Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10355 del 19/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 10355 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 15237-2013 proposto da:
TRENITALIA S.P.A. C.F. 05403151003, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo
studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente

2016
937

contro
GIULIANO ROSARIO C.F. GNLR3R51A21L063E, VASSALLO
SIMONA C.F. VSSSMN74C41D969M, RIVOLTA PAOLO C.F.
RVLPLA64M25D969Z, LUME IVANO C.E. LMUVNI59H180969J,

Data pubblicazione: 19/05/2016

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 195,
presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
AGOSTINO CALIFANO, giusta delega in atti;

– controricorranti –

D’APPELLO di GENOVA, depositata il 24/12/2012 R.G.N.
818/201271

1
!

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/03/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato MARESCA ARTURO:
udito l’Avvocato PARPAGLIONI MARA per delega Avvocato

VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per

accoglimento questione buoni pasto rigetto gli altri
motivi.

avverso la sentenza n. 1206/2012 della CORTE

‘/í

RG 15237/2013

FATTO

Con sentenza 24 dicembre 2012, la Corte d’appello di Genova rigettava gli appelli riuniti
proposti da Trenitalla s.p.a. avverso le sentenze di primo grado, che ne avevano respinto

quale committente nel rapporto di appalto con Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. per i
serviz( e le pulizie del materiale rotabile presso le unità locali di Genova da febbraio 2006
a febbraio 2010, obbligata in via solidale ai sensi dell’art. 29, secondo comma c1.1g.
276/2003, il pagamento, a titolo di ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, ferie
non godute, buoni pasto, Rol e T.f.r., in favore dei dipendenti dell’appaltatrice Ivano
Lume della somma di E 9.987,57, Giuliano Rosario di C 9.288,52, Simona Vassallo di C
4.317,96 e di Paolo Rivolta di C 32.916,51 (con condanna di Trenitalia s.p.a. al
pagamento della sola somma dl C 10.180,22 in favore di quest’ultimo, previa revoca del
decreto ingiuntivo opposto per la maturazione di parte del T.f.r.

in epoca anteriore

all’assunzione da Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a.), condannando l’appellante alla rifusione
delle spese del grado in favore dei lavoratori.

In via preliminare, la Corte territoriale escludeva: l’improcedibilità della domanda di
Trenitalia s.p.a. per incompetenza funzionale del giudice del lavoro in favore del foro
fallimentare per la soggezione di Pietro

Mazzoni Ambiente s.p.a. ad amministrazione

straordinaria, siccome estranee all’accertamento concorsuale le obbligazioni della
condebitrice solidale; l’inapplicabilità al caso di specie dello ius superveniens dell’art. 21,

primo comma d.l. 5/2012, conv. con mod. in 1. 35/2012, in quanto rnodificativo della
fisionomia dell’obbligo del committente nei

confronti dei dipendenti dell’appaltatore e

pertanto nuova disciplina operante nel momento genetico del rapporto di appalto o, al più
tardi, in quello di insorgenza del credito del lavoratore. Ancora in via preliminare, essa
riteneva la titolarità passiva della committente Trenitalia s.p.a. del debito, siccome non
trasferito ai Fondo di Tesoreria istituito dall’art. 1, cornma 755 1. 296/2006, di cui
illustrate le modalità di funzionamento, in base a finanziamento dei datori di lavoro
secondo il principio della cd. “ripartizione”, nel senso dell’utilizzabilità delle somme da
chiunque versate, non comportante tuttavia una gestione di tipo previdenziale, soggetta
al principio di automaticità delle prestazioni ai sensi dell’art. 2116 c.c.,
indipendentemente dal versamento dei contributi datoriali, sulla cui effettività al contrario
esso è fondato: con la conseguente permanenza di titolarità passiva della datrice di

lavoro Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. per quanto non coperto da contributi versati e

le opposizioni avverso i decreti con i quali Io stesso Tribunale aveva ingiunto alla società,

