Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10365 del 11/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 11/05/2011), n.10365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

G.L., rappresentata e difesa dall’avv. MARZANO Paolo

e dall’avv. Dario Martella, presso il quale è elettivamente

domiciliata in Roma in Largo di Torre Argentina n. 61;

– controricorrente –

ESATRI spa;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 89/35/06, depositata il 15 novembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 novembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 89/35/06, depositata il 15 novembre 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ufficio di Milano (OMISSIS), ha confermato la sentenza di primo grado che aveva annullato l’iscrizione a ruolo, portata dalla cartella esattoriale notificata a G.L., dell’imposta liquidata sulla denunzia di successione della contribuente a G.M., sul rilievo che l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione ed il relativo attestato di versamento, prodotti dalla ricorrente, costituivano valido elemento probativo che il contribuente aveva già assolto l’imposta dovuta. Un ulteriore addebito costituirebbe pertanto una ingiustificata duplicazione di imposizione.

La contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene otto motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente, denuncia la nullità della sentenza in quanto motivata come segue: la Commissione regionale ritiene fondate le ragioni svolte a sostegno della decisione assunta, che pertanto merita di essere confermata; con il secondo, la censura per extrapetizione; con il terzo, per non aver ritenuto improponibile la domanda avanzata in appello perchè nuova;

con il quarto, per aver dichiarato inammissibile la produzione in appello di documenti allegati all’appello incidentale di essa amministrazione; con il quinto ed il sesto motivo si duole della ritenuta nullità della notificazione dell’avviso di rettifica, censurando altresì, con il settimo motivo, la pronuncia sul punto per vizio di motivazione; con l’ottavo motivo si duole della ritenuta ammissibilità del ricorso proposto avverso la cartella di pagamento solo per vizi dell’atto impositivo presupposto, anteriormente notificato e non impugnato nel termine di legge.

Il primo motivo appare fondato, in quanto il giudice d’appello si è limitato nella motivazione a richiamare per relationem la decisione di primo grado, senza operare alcuna valutazione dei motivi d’appello, nondimeno analiticamente riportati, impedendo così di ricostruire l’iter logico della decisione.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, è applicabile al nuovo rito tributario così come disciplinato dal citato decreto il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. n. 13990 e 15951 del 2003, n. 1944 del 2001).

La sentenza impugnata – secondo la quale la Commissione regionale ritiene fondate le ragioni svolte a sostegno della decisione assunta, che pertanto merita di essere confermata – incorre nel vizio denunciato, in quanto il giudice d’appello non spiega la ragione della condivisione della motivazione della decisione di prime cure.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto il primo motivo è manifestamente fondato, assorbito l’esame degli ulteriori motivi”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, assorbito l’esame degli altri, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria della Lombardia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito l’esame degli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2011

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