Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10353 del 13/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 10353 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 19279-2011 proposto da:
BOSCARINI SERGIO ENRICO BSCSGN36L23D969Q, CECCARELLI
ANGIOLO CCCNGL41L06B551V,D’AVERSA VITTORIO BENITO
BRUNO DVRVTR4OR28D969V, FERRANDO VITTORIO
FRRVTR39D28B551X, FRECCIERI ARMANDO FRCRND26R181480K,
LODI VITTORIO CORRADO, LONGO ALAIMO RODOLFO,
2014
300

MOSCHELLA

PIETRO,

PESTARINO

FRANCESCA

PSTFNC35R54D969, POLI SERGIO PLOSRG4106D969P, REPETTO
CLETO RPTCLT41C21B551U, ROSSELLO GIUSEPPE
RSSGPP37B191946Q, TRAVERSO FRANCO TRVFNC39E30D969S,
TROVATORE ROBERTO TRVRRT41A19D969N, tutti

Data pubblicazione: 13/05/2014

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RUGGERO FAURO
43, presso lo studio dell’avvocato PETRONIO UGO, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAZZOTTA ORONZO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

FONDO PENSIONI DEL GRUPPO SAN PAOLO IMI C.F.
97535700013;
– intimato –

Nonché da:
FONDO PENSIONI DEL GRUPPO SAN PAOLO IMI C.F.
97535700013, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, rappresentato e difeso dall’avvocato TOSI
PAOLO, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

BOSCARINI SERGIO ENRICO BSCSGN36L23D969Q, CECCARELLI
ANGIOLO CCCNGL41L06B551V, D’AVERSA VITTORIO BENITO
BRUNO DVRVTR4OR28D969V, FERRANDO VITTORIO
FRRVTR39D28B551X, FRECCIERI ARMANDO FRCRND26R181480K,
LODI VITTORIO CORRADO, LONGO ALAIMO RODOLFO,
MOSCHELLA PIETRO, POLI SERGIO PLOSRG4106D969P,
PESTARINO FRANCESCA PSTFNC35R54D969, REPETTO CLETO
RPTCLT41C21B551U, ROSSELLO GIUSEPPE RSSGPP37B191946Q,

contro

TRAVERSO FRANCO TRVFNC39E30D969S, TROVATORE ROBERTO
TRVRRT41A19D969N;
– intimati avverso la sentenza n. 295/2011 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 07/04/2011 R.G.N. 352/2010;

udienza del 29/01/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato MAZZOTTA ORONZO;
udito l’Avvocato TOSI PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principalapt assorbimento del
ricorso incidentale.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. n. 19279/11
Ud. 29 genn. 2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
epigrafe, ex dipendenti dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino,
tutti in pensione da data anteriore al 31 dicembre 1997, erano
iscritti all’Ente Previdenziale San Paolo, ai fini dell’erogazione
delle prestazioni pensionistiche complementari.
In base allo Statuto dell’Ente avevano diritto ad un
trattamento previdenziale aggiuntivo, ai sensi dell’art. 1, lettera
b), da erogare una volta l’anno dopo l’approvazione del bilancio.
A seguito del D. Lgs. n.124/93, con accordo collettivo del
17 febbraio 1998 fu attuata una revisione del sistema di
previdenza complementare dei dipendenti dell’Istituto San Paolo )
al fine di ricondurne le previsioni al decreto legislativo. Si stabili
che tutta la gestione dell’Ente Previdenziale San Paolo passasse
al Fondo Pensioni del Gruppo IMI San Paolo. Fu costituita una
Commissione paritetica, la quale, avvalendosi di uno studio
attuariale redatto da consulenti esterni, quantificò, per gli iscritti
al Fondo in data anteriore al 31 dicembre 1997, l’ammontare
delle quote individuali spettanti a ciascuno attraverso la
ripartizione del patrimonio dell’Ente. A tali dipendenti fu lasciata
la scelta tra percepire una quota individuale in un’unica
soluzione o versarla ad un’assicurazione per la costituzione di
una rendita vitalizia. I dipendenti accettarono la quota
individuale.
Con ricorso al Tribunale di Genova gli odierni ricorrenti,
premesso che erano inopponibili alla loro posizione giuridica le
modifiche della previdenza integrativa contenute negli accordi
sindacali degli anni 1998/99, dedussero l’illegittimità della
liquidazione delle quote individuali da ciascuno maturate,