RG 15237/2013
quindi della committente coobbligata solidale, in difetto di prova di effettivo versamento
di contributi esaustivo dell’obbligo datoriale.
Nel merito, la Corte ligure riteneva provato il credito dei lavoratori, sia per maturazione
in corso di appalto sia per importo liquidato, sulla base della scrutinata documentazione,

natura retributiva (pertanto rientranti nell’ampia formula “trattamenti retributivi” prevista
dall’art. 29 dig. 276/2003), per la loro commisurazione proporzionale alle ore lavorate
(nella suddivisione in quattro scaglioni differenziati rispetto ai vari livelli di
inquadramento), in base agli accordi di settore e del 19 novembre 2005 e quindi
corrispettivo della prestazione lavorativa e non mero controvalore del pasto.
Infine, essa escludeva il denunciato vizio di ultrapetizione per la pronunce del Tribunale
sulla domanda di accertamento del diritto della committente alla surrogazione nel diritti
dei lavoratori nei confronti del Fondo di garanzia previsto dall’art. 2 I. 297/1982,
nell’omessa chiamata in giudizio dell’Inps, da intendere come meri obiter dieta, non
suscettibili di autonoma impugnazione per difetto di interesse.
Con atto notificato il 20 (26) giugno 2013, Trenitalia s.p.a. ricorre per cassazione con
sette motivi, cui resistono i lavoratori con controricorso; entrambe le parti hanno
comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 13,
18, primo comma d.Ig. 270/1999, 52 I. fai’. e 1292 c.c., in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3 c.p.c., per improcedibilità della pretesa creditoria del lavoratore, di
competenza esclusiva del foro fallimentare per la sottoposizione della datrice appaltatrice
Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. (di cui dichiarato lo stato d’insolvenza con sentenza del
Tribunale di Roma del’8 febbraio 2011) ad amministrazione straordinaria (con decreto
dello stesso Tribunale del 20 aprile 2011 e nomina del commissario giudiziale con decreto
ministeriale del 20 maggio 2011), anche in relazione della domanda nei confronti della
committente in bonis, in virtù della vis actractiva del foro fallimentare, in quanto unica,
per identità del vincolo obbligatorio solidale.
Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 29 clig.
276/2003, 2094 e 2099 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per
erronea inclusione nel regime di garanzia solidale del committente nei confronti dei
lavoratori impiegati nell’appalto, previsto soltanto per i “trattamenti retributivi”, anche
del credito per T.f.r., non riconducibile a detta nozione, come comprovato dalla

opponibile alla committente, pure tenuta per quello a titolo di “buoni pasto”, siccome di

RG 15237/2013
successiva modificazione della norma denunciata, per effetto dell’art. 21, primo comma
d.l. 5/2012, conv. con mod. in I. 35/2012, correttamente ritenuto non applicabile,
estensivo della garanzia legale per i trattamenti retributivi

“comprese le quote di

trattamento di fine rapporto in relazione al periodo di esecuzione del contratto di
appalto”.

276/2003, 115 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per
difetto di idonea prova (erroneamente ravvisata nelle buste paga e nel verbale di cambio
appalto del 18 gennaio 2006), a carico dei lavoratori, dei fatti costitutivi del loro credito,
rappresentato dal rapporto di lavoro subordinato con Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. e dal
contratto di appalto di questa con Trenitalia s.p.a. nel senso dell’impiego nei lavori
appaltati quali dipendenti della prima per l’intera durata dell’appalto, su cui fondata la
responsabilità solidale della committente.
Con il quarto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma da
755 a 757 I. 296/2006, d.m. 30 gennaio 2007 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3 c.p.c., per erronea ripartizione dell’onere probatorio dell’attuale
sussistenza dell’obbligazione di versamento dei contributi dalla società appaltatrice (ai
fini dell’esclusione dell’intervento del Fondo di Tesoreria gestito dall’Inps, cui trasferito il
T.f.r. mantenuto presso la società datrice dai lavoratori non optanti per forme di
previdenza complementare e la conseguente responsabilità solidale della committente), a
carico dei lavoratori e da questi non assolto.
Con il quinto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 I. 297/82
(di attuazione della direttiva n. 80/987/CEE poi codificata dalla direttiva n. 2008/94/CE)
e 29 dig. 276/2003, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per erroneo
rigetto dell’eccezione di inammissibilità e improcedibilità della domanda dei lavoratori di
garanzia nei propri confronti, per la legittimazione del Fondo di garanzia istituito presso
l’Inps al pagamento dei loro crediti per T.f.r. e ultime tre mensilità, in sostituzione del
datare di lavoro in procedura concorsuale e segnatamente in amministrazione
straordinaria.
Con il sesto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099 e
29 clig. 276/2003 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per erronea
attribuzione di natura retributiva (e conseguente non corretta inclusione nella garanzia
legale per i trattamenti retributivi), in luogo di quella comunemente riconosciuta di
agevolazione di carattere assistenziale in collegamento occasionale con il rapporto di
lavoro, ai buoni pasto (come confermato anche dalle previsioni dell’art. 51, secondo

Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 29 d.Ig.

