Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10351 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. III, 20/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 138/2019 proposto da:

M.L., rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA MARINO,

domiciliazione p.e.c. avvnicolamarino.puntopec.it;

– ricorrente –

contro

COMUNE BENEVENTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELSIANA 7,

presso lo studio dell’avvocato GIANCOSIMO TEDESCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO CATALANO;

– controricorrente –

e contro

GESESA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2008/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

M.L. conveniva in giudizio il Comune di Benevento per ottenere il risarcimento dei danni indicati come causati alla sua autovettura da un violento nubifragio abbattutosi sulla città, invocando la responsabilità custodiale dell’ente locale;

il Tribunale, davanti al quale resistevano sia il Comune che la GESESA, s.p.a., chiamata dal primo in manleva quale appaltatrice del sistema di raccolta delle acque, accoglieva la domanda;

la Corte di appello riformava parzialmente la decisione, quantificando diversamente i danni, e in particolare facendo leva sull’eccessiva onerosità della riparazione in forma specifica a fronte del ben minore importo per equivalente, ritenuto non contestato, corrispondente al valore residuo del bene;

avverso questa decisione ricorre per cassazione M.L. articolando due motivi, corredati da memoria;

resiste con controricorso il Comune di Benevento;

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,112, c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il Comune non aveva formulato in prime cure l’eccezione di eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica, e non ne aveva provato il fondamento, e che la quantificazione secondo il preteso valore residuo del bene per un verso era stata affermata senza neppure tener contro del concreto valore cd. dinamico del bene, per altro verso era stata contestata, mentre erano parimenti non rispondenti al vero le affermazioni, pure contenute nella sentenza gravata, in ordine alla rottamazione della vettura danneggiata in uno a quella dell’omessa riparazione;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2058 c.c., comma 2, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’eccezione di eccessiva onerosità menzionata, non solo non era stata sollevata per tempo, ma non era stata basata su alcun elemento istruttorio e non aveva tenuto conto del particolare ed eccellente stato di manutenzione del bene, utilizzato per lavoro dal deducente, ferma la radicale contraddittorietà, sul punto, della sentenza di appello che, da una parte, aveva indicato come individuati i danni e verificato il costo per la loro riparazione, e, dall’altra, aveva immotivatamente indicato come non contestata l’omessa riparazione e affermata, come detto, l’eccessiva onerosità posta a base della finale liquidazione;

Rilevato che:

i motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati;

preliminarmente si osserva che la pretesa tardività dell’eccezione di eccessiva onerosità in parola risulta smentita nel controricorso, in cui (a pag. 5) si riporta uno stralcio della comparsa di costituzione del Comune davanti al Tribunale da cui emerge il contrario;

la questione è in ogni caso infondata, atteso che rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito attribuire al danneggiato il risarcimento per equivalente anzichè in forma specifica come domandato dall’attore, sulla base di valutazione che si risolve in giudizio di fatto, ai sensi dell’art. 2058 c.c., comma 2, insindacabile in cassazione, costituendo il risarcimento per equivalente un “minus” rispetto al risarcimento in forma specifica e intendendosi, perciò, la relativa richiesta implicita nella domanda di reintegrazione, con la conseguenza che non incorre nella violazione dell’art. 112 c.p.c., il giudice che pronunci d’ufficio una condanna al risarcimento per equivalente (cfr., ad esempio, Cass., 08/01/2013, n. 259);

ciò posto, la conseguente quantificazione – riportata nello stesso passo del controricorso che fa richiamo alla menzionata costituzione di prime cure, verificabile in atti – è indicata come non specificatamente contestata dalla Corte di appello;

parte ricorrente afferma il contrario ma non dimostra di averlo fatto negli atti assertivi e non meramente illustrativi come le memorie conclusionali o di replica: ne deriva la violazione, sul punto, dell’art. 366 c.p.c., n. 6;

le ulteriori questioni inerenti alla rottamazione e affermata non riparazione dell’automobile restano assorbite, essendo sufficiente ragione decisoria l’applicazione dell’art. 2058 c.c., comma 2, in uno al rilievo della mancata contestazione specifica del “quantum” per equivalente;

al riguardo, non esiste alcuna contraddizione, men che meno irriducibile, tra la constatazione dei danni, oltre a quella dei ricostruiti costi di riparazione, e l’applicazione della norma appena ricordata, che deriva proprio dall’apprezzamento, fattuale, della sproporzione tra quelli e il valore residuo cui parametrare il risarcimento per equivalente;

le questioni del valore c.d. “dinamico” del bene, correlato in specie all’uso strumentale alla professione, e alle sue perfette condizioni di manutenzione, quali affermate, non incidono sulla “ratio decidendi” incentrata sull’applicazione dell’art. 2058 c.c., comma 2, atteso che si tratta di profili che s’iscrivono nella cornice del risarcimento in forma specifica, essendo riferite all’utilità del bene come tale e ai costi di ripristino, ossia gli aspetti sui quali mira a intervenire la norma appena evocata in ottica di bilanciamenti che costituiscono ricadute di una sottesa analisi economica della disciplina giuridica;

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in Euro 2.000,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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