Sergio Enrico Boscarini e gli altri litisconsorti indicati in

2

relative alla prestazione previdenziale di cui all’art. 1, lettera b)
dello Statuto, e chiesero la riliquidazione di tali quote sulla base
dell’applicazione di corretti criteri attuariali, con condanna del
Fondo convenuto – che aveva assorbito l’Ente Previdenziale San
Paolo – al pagamento delle somme loro rispettivamente spettanti.
Il Tribunale adito respinse le domande e tale decisione venne
marzo – 7 aprile 2011.
La Corte anzidetta, dopo aver respinto l’eccezione di 11″.

i313integrità del contraddittorio, quella di difetto di legittimazione
passiva del Fondo e l’eccezione di prescrizione da questo
sollevatq, rigettò nel merito la pretese dei pensionati, osservando
in sintesi:
– che la richiesta di inopponibilità ai pensionati degli accordi
sindacali del 1998 e 1999 comportava de plano il rigetto della
domanda di liquidazione in capitale delle quote inerenti la
prestazione di cui alla lettera b), art. 1, sopra indicata, essendo il
diritto a tale liquidazione contemplato da tali accordi;
– che il nuovo sistema garantiva un trattamento che in
precedenza era non solo indeterminato ma potenzialmente anche
pari a zero in caso di mancanza di reddito prodotto dal
patrimonio, ciò rendendo aleatoria e non solo indeterminata la
percezione della prestazione suddetta;
– che alla base della domanda dei lavoratori si poneva
un’aspettativa e non già un diritto soggettivo;
– che la dedotta violazione dei principi di correttezza e buona
fede poteva rilevare solo in sede risarcitoria, ma nella specie era
rimasto indimostrato che gli accordi sindacali del 1998 e del
1999 avessero procurato ai pensionati i danni lamentati,
costituiti dalle somme richieste;
– che l’incarico al consulente esterno della redazione di uno
studio attuariale ai fini della determinazione delle quote
individuali spettanti a ciascun pensionato, non comportava
l’applicazione dell’art. 1349 cod. civ. (de

tairr. ad un terzo

confermata dalla Corte di Appello di Genova con sentenza 30

3
MIA cleteuin;.”caZott,
(dell’oggetto del contratto), non risultando che le parti collettive si

tti4AU

fossero in alcun modo vincolate alla valutazione del terzo, la
quale era piuttosto servita come presupposto tecnico per le
determinazioni assunte dalle stesse parti.
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono i pensionati
sulla base di cinque motivi. Il Fondo pensioni resiste con

condizionato, con il quale insiste nelle eccezioni preliminari
rigettate dalla Corte d’appello. Le parti hanno depositato
memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I ricorsi, principale ed incidentale, devono essere riuniti ex
art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la stessa
sentenza.
2. Con il primo motivo del ricorso principale, si denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. in
riferimento alle disposizioni dello Statuto dell’Ente Previdenziale
San Paolo, nonché vizio di motivazione su un punto decisivo
della controversia.
Si deduce che la domanda volta alla declaratoria di
inopponibilità ai ricorrenti delle modifiche della previdenza
integrativa attuate con gli accordi degli anni 1998/99 non si
pone in conflitto con quella diretta ad ottenere la riliquidazione
del trattamento determinato da quegli accordi. Questi hanno
infatti semplicemente inteso procedere ad una liquidazione delle
spettanze di pertinenza dei ricorrenti, muovendo dal presupposto
che costoro fossero titolari di diritti soggettivi perfetti nei
confronti di quel trattamento, così come determinato dalla fonte
istitutiva.
Né, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito,
poteva ritenersi che la prestazione c.d. “B” fosse connotata da
incertezza ed aleatorietà, non avendo alcun senso la
predisposizione di un complesso meccanismo attuariale diretto
alla attualizzazione della rendita ove si fosse trattato di una

controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale

4

prestazione eventuale ed aleatoria. Del resto le stesse parti
negoziali hanno esplicitamente dichiarato, nel fare proprio lo
studio attuariale, che questo era volto ad individuare criteri e
metodi di definizione delle prestazioni, tali da salvaguardare i
diritti individualmente maturati dai singoli iscritti, con ciò
ammettendo esplicitamente che esistevano dei diritti soggettivi
dovevano trovare una forma di tutela attraverso la restituzione
per equivalente delle relative utilità.
L’esistenza di tali diritti era peraltro comprovata dal fatto
che la prestazione “B” era alimentata dal contributo degli iscritti
e da quello dei datori di lavoro, sicchè la liquidazione del
patrimonio dell’ente non poteva che incidere su diritti soggettivi.
La sostituzione di tale prestazione con una erogazione una

tantum ha determinato la lesione di quei diritti, in relazione
all’entità dell’obbligazione assunta dall’ente ed al correlativo
diritto maturato dai ricorrenti.
Palesemente apodittica ed indimostrata era poi
l’affermazione della Corte secondo cui la prestazione offerta ai
ricorrenti dal Fondo fosse migliorativa rispetto a quella che in
precedenza avevano percepito.
3. Con il secondo motivo del ricorso principale è denunziata
violazione e falsa applicazione degli artt. 1703, 1704 cod. civ., 3
e 18 D. Lgs. n. 14 del 1993 nonché vizio di motivazione si) un
punto decisivo della controversia.
Si afferma che le organizzazioni sindacali non potevano
disporre liberamente delle situazioni giuridiche soggettive di
soggetti (i pensionati) privi di loro rappresentanti sindacali a
seguito della cessazione del rapporto. Le relative pattuizioni non
potevano pertanto incidere sui diritti di tali soggetti. Le modifiche
statutarie erano peraltro consentite, ai sensi del d. lgs n. 124 del
1993, solo in presenza di una situazione di grave squilibrio
finanziario, evenienza questa non ricorrente nella specie.

perfetti già entrati nel patrimonio dei pensionati e che essi

5

La possibilità, poi, di apportare agli statuti dei fondi le
necessarie modificazioni ai sensi del decreto legislativo citato, era
consentita purchè non riguardasse “l’area dei potenziali
destinatari”, con ciò intendendosi che dovevano essere fatti salvi
i diritti quesiti dei soggetti già iscritti a forme pensionistiche
complementari.

applicazione degli artt. 3, 36, 38 Cost., 1453, 2117, 2123 cod.
civ., nonché vizio di motivazione su un punto decisivo della
controversia.
Si ribadisce l’intangibilità delle situazioni giuridiche relative
ai diritti soggettivi perfetti già maturati, tenuto conto del nesso di
corrispettività che lega la prestazione previdenziale integrativa
alla complessiva prestazione lavorativa resa ed, altresì, della
circostanza che alla contribuzione accantonata hanno
partecipato gli stessi lavoratori in costanza di rapporto,
aggiungendosi che le scelte negoziai non possono incidere sulle
posizioni delle parti più deboli, notoriamente escluse dalla tutela
delle organizzazioni sindacali. Conseguentemente, le modifiche
alla posizione dei pensionati, contenute negli accordi sindacali,
non solo non sono opponibili agli stessi, ma risultano
pienamente sindacabili davanti al giudice, non potendo
l’autonomia collettiva avallare operazioni palesemente illegittime
dirette a danneggiare in modo irreversibile interessi entrati a far
parte del patrimonio dei soggetti. Il controllo giudiziale, lungi
dall’interferire illegittimamente con le prerogative delle parti
sociali, mira a salvaguardare lo scopo propostosi dalle stesse
parti, e cioè la tutela dei diritti maturati.
5. Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione
dell’art. 1362 cod. civ., in relazione all’art. 1, comma 5, dello
Statuto del Fondo pensioni del Gruppo San Paolo IMI, nonché
vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.
Si sostiene che le parti negoziai hanno del tutto omesso di
411
prendere-Considerazione la disposizione dello Statuto dianzi

4. Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa

6

indicata che, nel fare salva, nella realizzazione del processo di
razionalizzazione del sistema di previdenza complementare
aziendale, la piena continuità “dei due Regimi” e “l’assenza di
qualsiasi volontà novativa da parte delle fonti istitutive”, ha
inteso escludere ogni frattura tra il vecchio e il nuovo, con ciò
confermandosi che i ricorrenti fanno valere diritti che loro

liquidati in misura non conforme all’entità delle posizioni di
diritto acquisite.
6. Il quinto motivo denunzia violazione e falsa applicazione
degli artt. 1349, 1453 e 1362 cod. civ., in riferimento all’accordo
aziendale del 7 novembre 1998, nonché vizio di motivazione su
un punto decisivo della controversia.
Si critica la sentenza impugnata nella parte in cui omette di
affrontare la correttezza della scelta dei criteri utilizzati dalle
parti collettive per determinare le spettanze dei ricorrenti.
L’affidamento ad esperti attuariali era mirato ad individuare
criteri e metodi di definizione delle prestazioni, tali da
salvaguardare i diritti individualmente maturati dai singoli
iscritti, mentre le somme liquidate ai ricorrenti sono state
macroscopicamente inferiori rispetto al dovuto, come era stato
dimostrato attraverso la perizia di parte.
La sentenza impugnata, ad avviso dei ricorrenti, è altresì
viziata per avere escluso l’applicabilità nella fattispecie dell’art.
1349 cod. civ. (determinazione della prestazione dedotta in
contratto deferita ad un terzo), non considerando che le parti
hanno inteso non semplicemente acquisire un parere, quanto
piuttosto rimettere al terzo la determinazione di un elemento del
contratto (la prestazione dovuta ai pensionati), con ciò
dimostrando di voler ricondurre l’affidamento dell’incarico alla
disciplina dell’arbitraggio, con la volontà di acquisire il parere
attuariale come parte integrante della volontà negoziale e di
vincolarsi alle determinazioni dell’arbitro. La verifica di congruità
dell’operato del terzo se può essere limitata al minimo quando gli

appartenevano sulla base del vecchio regime e che sono stati

7

effetti del negozio siano destinati ad operare tra le parti, non
trova limiti nell’ipotesi in cui tali effetti siano destinati ad
incidere nella sfera giuridica dei terzi. Nella specie la perizia di
parte dei ricorrenti aveva mosso una serie di rilievi all’elaborato
attuariale, che la sentenza impugnata ha del tutto omesso di
prendere in considerazione.
è denunziata violazione degli artt. 182 cod. proc. civ. e 1362 cod.
civ., in relazione allo Statuto del Fondo.
Si sostiene che questo è privo di legittimazione passiva, non
potendo essere chiamato a rispondere delle decisioni e dei
Il

comportamenti imputabili alle ” fonti istitutive) costituite dagli
accordi sindacali del “1998/99”. In base allo Statuto, il Fondo
era tenuto a recepire detti accordi e a dare esecuzione agli stessi.
nI/
Da ciò la legittimazione passiva delle fonti istitutive.
8. Il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato
denunzia violazione dell’art. 784 cod. civ. “in relazione alla
intervenuta ripartizione del patrimonio del vecchio Fondo tra
attivi e pensionati”.
Si deduce che era necessaria l’integrazione del
contraddittorio nei confronti degli iscritti attivi al Fondo, posto
che la domanda proposta dai ricorrenti, ove accolta, è destinata
ad incidere sulle posizioni degli iscritti attivi, non essendo “più
individuabile un patrimonio imputabile all’Ente”, ma agli stessi
iscritti.
9. Con il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato, il
ricorrente insiste nell’eccezione di prescrizione formulata con la
memoria di costituzione di primo grado, rilevando che
l’erogazione delle singole posizioni patrimoniali attraverso la
liquidazione in capitale o stipula della polizza assicurativa, è
avvenuta nel mese di ottobre 1999, mentre gli odierni ricorrenti
hanno chiesto la riliquidazione delle loro posizioni solo nel corso
del 2005, ben oltre cioè il termine quinquennale di prescrizione.

7. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato,

8

ist+AAL4,4
10. Il ricorsor i cui motivi vanno esaminati congiuntamente
in ragione della loro connessione, non è fondato.
Ai fini di un ordinato iter argomentativo, è necessario
premettere le vicende che hanno preceduto l’instaurazione della
presente controversia, quali desumibili dalla esposizione dei fatti
contenuta negli scritti difensivi delle parti.

complementare dei dipendenti dell’Istituto Bancario San Paolo di
Torino è stato gestito dall Ente Previdenziale San Paolo, con
autonomia soggettiva e patrimoniale rispetto all’Istituto bancario
anzidetto.
L’art. 1 dello Statuto del predetto ente prevedeva due
distinte prestazioni: a) un trattamento previdenziale
complementare di quello obbligatorio; b) un trattamento
previdenziale aggiuntivo di quello obbligatorio (quello richiesto
dai ricorrenti), determinato in base all’art. 9 dello Statuto e alle
disposizioni di attuazione contenute “nell’appendice n. 3” dello
stesso.
L’Ente, in base all’art. 11, aveva l’obbligo di provvedere alla
corresponsione della prestazione di cui alla lettera b) il primo
gennaio dell’anno successivo a quello di collocazione a riposo
dell’iscritto, se l’interessato aveva compiuto sessant’anni oppure
se fossero trascorsi trentacinque anni dalla data di assunzione
convenzionalmente determinata in base agli artt. 11 e 12 dello
Statuto. La prestazione veniva erogata in unica soluzione dopo
l’approvazione del bilancio (art. 13), mentre quella previdenziale
complementare di cui alla lettera a) veniva corrisposta in dodici
mensilità annue.
L’iscritto aveva la facoltà di rinunciare, all’atto del
collocamento a riposo, alla liquidazione di uno o entrambi i
trattamenti previsti dalle lettere a) e b) e, in questo caso, l’Ente
provvedeva al rimborso dei contributi versati secondo le
disposizioni contenute nelle norme statutarie (artt. 14 e 15).
Analogo trattamento veniva riservato agli iscritti che cessavano

A far data dal 10 giugno 1982, il regime pensionistico

9

dal rapporto di lavoro per qualsiasi causa diversa dal
collocamento a riposo.
Entrato in vigore il D. Lgs. n. 124 del 1993, recante la
disciplina delle forme pensionistiche complementari, il cui art. 3
ha individuato, tra l’altro, quali fonti istitutive delle forme
pensionistiche complementari i contratti e gli accordi collettivi,

febbraio 1998, attuarono una revisione del sistema di previdenza
complementare dei dipendenti dell’Istituto Bancario San Paolo di
Torino, per ricondurne le previsioni al D. Lgs. n. 124 del 1993.
A tal fme venne costituita una Commissione tecnica
paritetica per l’esame delle innovazioni da apportate agli statuti
dell’Ente previdenziale e del Fondo integrativo del trattamento di
fine rapporto.
Con intesa collettiva aziendale del 7 novembre 1998 si
effettuò il complessivo riassetto del regime di previdenza
complementare; si stabilì che tutte le gestioni dell’Ente
passassero al Fondo integrativo, che contestualmente avrebbe
assunto la denominazione di Fondo Pensioni del Gruppo San
Paolo IMI S.p.A.; si decise di passare ad un sistema a
contribuzione definita, ma a capitalizzazione individuale, e si
quantificò, sulla base dei criteri stabiliti dalla Commissione
tecnica paritetica costituita con l’accordo collettivo del 17
febbraio 1998 – che si era avvalsa delle risultanze di uno studio
attuariale redatto da un consulente esterno – l’ammontare delle
quote individuali spettanti a tutti gli iscritti al Fondo.
La consistenza delle quote individuali venne stabilita
attraverso “la ripartizione del patrimonio dell’Ente” tra iscritti in
servizio e iscritti in quiescenza con riferimento alla situazione
patrimoniale del 31 dicembre 1997. Per gli iscritti attivi al 10
gennaio 1998 si stabili che la quota individuale dovesse
costituire la dotazione individuale iniziale presso il Fondo,
destinata ad incrementarsi nel tempo attraverso il versamento di
altri contributi; al personale in pensione al 31 dicembre 1997 fu

anche aziendali, le parti sociali, con accordo collettivo del 17

10

lasciata la scelta tra percepire una quota individuale incrementata del patrimonio investito sino alla data di
permanenza presso il fondo – in un’unica soluzione o versarla ad
un’assicurazione per la costituzione di una rendita vitalizia,
liquidata secondo criteri prettamente assicurativi.
Con successivo accordo del 30 novembre 1998 le parti