RG 15237/2013
comma, lett. c d.p.r. 917/1986, di loro esclusione, fino all’importo giornaliero di C 5,29,

dalla natura di reddito da lavoro dipendente e dalla base imponibile contributiva dall’art.
17 d.Ig. 503/1992).
Con il settimo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 46, da 63 a

78 CCNI delle attività ferroviarie del 16 aprile 2003, 8 e 9 dell’accordo di settore per la

360, primo comma, n. 3 c.p.c., per . erronea attribuzione di natura retributiva ai buoni
pasto, benchè non indicati tra gli elementi componenti la retribuzione, come
puntualmente specificati dalle disposizioni contrattuali richiamate.
Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 18, primo comma

dig. 270/1999, 52 I. fall. e 1292 c.c., per improcedibilità della pretesa creditoria del
lavoratore, di competenza esclusiva del foro fallimentare per la sottoposizione della

datrice appaltatrice Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a., attrattiva anche della domanda nei
confronti di Trenitalia s.p.a., in quanto unica,

per identità del vincolo obbligatorio

solidale, è infondato.
Ed infatti, l’improcedibilità del giudizio fra il creditore ed uno dei condebitori in solido,

determinata dalla soggezione dei secondo a procedura concorsuale, non impedisce che il
giudizio prosegua nei confronti degli altri condebitori in bonis nella sede ordinaria, ivi
compresa quella derivante dalla competenza per materia del giudice del lavoro, che pure
non deroga alla vis actractiva del tribunale fallimentare (con specifico riferimento al
fallimento: Cass. 24 febbraio 2011, n. 4464; Cass. 2 febbraio 2010, n. 2411).
D’altro canto, l’autonomia del giudizio in sede ordinaria del creditore nei confronti di uno
dei condebitori in solido, rispetto all’improcedibilità del giudizio nei confronti del debitore
principale per effetto del suo fallimento, non comporta l’attrazione nella competenza del
tribunale fallimentare anche della causa promossa dal creditore nei confronti del primo,
stante il carattere solidale della responsabilità dello stesso (Cass. 9 luglio 2005,

n.

14468).
Ancora recentemente è stato, infine, ribadito come, in materia di appalto, l’apertura del
procedimento fallimentare nei confronti dell’appaltatore non comporti l’improcedibilità
dell’azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai
sensi dell’art. 1676 c.c., per il recupero dei loro crediti verso l’appaltatore-datore di

lavoro, atteso che la previsione normativa di una tale azione risponde all’esigenza di
sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell’insolvenza del debitore e,
d’altra parte, si tratta di un’azione “diretta”, incidente direttamente sul patrimonio di un
terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore fallito, sì da

confluenza del CCNL delle attività ferroviarie del 19 novembre 2005, in relazione all’art.

RG 15237/2013
doversi escludere che il conseguimento di una somma, che non fa parte del patrimonio
del fallito, possa comportare un nocumento delle ragioni degli altri dipendenti
dell’appaltatore, che fanno affidamento sulle somme dovute (ma non ancora corrisposte)
dai committente per l’esecuzione dell’opera appaltata (Cass. 14 gennaio 2016, n. 515,

Cost. letto in corrispondenza del principio della par condicio creditorum, non essendo
irrazionale una norma che accordi uno specifico beneficio a determinati lavoratori, anche
rispetto ad altri, per l’attività lavorativa dai medesimi espletata e dalla quale un altro
soggetto, quale il committente, abbia ricavato un particolare vantaggio).
Il secondo motivo, relativo a relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 29 (Lig.
276/2003, 2094 e 2099 c.c., per erronea inclusione nel regime di garanzia solidale del
committente nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto anche del credito per T.f.r.,
è inammissibile.
La questione è infatti nuova, non risultando trattata dalla sentenza impugnata, neppure
ad essa riferendosi la più generale valutazione degli effetti dello ius superveniens dell’art.
21, primo comma d.l. 5/2012, conv. con mod. in I. 35/2012, in quanto modificativo della
fisionomia dell’obbligo del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore (dal
penultimo capoverso di pg. 6 al secondo di pg. 7 della sentenza). Né la ricorrente ha
indicato specificamente, né trascritto gli atti nei quali l’avrebbe posta nei gradi di merito:
e ciò si riflette sulla genericità del motivo, in violazione del principio di autosufficienza del
ricorso e pertanto della prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. (Cass. 18
ottobre 2013, n. 23675; 11 gennaio 2007, n. 324).
Il terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 29 dig. 276/2003,
115 c.p.c. e 2697 c.c., per difetto di idonea prova, a carico dei lavoratori, dell’impiego nei
lavori oggetto dell’appalto quali dipendenti di Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. per l’intera
sua durata, è inammissibile.
Non si configurano, infatti, le denunciate violazioni di norme di legge, per insussistenza
dei requisiti loro propri di verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a
ricostruire la portata precettiva delle norme, né di sussunzione del fatto accertato dal
giudice di merito nell’ipotesi normativa, né tanto meno di specificazione delle
affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in
contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038;
Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio
2006, n. 12984).

