Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10364 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 29/04/2010), n.10364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4351/2007 proposto da:

ITALMEDIA SRL in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio

dell’avvocato NODARO Pietro, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DELLA PROVINCIA DI ROMA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO

DI ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 55681/2005 del GIUDICE DI PACE di ROMA del

23.11.05, depositata il 21/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Roma con sentenza del 21 dicembre 2005 respingeva l’opposizione proposta da Italmedia srl avverso il Prefetto di Roma per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n. 14066/05, relativa a violazione dell’art. 23 C.d.S., per posa abusiva di un impianto pubblicitario. L’opponente ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 2 febbraio 2007; il Prefetto di Roma è rimasto intimato.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato.

Con il primo motivo è denunciato vizio di motivazione relativo all’inserimento dell’impianto pubblicitario oggetto di sanzione nella procedura di riordino dell’impiantistica pubblicitaria. Parte ricorrente deduce che la sentenza non avrebbe considerato che già dal verbale emergeva che l’impianto pur non esponendo targa autorizzativa esponeva “targa di riordino”. Il rilievo non coglie nel segno. La sentenza si è fondata infatti sulla ben più pregnante considerazione dell’assenza di prova della presentazione di una “regolare e completa domanda di riordino” e sulla insufficienza – a tal fine – della “documentazione prodotta dall’istante”. Ciò significa che il giudicante, con valutazione congrua e logica, incensurabile in questa sede, ha reputato insufficiente l’esposizione della “targa di riordino” (di cui non è stato chiarito se provenisse dall’amministrazione o fosse stata apposta dallo stesso titolare dell’impianto). Ha ritenuto invece necessaria la prova dell’esistenza dei requisiti (domanda all’amministrazione corredata dalla relativa documentazione) richiesti per il buon esisto dell’istanza di riordino: di detti requisiti neanche in ricorso risulta che fosse stata offerta la prova della sussistenza.

Privo di fondamento è anche il terzo motivo di ricorso, con il quale si denuncia violazione della L. n. 689 del 1981, art. 18, per difetto di motivazione dell’ordinanza prefettizia, che a parere del ricorrente avrebbe stereotipatamene richiamato il verbale di accertamento. Sul punto questa Corte,nel richiamare l’insegnamento di Cass SU 27180/07, continua a ritenere che nei casi di contestazione dei fatti già esposti nel verbale, può ritenersi sufficiente, al fine della loro confutazione, il richiamo al contenuto del corrispondente verbale, costituendo la motivazione per relationem una legittima modalità d’esposizione delle ragioni del provvedimento amministrativo, conforme al principio di speditezza dell’azione amministrativa, ove l’autorità che adotta il provvedimento ritenga di far propri, ribadendoli, l’accertamento e le valutazioni operati nel corso del procedimento e risultanti da atti conosciuti, per l’avvenuta obbligatoria previa contestazione immediata o successiva notificazione del verbale, o conoscibili, mediante l’esercizio del diritto d’accesso, da parte dell’interessato (e pluribus, Cass. 6.1.07 n. 871, 30.5.05 n. 11351, 6.7.04 n. 12320, 27.6.02 n. 9363, 3.7.98 n. 65299). D’altra parte va ricordato che in sede giurisdizionale ex L. n. 689 del 1981, è possibile il più ampio esercizio del diritto di difesa, con la concessione di ampi poteri istruttori anche officiosi, ditalchè resta irrilevante la maggiore o minore completezza, dell’atto sanzionatorio impugnato (Cass. 1786/2010).

Fondato è invece il secondo motivo, che denuncia omessa pronuncia con riguardo ad altre censure mosse in sede di opposizione. In particolare l’istante lamenta: a) la mancata considerazione della violazione del principio di specialità, per essere stata la medesima violazione già oggetto di precedente sanzione; b) la nullità del provvedimento per la mancata audizione personale dell’interessato, richiesta nel ricorso amministrativo; c) la nullità del procedimento per omessa comunicazione dell’avvio dello stesso. L’esame del ricorso in opposizione, ammesso allorquando sia denunciato un vizio del procedimento, consente di verificare che effettivamente le tre questioni erano state poste al giudice di pace, il quale ha omesso di esaminarle. Dovrà farlo in sede di rinvio, tenendo conto di quanto nelle more statuito in materia dalle SU di questa Corte (Cass. 1786/2010).

La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice di pace di Roma per l’esame delle questioni sopraindicate e la liquidazione delle spese di queste giudizio.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo e il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altro giudice di pace di Roma, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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