Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10364 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10364 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: DI BLASI ANTONINO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DEL TERRITORIO,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui Uffici,
in Roma Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata,
RICORRENTE
CONTRO
‘MPS IMMOBILIARE SPA con sede in Siena, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa, giusta delega in calce al controricorso, dagli
‘Avvocati Pasquale Russo e Guglielmo Fransoni,
elettivamente domiciliata nello studio del secondo in
Roma, Viale Bruno Buozzi, 102, CONTRORICORRENTE
AVVERSO
la sentenza n.33/17/2012 della C.T.R. di Firenze
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Classamento.
Motivi appello.

Data pubblicazione: 20/05/2015

Sezione n. 17 in data 05.12.2011, depositata 1’08 marzo
2012;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di
Consiglio del 09 aprile 2015, dal Relatore Dott.

Sentito,

per la ricorrente Agenzia, l’Avvocato Gianna

Galluzzo, dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Sentito, altresì, per la società controricorrente,
l’Avv. Guglielmo Fransoni;
Presente il P.M. dott. Giovanni Giacalone che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso, per quanto di
ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La contribuente in epigrafe indicata, impugnava in sede
giurisdizionale l’avviso di classamento, con cui il
competente ufficio tecnico amministrativo, rettificava
la rendita catastale relativa ad un immobile, sito in
Prato, Via Roma, 105, già classificato in D15 al foglio
75, particella 3 sub.512, elevando ad Euro 82.120,00,
quella proposta con il modello DOCFA di Euro 73.734,00
e chiedendone l’annullamento.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Prato
accoglieva il ricorso,

e la CTR,

pronunciando

sull’appello dell’Agenzia del Territorio, lo dichiarava
inammissibile, per difetto della necessaria specificità
2

Antonino Di Blasi;

dei relativi motivi.
Con ricorso 03 luglio 2012, l’Agenzia del Territorio ha
chiesto l’annullamento della decisione di appello,
sulla base di tre mezzi.

ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La

CTR

ha

dichiarato

inammissibile

l’appello

dell’Agenzia del Territorio, a motivo che lo stesso si
sostanziava nel mero rinvio al contenuto di altri atti
del processo, senza argomentare in ordine alla ratio
della decisione di primo grado, che aveva dichiarato
l’illegittimità dell’avviso impugnato per violazione
dell’art. 10 del R.D.L. n.652/1939 e del D.M.
14.12.1999, omettendo, fra l’altro, di argomentare in
ordine alla omessa effettuazione della stima diretta.
I Giudici di secondo grado, hanno evidenziato che i
motivi di appello erano generici e, comunque, non
sufficientemente specifici, in quanto non muovevano
idonei rilievi critici alla decisione di primo grado,
sostanziandosi nel mero rinvio al contenuto di altri
atti e senza muovere specifica critica a quella che
costituiva la ratio decidendi della sentenza di primo
grado, così incorrendo nella violazione del disposto
dell’art.53 del D.Lgs n. 546/1992.
3

L’intimata MPS Immobiliare spa, giusto controricorso,

Con il primo mezzo,
censurata

di

nullità

l’impugnata sentenza viene
per

violazione

e

falsa

applicazione dell’art. 112 cpc, in relazione
all’art.360 n.4 dello stesso codice.

una integrale critica alla decisione di primo grado ed
evidenziato gli elementi che sostenevano l’accertamento
nonché i valori utilizzati per la determinazione della
rendita, ragion per cui la dichiarata genericità del
gravame era priva di fondamento.
Con il secondo motivo, si denuncia la violazione e
falsa applicazione dell’art. 53 del D. Lgs. n.546/1992,
deducendosi che la CTR avrebbe errato nel considerare
generico e non specifico il gravame, atteso che, alla
stregua dei principi affermati dalla Corte, tenuto
conto del carattere devolutivo pieno dell’appello,
anche la mera riproposizione della motivazione
dell’avviso impugnato doveva ritenersi sufficiente ed
idonea per ottenere il riesame.
I due mezzi, data la relativa connessione, possono
essere trattati congiuntamente e decisi alla stregua di
principi, che costituiscono espressione di un ormai
consolidato orientamento giurisprudenziale.
Il Collegio è dell’avviso che il primo mezzo sia
inammissibile,

per

mancanza
4

delle

necessarie

Si deduce che con l’appello l’Agenzia aveva formulato

specificità e riferibilità alla decisione impugnata,
(Cass.n.21490/2005, n.7046/2001, n.9995/1998), in
quanto, il gravame non risulta trascritto nelle parti
essenziali e rilevanti e, d’altronde, la prospettata

idonei riferimenti, a determinare una diversa
decisione, per l’assorbente rilievo che la ratio
dell’impugnata sentenza di primo grado è fondata
sull’accertata illegittimità dell’avviso impugnato, per
violazione dell’art. 10 del R.D.L. n.652/1939 e del
D.M. 14.12.1999 e della connessa disposizione che
onerava l’Ufficio di effettuare la “stima diretta”
dell’immobile e tale ratio non risulta adeguatamente
aggredita dal ricorso e dal mezzo in esame.
Infatti, con il mezzo, l’Agenzia si duole genericamente
del decisum, sostenendo di averlo investito con
“critica integrale”, avendo evidenziato gli elementi
presi a base dell’accertamento ed i valori utilizzati
per la determinazione della rendita.
Rileva, in buona sostanza, il Collegio che a fronte
delle evidenziate e chiare ragioni della sentenza,
che riferivano, per un verso alla genericità ed
inadeguatezza dei motivi di appello e, per altro
aspetto, alla illegittimità dell’avviso per violazione
dell’art.10 del RDL. N.652/1939 e del D.M. 14.12.1999
5

doglianza è, di per sé, inidonea, per mancanza di

ed al mancato ricorso al criterio della “stima
diretta”,- nel caso, prescritta dalla legge,- come si
ricava dalla lettura del primo motivo, l’Agenzia si è
limitata ad effettuare delle critiche generiche, senza

alla ratio della decisione impugnata e senza indicare i
concreti elementi pretermessi, idonei a conclamare la
fondatezza delle censure e, quindi, a determinare una
diversa decisione.
Trattasi di doglianze, più che generiche, meramente
apparenti, di certo, formulate, in violazione del
quadro normativo di riferimento e del principio di
autosufficienza (Cass. n.6225/2005, n.5148/2003,
n.3749/1992).
In buona sostanza, la ricorrente Agenzia è venuta meno
all’obbligo, sia “di rappresentare i fatti, sostanziali
e processuali, in modo da far intendere il significato
e la portata delle critiche rivolte alla sentenza senza
dover ricorrere al contenuto di altri atti del
processo”(Cass. n.15672/05; 19756/05, n.20454/2005,
SS.UU. 1513/1998), sia pure di indicare specificamente
le circostanze di fatto che potevano condurre, se
adeguatamente considerate, ad una diversa
decisione(Cass. n.11462/2004, n.2090/2004, n.1170/2004,
n.842/2002), con la conseguenza che le relative
6

svolgere puntuali e pertinenti osservazioni in ordine

doglianze impingono nei principi affermati dalle citate
sentenze, in quanto omettono ogni concreto riferimento
alla realtà processuale, e, d’altronde, la critica si
risolve in apodittiche asserzioni, senza l’indicazione
elementi

(documenti,

provvedimenti,

atti

e

quant’altro rilevante, acquisiti al processo nel corso
dei gradi di merito) che ove presi in considerazione
potrebbero indurre a decisione di segno opposto.
Il secondo mezzo, deve, del pari, ritenersi privo di
fondamento, alla stregua del condiviso orientamento
giurisprudenziale secondo cui la valutazione della
specificità dei motivi di impugnazione non può essere
effettuata direttamente dalla Corte di Cassazione,
spettando al Giudice di merito interpretare la domanda,
mentre

il

Giudice

di

legittimità

può

solo

indirettamente verificare tale profilo avuto riguardo
alla

correttezza

giuridica

del

procedimento

interpretativo e alla logicità del suo esito, senza
poter ricondurre la censura nell’ambito degli “errores
in procedendo”, mediante interpretazione autonoma
dell’atto

di

appello

(Cass.

n.

11828/2014,

n.