che ha pure escluso al riguardo sospetti di incostituzionalità, con riferimento all’art. 3

RG 15237/2013
In particolare, la norma prevista dall’art. 2697 c.c. regola l’onere della prova, non anche
(come concretamente censurata nella specie) la materia della valutazione dei risultati
ottenuti mediante l’esperimento dei mezzi di prova, viceversa disciplinata dagli artt. 115
e 116 c.p.c. e la cui erroneità ridonda comunque in vizio di motivazione ai sensi dell’art.

novembre 2012, n. 21234; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 12 febbraio 2004, n.
2707). D’altro canto, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non riguarda la valutazione
delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, al cui
prudente apprezzamento (salvo alcune specifiche ipotesi di prova legale) è pertanto
rimessa la valutazione globale delle risultanze processuali, essendo egli peraltro tenuto
ad indicare gli elementi sui quali si fonda il suo convincimento nonché l’iter seguito per
addivenire alle raggiunte conclusioni, ben potendo al riguardo disattendere taluni
elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata, con apprezzamento è
insindacabile in cassazione in presenza di congrua motivazione, immune da vizi logici e
giuridici (Cass. 13 luglio 2004, n, 12912): essendo piuttosto apprezzabile, in sede di

ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n_ 5 c.p.c. (Cass. 20 giugno 2006, n. 14267).
E comunque la scelta dei mezzi istruttori utilizzabili per il doveroso accertamento dei fatti
rilevanti per la decisione è rimessa all’apprezzamento discrezionale, ancorché motivato,
del giudice di merito ed è censurabile, ricorrendone i presupposti, in sede di legittimità,
sotto il profilo del vizio di motivazione e non della violazione di legge (Cass. 20 settembre
2013, n. 21603).
In realtà, il mezzo scrutinato è teso all’essenziale censura della valutazione degli elementi
di prova individuati dalla Corte territoriale: sicchè, esso è piuttosto modulato come
contestazione del ragionamento argomentativo svolto, in modo corretto ed esauriente,
dalla Corte territoriale (dal primo al quarto capoverso di pg. 9 della sentenza, sulla scorta
delle risultanze di buste paga, CUD e di elenco dei lavoratori, allegato al verbale del 18
gennaio 2006 di cambio appalto), così da risolversi in una sostanziale richiesta di riesame
del merito, insindacabile in questa sede, spettando al giudice di legittimità, non già un
nuovo esame nel merito dell’intera vicenda processuale, ma la sola facoltà di controllo
della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del
giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione
del ragionamento decisorio (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 19 marzo 2009, n.
6694; Cass. 5 marzo 2007, n. 5066).

360 c.p.c., primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 29

RG 15237/2013
Il quarto motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma da 755 a 757 I.
296/2006, d.m. 30 gennaio 2007 e art. 2697 c.c., per erronea ripartizione dell’onere
probatorio dell’attuale sussistenza dell’obbligazione di versamento dei contributi dalla
società appaltatrice, a carico dei lavoratori e da questi non assolto, è infondato.