relativo studio attuariale redatto dal consulente esterno, che ne
divenne parte integrante.
Con intesa collettiva del 31 maggio 1999 le parti sociali,
richiamati i precedenti accordi, stabilirono che, decorsi tre mesi
dalla comunicazione, da parte del Fondo, a ciascun iscritto in
quiescenza al 31 dicembre 1997 della quantificazione della
propria quota individuale, nel caso di mancata scelta
dell’interessato (tra la rendita vitalizia e la liquidazione in
un’unica soluzione), il Fondo avrebbe costituito la rendita
vitalizia.
Gli odierni ricorrenti optarono per la liquidazione in
capitale e, successivamente – a dire del controricorrente, dopo
ounnti.
oltre cinqueT- contestarono il riassetto organizzativo del sistema
previdenziale come sopra operato e chiesero la rideterminazione
del trattamento previdenziale aggiuntivo di cui all’art. 1, lettera
b), dello Statuto dell’Ente Previdenziale San Paolo.
11. Tanto premesso, deve osservarsi che la domanda
proposta dai ricorrenti è volta alla declaratoria di inopponibilità,
nei loro confronti, delle modifiche della previdenza integrativa
contenute negli accordi sindacali del 1998 e 1999, nonché di
illegittimità della liquidazione delle quote individuali relative alla
prestazione previdenziale di cui alla lettera b), dianzi indicata,
con accertamento del diritto degli stessi ricorrenti alla
riliquidazione di tali quote sulla base di corretti criteri attuariali
e condanna del Fondo pensioni al pagamento dei relativi importi.
Come correttamente osservato dalla Corte territoriale, la
dedotta inopponibilità degli accordi sindacali ai ricorrenti si pone

sociali approvarono il nuovo Statuto del Fondo pensioni e il

11

in evidente contraddizione logica con la richiesta di riliquidazione
della prestazione previdenziale in questione, la quale può trovare
fondamento solo applicando la regolamentazione negoziale con la
quale è stata introdotta la possibilità, per il personale collocato
in pensione alla data del 31 dicembre 1997, di percepire in unica
soluzione detta prestazione.

la prestazione loro liquidata è inferiore a quella effettivamente
loro spettante, può essere verificata solo alla stregua della
disciplina degli accordi sopra citati.
Peraltro i ricorrenti, nel lamentare l’attribuzione di una
quota “in misura macroscopicamente inferiore rispetto a quella
dovuta” e nel dedurre che essa era stata determinata attraverso
una tecnica attuariale scorretta, utilizzando criteri palesemente
iniqui, non indicano le spettanze che avrebbero dovuto percepire
in luogo di quelle effettivamente loro erogate.
12. Assumono ancora i ricorrenti che essi erano titolari di
un diritto soggettivo perfetto, già maturato, sul quale non
potevano incidere le parti sociali con l’introduzione di un
trattamento peggiorativo, e che non solo esiste il principio di
intangibilità dei diritti acquisiti, ma è ben ammissibile un
controllo di ragionevolezza delle scelte negoziai.
L’assunto non può essere condiviso per le ragioni appresso
indicate.
La prestazione previdenziale c.d. aggiuntiva di cui alla
lettera b), cui avevano diritto i ricorrenti prima delle modifiche
attuate dagli accordi sindacali, era certa nell’an, ma non già nel

quantum, essendo costituita da una quota del reddito prodotto
dalla gestione di pertinenza della prestazione stessa, individuata
secondo i criteri previsti dall’art. 9 dello Statuto dell’Ente, quota
che peraltro non poteva superare determinati limiti.
In quale misura tale quota sia stata incisa dalle modifiche
introdotte dagli accordi sindacali è un dato non emerso dagli atti,
né evidenziato dagli stessi ricorrenti.

