Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10364 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/06/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 01/06/2020), n.10364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35066-2018 proposto da:

M.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato SERGIO

TREDICINE presso il cui studio a Napoli, piazza Garibaldi 73,

elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato

ERNESTO GRANDINETTI, presso il cui studio a Roma, via della Croce

44, elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 5557/2018 del TRIBUNALE DI NAPOLI, depositata

il 4/6/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2019 dal Consigliere Dott. DONGIACOMO

GIUSEPPE

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Napoli, con la sentenza in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dalla Groupama Assicurazione s.p.a., ha riformato la sentenza con la quale il giudice di pace di Napoli l’aveva condannata al pagamento, in favore di M.G., del compenso maturato per l’attività di perito dallo stesso svolta.

Il tribunale, in particolare, dopo aver evidenziato che non era contestato che il M. aveva svolto l’attività di perito per la Compagnia appellante, ricevendo la somma di Euro 40,00 “a pratica”, ha ritenuto che, sebbene non vi sia una pattuizione scritta per la parte iniziale del rapporto, può ritenersi provato, in base ai numerosi indizi raccolti, vi sia stato un accordo con il quale le parti hanno derogato la tariffa professionale. La valutazione delle prove svolta dal giudice di pace, quindi, ha concluso il tribunale, è stata erronea, potendosi ritenere accertato che tra le parti esistesse un accordo verbale in forza del quale il M. non ha diritto “a pretendere altro”.

Il M., con ricorso notificato in data 10/12/2018, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata il 19/6/2018.

La Groupama Assicurazione s.p.a. ha resistito con controricorso notificato in data 21/1/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 339 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha accolto l’appello proposto dalla Compagnia, laddove, in realtà, la sentenza con la quale il giudice di pace si pronuncia su domanda di valore inferiore a 1.100 Euro, è appellabile solo nei limiti previsti dall’art. 339 c.p.c., comma 3, vale a dire per violazione delle norme sul procedimento, per violazione delle norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi informatori della materia.

1.2. Nel caso di specie, ha proseguito il ricorrente, la domanda originariamente proposta è di valore inferiore ad Euro 1.100,00 mentre l’appellante ha contestato l’omessa o erronea valutazione, da parte del giudice di pace, degli elementi probatori allegati dalle parti, denunciando, quindi, un error in iudicando non deducibile in sede d’appello.

1.3. L’appello, quindi, ha concluso il ricorrente, era inammissibile e come tale doveva essere dichiarato, anche d’ufficio, dal tribunale.

2.1. Il motivo è fondato. Questa Corte, infatti, ha chiarito che le sentenze rese dal giudice di pace in cause di valore non eccedente i millecento Euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante moduli o formulari di cui all’art. 1342 c.c., sono da considerare sempre pronunciate secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che il tribunale, in sede di appello avverso sentenza del giudice di pace, pronunciata in controversia di valore inferiore al suddetto limite, è tenuto a verificare, in base all’art. 339 c.p.c., comma 3, come sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 1, soltanto l’inosservanza delle norme sul procedimento, delle norme costituzionali e comunitarie e dei principi regolatori della materia, che non possono essere violati nemmeno in un giudizio di equità (cfr. Cass. n. 5287 del 2012, la quale, in applicazione del principio esposto, ha escluso la deducibilità in appello della violazione dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova contro la sentenza pronunciata dal giudice di pace secondo equità, trattandosi di regola di diritto sostanziale che dà luogo ad un error in iudicando).

2.2. Nel caso in esame, come visto, l’appello, pur riguardando una causa di valore inferiore ad Euro 1.100,00, è stato accolto per error in iudicando: vale a dire per ragioni diverse da quelle legittimamente deducibili avverso una sentenza pronunciata dal giudice di pace in controversia di valore inferiore al suddetto limite, vale a dire, a norma dell’art. 339 c.p.c., comma 3, l’inosservanza delle norme sul procedimento, delle norme costituzionali e comunitarie e dei principi regolatori della materia.

3. Gli altri motivi restano assorbiti.

4. Il ricorso, quindi, dev’essere accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio al tribunale di Napoli che, in persona di diverso magistrato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte così provvede: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli che, in persona di diverso magistrato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 11 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 1 giugno 2020

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