dal rapporto di lavoro subordinato con Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. e dal contratto di
appalto di questa con TrenItalia s.p.a. nel senso del loro impiego nei lavori appaltati quali
dipendenti della prima per l’intera durata dell’appalto, in quanto radicanti la
responsabilità solidale della committente escussa con gli odierni giudizi. Non anche
l’effettivo versamento dei contributi spettanti al datore di lavoro, a norma dell’art. 1,
comma 756, seconda parte I. 296/2006, in funzione di finanziamento del Fondo di
Tesoreria istituito dall’art. 1, comma 755 I. cit., secondo il principio della cd. “ripartizione”
(di cui illustrate le modalità di funzionamento in particolare a pg. 8 della sentenza): esso
costituisce, infatti, fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti della loro
datrice appaltatrice (e di conseguenza della committente obbligata solidale ex iege) ed è
pertanto nell’onere probatorio di questa che lo opponga in eccezione (Cass. 27 giugno
2014, n. 14610; Cass. 8 giugno 2007, n. 13390).
Il quinto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 I. 297/82 (di
attuazione della direttiva n. 80/987/CEE poi codificata dalla direttiva n. 2008/94/CE) e
29 c1.1g. 276/2003, per erroneo rigetto dell’eccezione di inammissibilità della domanda dei
lavoratori di garanzia nei confronti di Trenitalia s.p.a., per la legittimazione del Fondo di
garanzia presso l’Inps al pagamento di crediti, in sostituzione del datare di lavoro in
procedura concorsuale, è infondato.
Deve, infatti, essere esclusa la sostituzione al datore di lavoro insolvente dei Fondo di
garanzia: questo limitandosi ad un’anticipazione di alcuni crediti (per T.f.r. e ultime tre
mensilità), così subentrando nel debito del primo e restando vincolato all’accertamento
operato nell’an e nel quantum in sede concorsuale di verifica dello stato passivo (Cass. 13
novembre 2014, n. 24231), ai soli fini di garanzia dei crediti insoddisfatti dei lavoratori
(Cass. 4 dicembre 2015, n. 24730), salva la sua legittimazione, quale creditore per
anticipazione di crediti previdenziali (14 dicembre 2010, n. 25256; Cass. 19 aprile 2010,
n. 9231; Cass. 27 agosto 2004, n. 17079) insinuati ed ammessi allo stato passivo, a
ricorrere, ai sensi dell’art. 102 1. fall., per la revoca di crediti ammessi (Cass. 26
novembre 2015, n. 24202) ed essendo surrogato di diritto al lavoratore o ai suoi aventi
causa nel privilegio spettante sul patrimonio del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2,
settimo comma I. 297/1982.

L’onere probatorio dei lavoratori riguarda i fatti costitutivi dei loro crediti, rappresentati

RG 15237/2013

Il sesto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099 c.c. e 29 d.1g.
276/2003, per erronea attribuzione di natura retributiva, anzichè assistenziale, ai buoni
pasto) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il

ferroviarie del 16 aprile 2003, 8 e 9 dell’accordo di settore per la confluenza del CCNL
delle attività ferroviarie del 19 novembre 2005 per erronea attribuzione di natura
retributiva ai buoni pasto).
Essi sono fondati.
Ed infatti, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, condivisa dal collegio, il
valore dei pasti, di cui il lavoratore possa fruire in una mensa aziendale o presso esercizi
convenzionati con il datare di lavoro, non costituisce elemento integrativo della
retribuzione, allorché li servizio mensa rappresenti un’agevolazione di carattere
assistenziale, anziché un corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa, per la
mancanza di corrispettività della relativa prestazione rispetto a quella lavorativa e di
collegamento causale tra l’utilizzazione della mensa ed il lavoro prestato, sostituendosi ad
esso un nesso meramente occasionale con il rapporto (Cass. 1 dicembre 1998, n. 12168;
Cass. 17 luglio 2003, n. 11212; Cass. 21 luglio 2008, n. 20087; Cass. 8 agosto 2012, n.
14290; Cass. 8 settembre 20104, n. 18852). Il valore dei pasti o il cd. buono pasti, salva
diversa disposizione, non è dunque elemento della retribuzione concretandosi lo stesso in
una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso
meramente occasionale (Cass. 6 luglio 2015, n. 13841).
Nel caso di specie, manca una sua specifica previsione contrattuale tra gli elementi della
retribuzione (artt. da 63 a 78 CCNL delle attività ferroviarie del 16 aprile 2003 ), mentre
l’art. 46 CCNL contiene una generica previsione delle modalità di fruizione dei pasti
aziendali, con rinvio alla contrattazione aziendale per le più concrete applicazioni e l’art. 8
dell’accordo 19 novembre 2005 si limita ad una modulazione dell’importo in base numero
ore, senza alcuna più diretta disposizione al riguardo: sicchè la voce relativa ai buoni
pasto, non rientrante tra i “trattamenti retributivi” previsti dall’art. 29 dig. 276/2003,
deve essere esclusa dall’importo al cui pagamento condannata Trenitalia s.p.a., in quanto
non tenuta nella sua qualità.
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente raccoglimento del sesto e settimo
motivo, con rigetto degli altri e cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai
motivi accolti, con rinvio, per un accertamento in fatto ad essi relativo e la regolazione

settimo (violazione e falsa applicazione degli artt. 46, da 63 a 78 CCNL delle attività

RG 15237/2013
delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Genova in diversa
composizione.

P.Q.M.

accoglie il sesto e settimo motivo del ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza
impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese
del giudizio, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2016

Il consigl

est.

Il Presidente

La Corte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA