Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10352 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. III, 20/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1200/2019 proposto da:

C.M., V.M., rappresentati e difesi

dall’avvocato UGO MALATESTA, domiciliazione p.e.c.

avvugomalatesta.cnfpec.it;

– ricorrenti –

contro

M.A., rappresentata e difesa dall’avvocato GABRIELE IORI,

domiciliazione p.e.c. gabrieleiori.ordineavvocatireggioemilia.it;

– controricorrente –

e contro

CI.GI., G.L., CLEMATIS SRL IN LIQUIDAZIONE,

S.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1576/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

M.A., per quanto ancora qui rileva, conveniva in giudizio C.M. e V.M.G. esponendo di aver subito infiltrazioni d’acqua nel proprio appartamento, acquistato pochi mesi prima dei fatti, provenienti dalle sovrastanti abitazioni dei convenuti;

la stessa evocava in lite anche la Clematis s.r.l., costruttrice e venditrice degli immobili, che, al momento delle infiltrazioni, stava eseguendo lavori di ristrutturazione, incidendo colposamente sul deflusso delle acque piovane;

l’attrice chiedeva l’esecuzione delle opere correttive indicate in accertamento tecnico preventivo, e il risarcimento dei danni riscontrati;

il Tribunale, davanti al quale resistevano i convenuti, accoglieva le domande attoree, accertando un difetto d’impermeabilizzazione e un’errata esecuzione e progettazione dei lavori edili, mentre rigettava, perchè tardiva, la pretesa di manleva spiegata, al contempo, dai proprietari degli appartamenti sovrastanti nei confronti della Clematis s.r.l.;

la Corte di appello respingeva il gravame, osservando che le responsabilità ex art. 2043 c.c., della società costruttrice e venditrice, nonchè ai sensi dell’art. 2051, c.c., dei proprietari e custodi, concorrevano, senza che potesse ostare a questo secondo titolo la condotta imputata alla società medesima, atteso che non poteva integrare l’esimente del caso fortuito;

avverso questa decisione ricorrono per cassazione C.M. e V.M.G., sulla base di un unico motivo;

resiste con controricorso M.A.;

le parti hanno depositato memorie;

Rilevato che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’autonomia esecutiva propria della società che aveva eseguito i lavori edili, peraltro non terminati al momento del rogito d’acquisto secondo quanto in quest’ultimo specificato, contrariamente a quanto affermato in sentenza, implicava l’interruzione del nesso causale per fatto del terzo, da equiparare al caso fortuito;

Rilevato che:

preliminarmente deve osservarsi, anche in relazione all’eccezione di parte controricorrente, che il ricorso è tempestivo;

infatti è vero che la notifica con esito positivo al domiciliatario della controricorrente in seconde cure è stata fatta il 26 gennaio 2019, a fronte della notifica della sentenza di appello effettuata in data 25 ottobre 2018 (e non 26 come dichiarato in ricorso), ma è anche vero che risulta tentata una prima notifica all’indirizzo di cui all’elezione nei termini, il 24 dicembre 2018, e che la successiva notificazione è stata effettuata e si è perfezionata nei 30 giorni dalla conoscenza dell’esito infausto della precedente, avvenuta con l’avviso di ricevimento restituito il 2 gennaio 2019;

va ribadito che in caso di notifica di atti processuali impugnatori non andata a buon fine, il notificante, se il mancato perfezionamento è dovuto a ragioni a lui non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere gli atti necessari al suo completamento, senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali che vanno provate; in specie, qualora risulti il trasferimento del difensore domiciliatario della parte destinataria della notifica, al fine di stabilire se il mancato perfezionamento sia imputabile al notificante, occorre distinguere a seconda che il difensore al quale viene effettuata detta notifica eserciti o meno la sua attività nel circondario del Tribunale dove si svolge la controversia, essendo nella prima ipotesi onere del notificante accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio del difensore, a prescindere dalla comunicazione, da parte di quest’ultimo, nell’ambito del giudizio, del successivo mutamento (Cass., 28/03/2019, n. 8618, Cass., 11/06/2018, n. 15056, Cass., Sez. U., 15/07/2016, n. 14594);

nel caso, il difensore dell’odierna controricorrente è del foro di Reggio Emilia, mentre la notifica era a domiciliatario del foro di Genova, ed è stata riattivata nel termine di 30 giorni;

nel merito cassatorio, il ricorso è infondato;

questa Corte ha chiarito che il criterio di imputazione della responsabilità al custode proprietario configura una fattispecie di responsabilità oggettiva, che prescinde dai comportamenti ascrivibili a colpa, trovando giustificazione nell’oggettivo rapporto menzionato, in forza del quale il proprietario, avvantaggiandosi del bene, è tenuto rispondere dei rischi da esso creati: ne consegue che i vizi di costruzione della cosa in custodia, pur se ascrivibili al terzo costruttore, non si possono considerare caso fortuito, idoneo ad interrompere il nesso causale, privando di giustificazione il criterio d’imputazione in parola, e non escludono la responsabilità di quest’ultimo nei confronti del terzo danneggiato (cfr., Cass., 10/03/2009, n. 5755, che a pag. 6 aggiunge che “meno che mai la responsabilità del proprietario può essere esclusa in relazione ai danni provocati a terzi da coloro che egli stesso abbia messo” o, si deve aggiungere, continuato a mettere “in relazione con il bene, per provvedere alla sua custodia o manutenzione”, ovvero alla sua gestione, “ferme restando, ovviamente, l’eventuale corresponsabilità del costruttore nei confronti del danneggiato e la proponibilità dell’azione di rivalsa nei confronti di lui”; sul punto, nello stesso senso cfr. Cass., 12/07/2011, n. 15291);

in altri termini, il vizio imputabile al terzo costruttore, non può essere qualificato come fatto eccezionale, interruttivo dell’eziologia riferibile al bene oggetto di custodia dominicale, legittimando una concorrente responsabilità e, in tesi, una rivalsa, ma non integrando un evento estraneo alla regolarità causale statisticamente riferibile alla dinamica propria della cosa, sia pure nella sua patologia, altrimenti svuotandosi la redistribuzione di rischi e costi implicata dall’art. 2051 c.c., quale ricostruito;

di qui l’irrilevanza del completamento o meno dei lavori prima del rogito, tenuto conto che la Corte di appello ha accertato, in fatto, che le infiltrazioni si erano manifestate dopo gli acquisti, pressochè contestuali, dell’attrice e dei convenuti, e che le stesse erano dovute a errori costruttivi: accertamento come tale non sindacabile in questa sede e non censurabile, neppure astrattamente, in chiave motivazionale, stante il divieto ex art. 348 ter c.p.c.,. comma 5 (non essendo stato dimostrata la difformità di ragioni di quella verifica fattuale, nei due gradi di merito: cfr., Cass., 22/12/2016, n. 26774, Cass., 06/08/2019, n. 20994);

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in Euro 2.300,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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