Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10354 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 10354 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 7378-2011 proposto da:
PASETTO IVONNE C.F. PSTVNN48D47H783R, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA TRIPOLI 38, presso lo studio
dell’avvocato BOMBACI PAOLO, deceduto nel corso del
giudizio;
– ricorrente 2014
398

contro

MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ e RICERCA C.F.
80255230585, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

Data pubblicazione: 13/05/2014

DEI PORTOGHESI, 12;
– controricorrente nonchè contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DEL LAZIO ;
– intimato –

di ROMA, depositata il 06/05/2010 r.g.n. 10158/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

05/02/2014

dal Consigliere Dott. PIETRO

VENUTI;
E’ comparso l’Avvocato PICCININI IOLANDA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

avverso la sentenza n. 2885/2010 della CORTE D’APPELLO

R.G. n. 7378/11
Ud. 5 febbr. 2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
tempo indeterminato, con incarico a Tunisi ai sensi della legge n.
49/87, veniva collocata a decorrere dal 22 febbraio 1999 in
aspettativa per un lungo periodo per motivi di salute.
Il 3 ottobre 2000, dopo che era stata rigettata la sua
richiesta di essere sottoposta a visita medica presso l’Ambasciata
italiana di Tunisi, veniva convocata in Italia per essere
sottoposta a visita collegiale.
La sig.ra Pasetto non si presentava e chiedeva ancora, con
due successive istanze, di essere sottoposta a visita a Tunisi.
Anche tali istanze venivano rigettate.
Con nota del 16 ottobre 2001 veniva disposta la risoluzione
del rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto.
Il ricorso proposto dalla sig.ra Pasetto al Tribunale di Roma
per contestare la legittimità del licenziamento è stata rigettato e
tale sentenza, impugnata dalla dipendente, è stata confermata
dalla Corte d’Appello di Roma, la quale ha osservato:
– che l’art. 23 CCNL Comparto scuola prevede un primo
periodo di conservazione del posto di lavoro per malattia della
durata di diciotto mesi (comma 1) nonché un successivo periodo
di ulteriori diciotto mesi “in casi particolarmente gravi” (comma
2), previo accertamento delle condizioni di salute del dipendente
“per il tramite della unità sanitaria competente” (comma 3);
– che nella specie l’unità sanitaria competente era da
individuarsi in Roma, città in cui la sig.ra Pasetto aveva l’obbligo
di risiedere e in cui risiedeva;
– che la medesima non si era presentata alla prima visita
medica ed a quelle successive, onde era da escludere che le fosse

La sig.ra Ivonne Pasetto, insegnante elementare di ruolo a

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stato concesso, diversamente da quanto sostenuto
dall’appellante, l’ulteriore periodo di proroga di diciotto mesi;
– che, in relazione alla mancata presentazione a visita in
Italia, il collegio peritale nominato in grado d’appello, aveva
ritenuto di non disporre di elementi per affermare che la
dipendente fosse impossibilita a venire in Italia;
medico “apodittico e vago in ordine alla costante presenza della
paziente in Tunisia, tanto più che il collegio peritale ha concluso
che la Pasetto non si trovava in condizioni di inidoneità fisica a
svolgere qualsiasi lavoro”;
– che l’onere della impossibilità di farsi visitare in Italia era
a carico della lavoratrice, la quale si era limitata a produrre il
certificato anzidetto.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione la
dipendente sulla base di due motivi. Il Ministero dell’Istruzione
ha resistito con controricorso, mentre l’Ufficio Scolastico
Regionale per il Lazio è rimasto intimato.
In prossimità dell’udienza di discussione è stata
depositata, dalla parte ricorrente, memoria di costituzione con
nuovi difensori.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve preliminarmente dichiararsi l’inammissibilità della
nomina dei nuovi difensori della ricorrente, con procura
rilasciata a margine della memoria di costituzione del 28 gennaio
2014.
Ed infatti la possibilità di apporre la procura speciale a
margine della memoria di nomina del nuovo difensore, in
aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente
designato, è stata introdotta dall’art. 45, comma 9, lettera a),
della legge 18 giugno 2009 n. 69, a modifica dell’art. 83, comma
2, cod. proc. civ., ma tale disposizione, a norma dell’art. 58,
comma 1, della predetta legge, si applica ai giudizi instaurati
dopo la data della sua entrata in vigore, cioè ai giudizi proposti

– che l’unico elemento era costituito da un certificato

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in primo grado a decorrere dal 4 luglio 2009, poiché il
riferimento ai “giudizi instaurati”, e non alle “impugnazioni
proposte”, rivela l’intento del legislatore di riferire le modifiche
normative alle nuove controversie, introdotte dopo l’entrata in
vigore della legge, tranne le modifiche per le quali è stata
esplicitamente prevista l’applicazione ai giudizi pendenti.
applicazione l’art. 83 cod. proc. civ., nel testo anteriore alla
suddetta modifica, che non prevedeva, per la memoria di nomina
del nuovo difensore, che la procura potesse essere apposta a
margine o in calce di tale atto, ma che questa, generale o
speciale, dovesse essere conferita con atto pubblico o scrittura
privata autenticata.
2.

