Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10350 del 19/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 10350 Anno 2016
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: RIVERSO ROBERTO

verbale ispettivo, per la somma di euro 229.542,00 per omissioni
contributive ed accessori inerenti alle posizioni di dieci lavoratori che
avrebbero svolto attività giornalistica subordinata, siccome contemplati
nel verbale ispettivo dell’INPGI. Il tribunale all’esito del giudizio aveva
revocato il decreto ingiuntivo e respinto la domanda di INPGI per
carenza di idonea prova della pretesa creditoria. Di diverso avviso è
stato il giudice d’appello che, previa assunzione delle prove testimoniali
non ammesse in primo grado, ha concluso per la fondatezza della
pretesa creditoria dell’INPGI in relazione a cinque su dieci posizioni
lavorative oggetto dell’originario accertamento ispettivo.
Nel giudizio di primo e secondo grado ha partecipato anche l’INPS in
proprio e quale successore dì ENPALS, resistendo alle pretese
dell’INPGI.
Per la cassazione della sentenza di appello, ricorre l’INPGI, con due
motivi. Resiste la RAI spa con controricorso, contenente ricorso
incidentale incentrato su tre motivi, cui ha resistito a sua volta INPGI
con controricorso. L’INPS ha depositato procura. L’INPGI e la RAI hanno
depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo l’INPGI deduce – ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
– violazione degli artt. 115, comma 1 e 116 comma 1 del c.p.c. perchè la
sentenza impugnata non avrebbe posto correttamente a fondamento
della decisione il verbale ispettivo e le dichiarazioni dei terzi ivi
contenute, dando esclusivo valore alla prova testimoniale.
2.- Con il secondo motivo l’INPGI denuncia l’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex
art. 360, 1 comma n. 5 c.p.c.) per le stesse ragioni di cui sopra.
I due motivi di ricorso, da esaminarsi unitariamente per l’evidente
connessione, sono inammissibili e comunque infondati .
Si tratta infatti di doglianze che non denunciano né violazioni di legge in
merito alle premesse decisorie. Né omesso esame di un fatto decisivo ai
sensi del nuovo art. 360, comma 1 n. 5) c.p.c. applicabile ratione
temporis. In realtà essi pretendono un riesame complessivo del
materiale istruttorio che è una tipica attività di merito. Essendo pure
compito del giudice di merito selezionare e valutare il materiale
istruttorio. In materia va richiamato il costante orientamento di questa
Corte di legittimità (sentenza n.3601/2006) secondo cui il giudice di
merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o
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Data pubblicazione: 19/05/2016

risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione
dello stesso, essendo sufficiente, ai fini della congruità della motivazione
del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento
nell’accertamento dei fatti si sia realizzato attraverso una valutazione dei
vari elementi probatori acquisiti al giudizio, considerati nel loro
complesso. Conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il
giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze
processuali, ne’ a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate
dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel
loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo
convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le
proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente
incompatibili con la decisione adottata. (cfr., ex plurimis, Cass., n.
12121/2004, Cass. 10896 del 30/10/1998).
2.1. Nel caso in esame la Corte territoriale, dopo aver correttamente
individuato i criteri normativi della decisione nella declaratoria del CCL
RAI sui programmisti-registi, da una parte; e, dall’altra parte, nella
nozione di attività giornalistica, quale emerge dall’ordinamento secondo
la giurisprudenza consolidata di questa Corte; ha valutato gli esiti della
prova testimoniale in relazione alla documentazione prodotta, ivi
compresi i verbali ispettivi: i quali per giurisprudenza pacifica non hanno
efficacia probatoria privilegiata quanto alla veridicità intrinseca delle
dichiarazioni, potendo essere liberamente apprezzati e disattesi dal
giudice. Dopo di che ha ritenuto, in base ad una valutazione complessiva
delle prove, di accogliere solo parzialmente la pretesa di INPGI in
relazione ai periodi ed ai lavoratori (Giostra, Lupi, Fratelloni, Pusceddu,
Rogai) per i quali, secondo l’accertamento ivi effettuato, esistevano i
presupposti dello svolgimento di una attività di natura giornalistica.
La sentenza impugnata ha quindi esaminato correttamente le
circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter
argomentativo esaustivo ed immune da vizi logici; le valutazioni svolte e
le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi
un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole e
che, pur non escludendo la possibilità di altre scelte interpretative, è
espressione di una potestà propria del giudice del merito, che non può
essere sindacata nel suo esercizio (cfr., ex plurimis, Cass., nn.
14212/2010, 14911/2010).
3.- Ciò posto, il ricorso principale va rigettato.
4.- Occorre quindi passare all’esame del ricorso incidentale con il quale
la RAI spa chiede la cassazione della sentenza nella parte in cui ha
riconosciuto l’esistenza dell’obbligazione contributiva vantata dall’ INPGI
in relazione alle posizioni dei lavoratori Giostra, Lupi, Fratelloni,
Pusceddu, e limitatamente ai periodi ivi accertati. Nessuna doglianza
risulta sollevata dalla RAI per la lavoratrice Rogai, in relazione alla quale
quindi si è formato il giudicato.
4.1.- Col primo motivo la Rai Spa denuncia la violazione e falsa
applicazione della I. n. 69/1963, la I. n. 633/1941 anche in relazione
all’art. 2575 c.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. ,
dell’art. 39 Cost., dell’art. 1 CNLG e CCL RAI ( art. 360 comma 1 n. 3
c.p.c.) laddove la sentenza ha riconosciuto lo svolgimento dell’attività

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giornalistica in capo ai suddetti lavoratori – che invece non l’avrebbero
svolta – in relazione alla nozione di attività giornalistica intesa come
prestazione di lavoro intellettuale nella sfera dell’espressione creativa,
originale e di critica rielaborazione del pensiero e dell’informazione,
emergente dalla giurisprudenza in base alla legge ed alla contrattazione
collettiva; mentre non sarebbe sufficiente la sola iscrizione all’albo di
categoria.
Il motivo è inammissibile e comunque infondato in quanto si risolve in
una critica generalizzata alla decisione di merito; mentre non indica
dove la sentenza non avrebbe rispettato la nozione di attività
giornalistica. Il motivo pretende perciò di censurare, attraverso il
richiamo delle prove testimoniali, la complessiva valutazione delle
risultanze processuali contenuta nella sentenza contrapponendo alla
stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da
parte di questa Corte degli accertamenti di fatto effettuati dalla Corte di
merito sullo svolgimento di attività giornalistica da parte dei diversi
lavoratori. Si ricorda invero che (Cass. 4178/2001 “In tema di ricorso
per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di
un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della
fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica
necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa,
l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a
mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della
norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la
cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di
motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge
in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie
normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della
carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è
segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è
mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa”.
4.2.- Col secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio ovvero l’insufficiente motivazione sullo stesso
fatto (art. 360 n. 5 c.p.c) in relazione alla sussumibilità della prestazione
lavorativa dei medesimi dipendenti come programmisti registi secondo
la declaratoria inquadramentale di appartenenza prevista dal CCL RAI.
Il motivo è infondato perché in realtà la sentenza analizza l’attività
svolta dai lavoratori, in ragione delle prove assunte nel procedimento,
avendo ben presente i parametri di giudizio e l’alternativa tra attività di
giornalista ed il profilo di programmista regista (peraltro testualmente
richiamato in premessa alle pag. 3 e 4 della sentenza). Come del resto
conferma il fatto stesso che per cinque dei lavoratori interessati
all’accertamento la sentenza ha ribadito la correttezza
dell’inquadramento operato dalla RAI nella qualifica di programmista
regista.
4.3. Col terzo motivo di ricorso la Rai denuncia la violazione della I.
69/1963, dell’art. 2697 c.c. e gli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione
alle dichiarazioni testimoniali acquisite in giudizio (art. 360 n. 3 c.p.c.).
Si sostiene che con riferimento alla individuazione del periodo in cui le
sig.re Fratelloni e Pusceddu avrebbero asseritamente espletato attività

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giornalistica (rispettivamente, dal 2.9.1999 al 30.6.2000; e dal
4.10.1999 al 28-6.2000) la Corte ha fondato la propria pronuncia sulla
testimonianza della teste Rogai la quale ha riferito per il periodo 19981999 e quindi in un arco temprale differente rispetto a quello in cui è
stata circoscritta la pretesa dell’INPGI, determinando l’errore in
iudicando che porta alla cassazione in parte qua della sentenza .
4.4. Col quarto motivo di ricorso la Rai denuncia la violazione dell’art.
112 c.p.c. (art. 360 n. n. 4 c.p.c.) per l’errore in cui è incorsa la
sentenza in relazione alla corretta individuazione del periodo in cui le
sig.re Pusceddu e Fratelloni avrebbero espletato attività giornalistica
fondato la propria pronuncia sulla testimonianza di un teste che ha
indicato un arco temporale differente rispetto a quello in cui è
circoscritta la pretesa dell’INPGI determinando la nullità della sentenza
in parte qua.
Il terzo ed il quarto motivo sono infondati perché la Rosai ha
testimoniato su un periodo (1998-1999) che almeno in parte
ricomprende anche il lavoro svolto dalle due lavoratrici (1999-2000)
qualificate come giornaliste; e pertanto la sua testimonianza ben poteva
essere utilizzata per la qualificazione dell’attività in oggetto.
5. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il
ricorso principale ed il ricorso incidentale. Le spese processuali sostenute
da INPGI e RAI dato l’esisto del giudizio caratterizzato da reciproca
soccombenza possono essere compensate tra le stesse parti ex art. 92
c.p.c. L’INPGI va invece tenuto al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione in favore dell’INPS, come da dispositivo.
Sussistono i presupposti di cui all’art.13,comma 1-quater D.P.R. n.115
del 2002 per il versamento da parte del ricorrente principale e del
ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa
le spese processuali tra INPGI e RAI spa. Condanna 1NPGI alla rifusione
delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’INPS che liquida in
C 100 per esborsi ed in C 1500 per compensi professionali, oltre ptse
generali al 15%. Ai sensi dell’art.13,comma 1-quater D.P.R. n.115 del
2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale ed incidentale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 23.2.2016

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