Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10354 del 11/05/2011

Cassazione civile sez. I, 11/05/2011, (ud. 04/03/2010, dep. 11/05/2011), n.10354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6376/2008 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARRA Alfonso Luigi, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2204/06 R.G.V.G. della CORTE D’APPELLO di

NAPOLI dell’1/12/2006, depositata il 24/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che S.L. ha chiesto la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di un indennizzo a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento iniziato davanti al Tar Campania con ricorso del 10 dicembre 1997 definito con sentenza del 1 marzo 2005; che, con decreto del 24 marzo 2007, la corte d’appello di Napoli, ritenuta ragionevole una durata di tre anni ha condannato l’amministrazione convenuta al pagamento di Euro 3.200,00 per i quattro anni ulteriore durata ritenuta irragionevole, oltre alle spese giudiziali;

che il S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattordici motivi e che la Presidenza del Consiglio ha resistito con controricorso; che è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che il ricorso pone le seguenti questioni: 1) rapporti tra la CEDU e la giurisprudenza EDU e l’ordinamento nazionale e necessità di disapplicazione della norma interna contrastante con quella CEDU o con la giurisprudenza EDU; 2) illegittimità della liquidazione dell’equa riparazione in relazione: a) alla limitazione alla sola durata del procedimento eccedente quella ragionevole; b) alla liquidazione di un importo inferiore ai 1.000,00/1.500,00 Euro l’anno; c) alla mancata risposta sulla domanda di condanna al pagamento di un bonus di 2.000,00 Euro; 3) erronea liquidazione delle spese;

che il ricorso è manifestamente infondato nella parte in cui prospetta la censura sub 1) e sub 2);

che, infatti, in caso di contrasto tra norma interna e norma sovranazionale il giudice può disapplicare la norma interna solo se in contrasto con norma comunitaria e non con norma CEDU;

che, quanto alla domanda di attribuzione di una somma forfettaria di Euro 2.000,00 in relazione alla natura della controversia, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, tale da giustificare l’attribuzione del bonus, tale valutazione discrezionale non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, in caso di diniego di detta attribuzione, una motivazione implicita; che per il giudice nazionale, sul punto relativo alla determinazione del periodo al quale commisurare l’equa riparazione è vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, nè tale diversità di calcolo tocca la complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, e, dunque, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla repubblica italiana mediante la ratifica della convenzione europea e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, par. 1, della convenzione medesima (art. 111 Cost., comma 2, nel testo fissato dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2);

che il motivo, con il quale si lamenta che la corte territoriale si sia irragionevolmente discostata dagli standard medi di liquidazione dell’indennità utilizzati dalla corte di Strasburgo è manifestamente infondato perchè la corte territoriale, liquidando _ 800,00 per ogni anno di ritardo, non si è discostata in modo irragionevole dai criteri di liquidazione normalmente seguiti dai giudici italiani, in conformità con gli orientamenti della corte di Strasburgo;

che è fondata la censura relativa alla liquidazione delle spese effettuata in violazione dei minimi tariffari; che, non essendovi ulteriori accertamenti di fatti da compiere può procedersi alla decisione del merito, ai sensi dell’art. 384 c.c., provvedendo alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado e, previa compensazione dei due terzi di quelle del presente giudizio, di un terzo di quelle del giudizio di cassazione, da distrarre in favore del difensore antistatario.

PQM

accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna la Presidenza del Consiglio al pagamento delle spese che si liquidano in Euro 873,00 (Euro 445,00 per onorari, Euro 378,00 per diritti ed Euro 50,00 per esborsi) per il giudizio di merito e, previa compensazione di due terzi, in Euro 177,00 per onorari della presente fase oltre ad Euro 30,00 per esborsi; le spese vanno distratte in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, che si è dichiarato antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2011

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