Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10365 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 10365 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA
sul ricorso 26868-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014

contro

1012

DE SANTIS FRANCESCA;
– intimata –

avverso la sentenza n.

4815/2007

della CORTE

Data pubblicazione: 13/05/2014

D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/11/2007 R.G.N.
8885/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;

LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto.

———-

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO

Udienza del 20 marzo 2014
Aula B
RG. a 26868/08
Poste italiane s.p.a. c/ De Santis

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza depositata in data 6 novembre 2007, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento
termine stipulato tra l’appellante e la Poste Italiane s.p.a. “alle condizioni di legge e dell’articolo 8
del C.C.N.L. 26/11/1994 ed in particolare per necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie per il periodo giugno-settembre”, a far tempo dal 1° luglio 2000

fino al 30 settembre 2000; per l’effetto, dichiarava intercorso tra le parti un unico rapporto di lavoro
a tempo indeterminato, “ancora in atto”; condannava la società a risarcire il danno all’appellante in
misura pari alle retribuzioni spettanti dalla messa in mora (13 dicembre 2003) fino alla scadenza del
terzo anno successivo alla fine dell’ultimo contratto a termine, oltre agli interessi legali e alla
rivalutazione monetaria. Condannava la società Poste italiane s.p.a. al pagamento delle spese di
entrambi gradi del giudizio.
La Corte ha ritenuto che la prova testimoniale ammessa in ordine alla dimostrazione dell’effettiva
sussistenza della causale indicata in contratto (ovvero la sostituzione di personale in ferie presso
l’ufficio ove l’appellante era stata assegnata ) non era stata assunta per la mancata citazione dei testi.
In ordine al risarcimento del danno, la Corte ha riconosciuto il diritto della lavoratrice alle
retribuzioni dalla formale messa a disposizione delle sue energie lavorative.
2. – Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a tre motivi.
La lavoratrice è rimasta intimata.
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
2.1. – Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., l’omessa
motivazione in ordine all’applicazione degli artt. 1372, primo comma, 1175, 1375, 2697, 1427 e
1431 c.c.: sostiene che la Corte ha omesso ogni valutazione in merito all’eccezione di risoluzione
consensuale del contratto, intervenuta e resa palese dal contegno di prolungata ininterrotta inerzia
(tre anni), assunto dall’odierna convenuta dopo la scadenza dell’unico contratto a termine dedotto in
giudizio.
2.2. – Con il secondo motivo, addebita alla sentenza la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e
2 della legge 18 aprile 1962, n. 230, nonché dell’art. 23 della legge 26 febbraio 1987, n. 56, e
dell’articolo 1362 c.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia. In sintesi, sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui a) non ha

per quanto di ragione dell’appello proposto dall’odierna intimata, dichiarava la nullità del contratto a

Udienza del 20 marzo 2014
Aula B
RG. n. 26868/08
Poste italiane s.p.a. e/ De Santis

ritenuto sussistente il potere dei contraenti collettivi, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 56/1987, di
individuare nuove ipotesi di assunzione termine, in aggiunta a quelle normativamente previste,
senza limiti di tempo, considerato che la suddetta legge non prevede alcun limite temporale al
riguardo; b) non ha ritenuto legittima l’assunzione della lavoratrice disposta in virtù dell’art. 8 del
C.C.N.L. 26 novembre 1994 per la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
proprio nell’ambito temporale suddetto; c) non ha ritenuto di condividere l’assunto secondo cui la
previsione contrattuale “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie
nel periodo giugno-settembre” implicasse l’oggettiva sussistenza nel periodo indicato di una carenza

temporanea di personale, senza necessità di ulteriori prove.
2.3.- Con il terzo motivo la società, denunciando violazione degli artt. 1217 e 1233 c.c., lamenta che
la Corte di merito non avrebbe svolto alcuna verifica in ordine alla effettiva messa in mora del
datore di lavoro e non avrebbe tenuto “conto della possibilità che il lavoratore abbia anche
espletato attività lavorativa retribuita da terzi una volta cessato il rapporto di lavoro con la società
resistente”, disattendendo, peraltro, le richieste della società di ordine di esibizione dei modelli 101

