondo il quale soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese.

2.7.L’ulteriore previsione normativa che coniuga il principio della soccombenza con quello della causalità va individuata nell’art. 6, comma 1, quarto periodo, della tariffa forense, approvata con D.M. n. 55 del 2014, secondo cui, nei giudizi civili per pagamento di somme di denaro, la liquidazione degli onorari a carico del soccombente deve effettuarsi avendo riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata.

2.8.Questa Corte ha precisato che detta disposizione si riferisce all’accoglimento, anche parziale, della domanda medesima, laddove, nell’ipotesi di rigetto, il valore della controversia è quello corrispondente alla somma domandata dall’attore (Cassazione civile sez. VI, 12/06/2019, n. 15857);

2.9.11 giudice di merito ha correttamente liquidato le spese sulla base della minor somma riconosciuta in giudizio, nè il ricorrente ha dedotto il superamento dei massimi tariffari.

2.10.Non va, inoltre, ravvisato il vizio motivazionale, configurabile nell’ipotesi di omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio e non nella valutazione del presupposto per l’applicazione del principio della soccombenza (Cass. Cassazione civile sez. un., 07/04/2014, n. 8053).

3.11 ricorso va, pertanto, rigettato;

3.1.Non deve provvedersi sulle spese, non avendo la controricorrente svolto attività difensiva.

3.3.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, de dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile- 2 della Corte Suprema di cassazione, il 13 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 1 giugno 2020

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