2217/2007).
Il Collegio nota che, nel caso, la CTR ha dichiarato
inammissibile l’appello dell’Agenzia, rilevando, per un
verso, l’assenza di specificità dei relativi motivi in
7

di

quanto si sostanziavano “nel mero rinvio al contenuto
di altri atti” e, sotto altro profilo, sottolineando
che la medesima Agenzia aveva omesso di aggredire
criticamente la statuizione dei Giudici di prime cure,

impugnato, “per violazione dell’art. 10 del R.D.L.
. n.652/1939, così come precisato dal D.M. del
14.12.1999”, peraltro, sorvolando “sulla stima diretta”
con connesso sopraluogo, che avrebbe dovuto essere
effettuata secondo la normativa vigente ed applicabile
ratione temporis.
Tale valutazione dei Giudici di merito, avuto riguardo
alla correttezza giuridica del procedimento
interpretativo e alla logicità del suo esito, risulta
ineccepibile sul piano giuridico e logico formale, ed
in linea con il richiamato e condiviso orientamento
giurisprudenziale, per cui non giustifica le formulate
doglianze.
Con il terzo motivo, la decisione di appello viene
censurata per omessa motivazione su punto decisivo
della controversia, deducendosi che la CTR non avrebbe
dato contezza dell’iter decisionale e degli elementi
utilizzati e posti a base del decisum.
Il motivo non sembra ammissibile e fondato, non essendo
indicati i concreti elementi in ipotesi idonei a
8

che avevano dichiarato l’illegittimità dell’avviso

giustificare una diversa decisione.
In vero, “Il

vizio

di

omessa o insufficiente

motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex
art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poteva investire, in

stregua del previgente ed applicabile testo della
citata norma, il risultato dell’accertamento dei
fatti e della loro valutazione, che appartiene
all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di
merito, soltanto nei limiti del controllo del
processo logico seguito da quel giudice per assolvere
i compiti a lui riservati, al fine di verificare se
sia incorso in errori di diritto o in vizi di
ragionamento” (Cass. n.16204/2005).
Alla stregua di tale orientamento, il mezzo, non può
trovare, nel caso, utile ingresso, considerato che le
argomentazioni utilizzate dalla CTR a giustificazione
del decisum, quali anzi indicate, appaiono corrette
sotto il profilo logico-formale, e quindi insindacabili
in questa sede.
Giova, in vero, rilevare che le doglianze, risolvendosi
nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi
elementi di fatto esaminati e diversamente valutati dal
giudice di merito, non possono trovare ingresso in
questa sede, in base al condiviso e consolidato
9

base all’orientamento giurisprudenziale formatosi alla

principio secondo cui in tema di accertamento dei fatti
storici allegati dalle parti a sostegno delle
rispettive pretese, i vizi deducibili con il ricorso
per cassazione non possono consistere nella circostanza

siano state eseguite dal giudice in senso difforme da
quello preteso dalla parte, perché a norma dell’art.116
cpc rientra nel potere discrezionale – e come tale
insindacabile

– del giudice di merito apprezzare

all’uopo le

prove, controllarne l’attendibilità e la

concludenza

e scegliere, tra le varie risultanze

istruttorie,

quelle ritenute idonee e rilevanti con

l’unico limite di supportare con adeguata e congrua
motivazione l’esito del procedimento accertativo e
valutativo seguito(Cass. n.11462/04, n.2090/04,
n.12446/2006).
Le critiche formulate con il mezzo, risultano, infatti,
inconferenti, in quanto, come risulta dal tenore del
mezzo, viene dedotto, sempre genericamente, che con
l’appello erano stati evidenziati gli elementi posti a
base dell’accertamento ed i valori utilizzati, ma non
vengono, concretamente, indicati tali elementi, e tanto
meno la relativa idoneità a giustificare una decisione
di segno diverso; tanto in violazione del condiviso
orientamento giurisprudenziale che onera il ricorrente
l0

che la determinazione o la valutazione delle prove

à

di indicare specificamente le circostanze di fatto che
potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una
diversa decisione, nonché i vizi logici e giuridici
della motivazione (Cass. n.11462/2004, n.2090/2004,

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in
complessivi Euro quattromila, oltre spese processuali
in euro duecento ed accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso dell’Agenzia Entrate, che condanna
al pagamento delle spese processuali, in ragione di
Euro quattromila, oltre spese processuali ed accessori
di legge.
Così deciso in Roma il 09 aprile 2015
Il Presi

– Estens re

n.1170/2004, n.842/2002).

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