e 740 del lavoratore.
3. Appare logicamente preliminare l’esame del secondo motivo di ricorso, perché dal suo eventuale
accoglimento discende l’assorbimento degli ulteriori motivi, siccome connessi e consequenziali alla
declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto in questione.
4. Il motivo è fondato.
4.1. – Si è ormai consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui non può ritenersi che
l’ipotesi, contenuta nella contrattazione collettiva, della sostituzione di un lavoratore assente per
ferie mediante assunzione a tempo determinato debba rispettare la prescrizione di indicare il nome
del lavoratore sostituito, in analogia a quanto prescritto dall’art. 1 lett. b) legge n. 230/62, per il caso
di sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (cfr, ex plurimis, Cass.,
30 agosto 2007, n. 18293; Cass., 7 aprile 2009, n. 8446; da ultimo, Cass., ord. 28 dicembre 2011, n.
29294).
4.2. – In forza dello stesso orientamento, si è altresì affermato che l’ipotesi di contratto a termine in
questione, introdotta dalla contrattazione collettiva, è del tutto autonoma rispetto alla previsione
legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del
1962, in considerazione del principio (cfr., Cass., sez. un., 2 marzo 2006, n. 4588) secondo cui la
legge n. 56 del 1987, art. 23, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare
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assenza per ferie nel periodo giugno-settembre, nonostante che l’assunzione fosse stata disposta

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Aula B
R.G. n. 26868/08
Poste italiane s.p.a. c/De Santis

nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e
propria delega in bianco a favore dei sindacati.
4.3. – Questi ultimi, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a
termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto
di lavoro a termine per causali di carattere “oggettivo” ed anche – alla stregua di esigenze
riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo
(per la promozione dell’occupazione e per la tutela delle fasce deboli) l’assunzione di speciali
categorie di lavoratori: anche in questo caso, l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del
mercato del lavoro costituisce idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace
salvaguardia dei loro diritti.
4.4. – L’art. 8, comma 2°, CCNL 26 novembre 1994, per il quale “l’Ente potrà valersi delle
prestazioni di personale con contratto a termine (…) anche nei seguenti casi: necessità di
espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre “,

usando una formula diversa da quella della L. n. 230 del 1962, testimonia che le parti stipulanti
considerano questa ipotesi di assunzione a termine, in ragione dell’uso dell’espressione in
concomitanza, sempre sussistente nel periodo stabilito (giugno – settembre). Altre decisioni (cfr., ex
plurimis, Cass., 6 dicembre 2005, n. 26678), decidendo su controversie inerenti alla stessa

previsione pattizia, hanno ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione
collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire
dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso
che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di
norma, i dipendenti fruiscono delle ferie (cfr., da ultimo, Cass., 28 gennaio 2014, n. 1784).).
5. – Il Collegio, non ravvisando ragioni per discostarsene, ritiene di dovere dare continuità ai
principi sopra ricordati, ai quali non si è conformata la sentenza impugnata, con la conseguenza che
il contratto in esame deve ritenersi legittimamente stipulato.
In ragione dell’accoglimento del motivo di ricorso, la sentenza deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto — essendo quello su esposto l’unico profilo di
illegittimità ravvisato dalla Corte territoriale – la controversia può essere decisa nel merito ai sensi
dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto della domanda proposta dalla De Santis.
Rimangono così assorbite le ulteriori censure sollevate dalla ricorrente e riguardanti l’eccezione

‘di definitivo scioglimento del rapporto per tacito mutuo consenso dei contraenti — essendosi il
contratto sciolto alla naturale scadenza del termine legittimamente apposto – e la asserita
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violazione delle norme di cui agli artt. 1217 e 1233 c.c. in ordine al risarcimento del danno
patito dalla lavoratrice, che va escluso in conseguenza della ritenuta legittimità del contratto.
6. – In ragione dei diversi esiti dei due giudizi di merito e dei contrasti giurisprudenziali esistenti
all’epoca del loro svolgimento, si ravvisano giusti motivi per compensare per intero tra le parti
le spese dei due precedenti gradi del giudizio. Le spese del presente giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza
impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di De Santis
Francesca. Compensa interamente tra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna la resistente
al pagamento, in favore della società delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in £ 100,00 per
esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Roma, 20 marzo 2014
Il Presidente

vanno invece poste a carico della resistente, in applicazione del criterio della soccombenza.

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