Con il primo motivo, la ricorrente, denunziando

violazione dell’art. 2700 cod. civ., deduce che il certificato medico
richiamato dal collegio peritale nella relazione di consulenza va
equiparato all’atto pubblico e, parimenti, riveste la qualifica di
pubblico ufficiale l’esercente la professione sanitaria che lo ha
rilasciato.
In relazione a quanto precede, la Corte di merito avrebbe
dovuto attribuire valore decisivo a tale certificato, che aveva
evidenziato l’impossibilità della Pasetto a venire in Italia per
essere sottoposta a visita.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Il
sanitario, che nell’esercizio della sua professione è autorizzato a
rilasciare certificato, può incorrere al reato di falso in atto
pubblico, in quanto riveste la qualità di pubblico ufficiale”.
3. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando
“violazione della legge del diritto internazionale e della legge n.
49/1987”, rileva che l’Ambasciata Italiana di Tunisi, dove la
medesima aveva chiesto di essere sottoposta a visita medica,
costituisce territorio dello Stato italiano. Pertanto il diniego
opposto dal datore di lavoro di effettuare la visita presso tale
Ambasciata era illegittimo.

Di conseguenza nella fattispecie in esame trova

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4. Il primo motivo è inammissibile per inidoneità del
quesito di diritto.
4.1. Questa Corte ha più volte affermato che il quesito di
diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione
sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia
del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si

ribaltare la decisione impugnata (Cass. 28 maggio 2009 n.
12649; Cass. 19 febbraio 2009 n. 4044; Cass. Sez. Un. 30
settembre 2008 n. 24339).
Ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter
comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi
logico-giuridica della questione, l’errore di diritto assefitamente
compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare.
Il quesito di diritto deve inoltre essere specifico e risolutivo
del punto della controversia, dovendo escludersi che la
disposizione di cui all’art. 366

bis

c.p.c. debba essere

interpretata nel senso che il quesito e il momento di sintesi
possano desumersi dalla formulazione del motivo, atteso che una
siffatta interpretazione si risolverebbe nella abrogazione tacita
della norma in questione (Cass. Ord. 23 gennaio 2012 n. 910;
Cass. Sez. Un. 5 febbraio 2008 n. 2658; Cass. Sez. Un. 26 marzo
2007 n. 7258)
L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale alla
omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di
ordine formale la norma incide anche sulla sostanza
dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il
quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in
relazione alla concreta fattispecie (Cass. 7 aprile 2009 n. 8463;
Cass. Sez. un. 30 ottobre 2008 n. 26020; Cass. Sez. un. 25
novembre 2008 n. 28054).
Nella specie con il quesito si chiede se il sanitario, quale
pubblico ufficiale, nel rilasciare un certificato medico, può

sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, in modo da

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incorrere nel reato di falso in atto pubblico, senza tener conto
che la Corte di merito non ha contestato l’autenticità e la
legittimazione del sanitario a rilasciare il certificato in questione,
ma ha ritenuto che esso fosse “apodittico e vago” nel contenuto,
con riguardo cioè alla impossibilità della ricorrente di venire in
Italia per essere sottoposta a visita.

in questione, recante la data del 21 maggio 2001, poteva
giustificare la mancata presentazione della ricorrente ad una
delle visite, mentre nella specie la medesima più volte ha dedotto
di non potere venire in Italia per essere sottoposta a visita,
adducendo motivi di salute.
5. Anche il secondo motivo è inammissibile.
La Corte di merito non affronta la questione dedotta dalla
ricorrente, secondo cui la medesima avrebbe potuto essere
sottoposta a visita presso l’Ambasciata Italiana di Tunisi, in
quanto territorio nazionale.
La ricorrente non deduce di avere proposto tale questione
in appello né tanto meno indica i termini in cui essa è stata
posta all’esame di quel giudice.
Trattandosi di questione nuova, essa non può trovare
ingresso in questa sede.
6.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato

inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al
pagamento delle spese di questo giudizio a favore del Ministero
resistente, come in dispositivo.
Nulla per le spese nei confronti dell’Ufficio Scolastico
Regionale del Lazio, rimasto intimato.
P. Q . M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che
liquida, a favore del Ministero resistente, in E 100,00 per esborsi
ed E 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di
legge.

4.2. Il motivo è peraltro infondato, in quanto il certificato

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Nulla per le spese nei confronti dell’Ufficio Scolastico Regionale
del Lazio.

Così deciso in Roma in data 5 febbraio 2014.

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