Anche la fondatezza dell’assunto dei ricorrenti, secondo cui

12

Come risulta dagli accordi sindacali interamente trascritti
nel ricorso – che, è bene precisarlo, costituiscono fonti istitutive
delle forme pensionistiche complementari, ai sensi dell’art 3 del
D. Lgs. n. 124 del 1993 – le parti sociali procedettero al
complessivo riassetto del regime di previdenza complementare e
alla revisione dell’ordinamento dell’Ente previdenziale San Paolo,
fissati dal D. Lgs. n. 124/1993 e successive modificazioni”.
Nell’elaborazione delle modifiche si tenne conto, “oltre che
dei richiamati obblighi, anche dell’opportunità di adeguare il
regime indicato dalle leggi di riferimento, nonché di rendere
l’assetto della previdenza complementare compatibile con le
prevedibili evoluzioni della struttura aziendale e di Gruppo”.
I criteri e i metodi di definizione delle prestazioni, sotto il
profilo giuridico, dovevano essere tali “da salvaguardare i diritti
individualmente maturati dai singoli iscritti”.
In tale prospettiva, si stabilì che la determinazione delle
prestazioni erogate dal Fondo venisse effettuata attraverso il
sistema della capitalizzazione individuale, con i criteri e le
modalità specificamente individuate, con riguardo alla
prestazione b), attraverso lo studio attuariale sopra indicato.
In sostanza, le parti sociali, nel procedere alla revisione e al
riassetto del sistema di previdenza complementare, hanno
ritenuto, con riguardo alla prestazione di cui alla lettera b), con il
dichiarato scopo di adeguare il regime delle prestazioni ai
principi fissati dal D. Lgs. n. 124 del 1993 e successive
modificazioni, e con scelte insindacabili, di regolare in maniera
diversa rispetto a quanto previsto precedentemente, le posizioni
del personale in quiescenza al 31 dicembre 1997, prevedendo per
costoro un sistema di liquidazione in capitale, in unica
soluzione, delle posizioni maturate o, in alternativa, la
costituzione di una rendita vitalizia, soluzioni entrambe non
lesive delle loro posizioni giuridiche, che, è bene ribadirlo, erano
certe solo nell’an e non anche nel quantum.

“in riferimento all’obbligo di ricondurne le previsioni ai principi

13

14. Deve escludersi, diversamente da quanto sostenuto dai
ricorrenti, che le parti collettive, nell’acquisire, con l’accordo del
30 novembre 1998, lo studio attuariale volto ad individuare i
criteri e i metodi di definizione delle prestazioni, abbiano voluto
rimettere al terzo, ai sensi dell’art. 1349 cod. civ., la
determinazione di un elemento del contratto (la prestazione

nella specie la disciplina dell’arbitraggio.
Esso consiste infatti nel completamento ad opera di un
terzo di un rapporto giuridico in via di formazione, mediante
l’applicazione di un’attività sostitutiva di quella delle parti, a
mezzo della quale l’arbitratore procede alla determinazione
dell’elemento mancante, concorrendo al perfezionamento del
contratto.
Decisiva, al fine di identificare l’esistenza di un arbitraggio,
è la volontà delle parti che hanno conferito l’incarico.
Nella specie, come si evince dai verbali di accordo sopra
richiamati, le parti sociali, al fine di modificare lo Statuto
dell’Ente Previdenziale San Paolo, istituì una Commissione
tecnica paritetica “incaricata di sottoporre alle Parti i risultati
dell’esame condotto”, acquisendo, “a supporto delle conclusioni
raggiunte” lo studio attuariale di cui s’è detto.
Sulla scorta dei risultati raggiunti dalla Commissione e
dallo studio attuariale, condivisi dalle parti sociali, venne quindi
approvato il nuovo statuto del Fondo pensioni, con assorbimento
dell’Ente previdenziale San Paolo in tale Fondo.
E’ chiaro quindi che la volontà delle parti sociali non fu
quella di deferire ad un terzo la determinazione di uno degli
elementi del negozio in formazione, ma piuttosto di acquisire un
parere non vincolante, essendo le stesse parti libere di accettarlo
o meno.
15. Quanto ai criteri utilizzati dallo studio attuariale per la
determinazione delle spettanze dei pensionati, trattasi di
questione che trova un ostacolo insuperabile nella condivisione

dovuta ai pensionati) e che, conseguentemente, sia ravvisabile

14

dei risultati da parte dei committenti che, nella loro autonomia,
hanno ritenuto, con scelte anche qui insindacabili, che i criteri e
i metodi di definizione delle prestazioni vennero correttamente
ancorati su valutazioni “la cui validità ha trovato conferma anche
in specifici approfondimenti attuati sotto il profilo giuridico, tali
da salvaguardare i diritti individualmente maturati dai singoli

ricorso).
Alla stregua di tutto quanto precede il ricorso deve essere
rigettato.
16. Restano assorbite le censure proposte con il ricorso
incidentale condizionato.
17. I ricorrenti, per il criterio legale della soccombenza,
vanno condannati al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate come in dispositivo.
P. Q . M .
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara
assorbito quello incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti
al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, a
favore del Fondo pensioni resistente, in complessivi € 100,00 per
esborsi ed € 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori
di legge..
Così deciso in Roma in data 29 gennaio 2014.

iscritti” (cfr. verbale sindacale del 7 novembre 1998, trascritto in

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA