Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10347 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 29/04/2010), n.10347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliato;

– ricorrente –

contro

R.D.;

– intimata –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Potenza n. 76/06,

depositata in data 30 gennaio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. UCCELLA Fulvio, il quale ha chiesto l’accoglimento del

ricorso perchè manifestamente fondato;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che si è riportato alle conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 30 gennaio 2006, il Giudice di pace di Potenza accoglieva l’opposizione proposta da R.D. avverso il verbale di contestazione elevato nei suoi confronti dalla Polizia stradale di Potenza per violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, accertata il 15 aprile 2005.

Il Giudice di pace accoglieva il motivo di opposizione con il quale l’opponente aveva dedotto il difetto di omologazione dell’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento della velocità nonchè il difetto di taratura della stessa, ritenuta necessaria in applicazione della L. n. 273 del 1991, e delle norme europee in materia.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre il Ministero dell’Interno sulla base di un unico motivo; l’intimato non ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, l’Amministrazione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 273 del 1991, dall’art. 45 C.d.S. e art. 142 C.d.S., comma 6, e degli artt. 192, 345 e 383 reg. esec. C.d.S. (D.P.R. n. 495 del 1992).

Il Ministero ricorrente esclude che la normativa europea e quella nazionale in materia siano applicabili ai dispositivi di rilevazione della velocità, operando in materia una specifica disciplina dettata dal D.M. 29 ottobre 1997, il quale, all’art. 4, stabilisce che gli organi di polizia stradale interessati all’uso di apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità sono tenuti a verificare che sulle apparecchiature stesse siano riportati gli estremi dell’approvazione rilasciata dal Ministero e a rispettare le modalità di installazione e di impiego previsti dai manuali d’uso.

Il ricorso è manifestamente fondato e va quindi accolto.

Occorre premettere che il Giudice di pace ha accolto l’opposizione prendendo in considerazione il motivo con il quale erano stati congiuntamente dedotti il difetto di omologazione dell’apparecchiatura utilizzata e la mancata sottoposizione della stessa a taratura periodica, e tuttavia ha svolto le proprie argomentazioni esclusivamente con riferimento alla ritenuta necessaria sottoposizione delle apparecchiature di rilevazione della velocità a taratura periodica.

Deve quindi ritenersi che il motivo di opposizione sia stato accolto dal giudice di pace quanto al profilo ora indicato, al quale si riferiscono le pertinenti censure dell’amministrazione ricorrente.

La questione concernente la necessità o meno della sottoposizione delle apparecchiature elettroniche di rilevazione della velocità a preventiva e periodica taratura ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte che, nella sentenza n. 29333 del 2008, ha diffusamente esaminato la questione anche sotto il profilo della costituzionalità della normativa vigente.

A tale fine si riportano sinteticamente i punti significativi di tale decisione, i cui principi risultano applicabili anche all’odierno ricorso.

La disciplina legale delle misurazioni – a partire dal T.U. delle leggi sui pesi e le misure approvato con R.D. 23 agosto 1890, n. 7088, cui fece seguito il regolamento sul servizio metrico approvato con R.D. 31 gennaio 1909, n. 242, entrambi successivamente più volte aggiornati ed integrati, in particolare dalla L. 13 dicembre 1928, n. 2886, sulla definizione delle unità legali di peso e di misura – ha sempre avuto quale specifica finalità quella di regolare rapporti di carattere essenzialmente privatistico inerenti l’industria, l’agricoltura, il commercio ed, indirettamente, il pubblico interesse alla certezza nelle transazioni commerciali in genere e già allora, laddove si rese necessaria la regolamentazione di materie particolari implicanti interessi od esigenze difformi o non suscettibili d’essere ricondotti alla disciplina generale, il legislatore intervenne con normative ad hoc in deroga, od in aggiunta, a quella generale (cfr.

ad ex. La L. 7 luglio 1910, n. 480, sul carato metrico, la L. 5 febbraio 1934, n. 305, sul titolo dei metalli preziosi, il D.Lgs. 21 marzo 1948, n. 370, sulle unità fotometriche ed elettriche).

Le medesime finalità risultano perseguite dalla normativa comunitaria di base (cfr. il preambolo alla Direttiva 80/181/CEE del Consiglio in data 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri, relative alle unità di misura laddove, tra l’altro, si considera “(…) che le legislazioni degli Stati Membri che prescrivono l’impiego di unità di misura differiscono da uno Stato Membro all’altro e pertanto ostacolano le transazioni commerciali; che, di conseguenza, per eliminare detti ostacoli è necessario armonizzare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative; (…) che in data 18 ottobre 1971 il Consiglio ha adottato la Direttiva 71/354/CEE intesa ad armonizzare le legislazioni degli Stati Membri al fine di eliminare gli ostacoli negli scambi mediante approvazione a livello comunitario del sistema internazionale delle unità; (…) che, durante il periodo transitorio, è indispensabile mantenere una situazione chiara in materia di impiego di unità di misura negli scambi tra gli Stati Membri, in particolare allo scopo di proteggere il consumatore;

(…)”; ed ancora il preambolo della Direttiva 1999/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio in data 24 gennaio 2000, laddove, tra l’altro, si considera “(…) che taluni paesi terzi non accettano nei propri mercati i prodotti le cui indicazioni sono apposte unicamente nelle unità legali stabilite dalla Direttiva 80/181/CEE;

le imprese che esportano i loro prodotti in tali paesi si troverebbero in una situazione di svantaggio qualora si vietasse l’apposizione di indicazioni supplementari (…)”); alla quale sono seguiti adattamenti, anche in funzione di singole materie e dell’entrata in vigore, pur sempre rimanendo nel medesimo ambito d’interessi, ma sono state anche aggiunte disposizioni intese a disciplinare settori in origine non presi in considerazione ed implicanti interessi diversi e specifici (quale quello sanitario di cui alla Direttiva 85/1/CEE del Consiglio in data 18.12.1984).

E’ da notare che la più recente delle Direttive in materia, la 2004/22/CE del 31 marzo 2004, elenca specificamente, all’art. 1, gli strumenti nella stessa specificamente considerati, tra i quali non sono ricompresi i misuratori di velocità, onde, ad oggi, non essendo state emanate Direttive comunitarie in materia, il controllo CEE non può ancora essere attuato su tali dispositivi che, in tutti i Paesi Membri, vengono allo stato approvati e disciplinati secondo le rispettive normative nazionali (unica eccezione è data dalla disciplina dei cronotachigrafi, soggetti allo specifico regolamento CEE n. 3821/85 del 20 dicembre 1985, come modificato dal Regolamento CE n. 2135/98 del 24 novembre 1998 e dal Regolamento CE n. 561/06 del 15 marzo 2006, ai quali l’ordinamento italiano è stato adeguato con D.M. Ministero dello Sviluppo Economico 10 agosto 2007, normative che riflettono anch’esse, significativamente, esigenze riferite più all’aspetto socio-commerciale delle finalità perseguite nel settore dei trasporti su strada che non a quello attinente alla viabilità ed ai connessi problemi di sicurezza).

In buona sostanza, non esistono, allo stato, norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocità dei veicoli e di pertinenti apparecchiature.

Al qual riguardo si deve considerare che, contrariamente a quanto a volte sostenuto dalle parti interessate e da alcuni giudici del merito, non è vincolante la normativa UNI EN 30012 (Sistema di Conferma Metrologica di Apparecchi per Misurazioni) che, in assenza di leggi o regolamenti di recepimento, rappresenta unicamente un insieme di regole di buona tecnica, impropriamente definite “norme”, alle quali, in assenza di obblighi giuridici, i costruttori decidono autonomamente di conformarsi; così come non è direttamente applicabile la raccomandazione OIML R91 del 1990 (“Apparecchiature Radar per la Misura della Velocità dei Veicoli”), peraltro non attinente al caso di specie in quanto relativa alle apparecchiature radar.

Il legislatore italiano, nell’adeguarsi alla surrichiamata normativa europea sul riavvicinamento delle singole legislazioni in materia di unità di misura, con la Legge Delega 9 febbraio 1982, n. 42, il D.P.R. 12 agosto 1982, n. 802, la L. 11 agosto 1991, n. 273, il Decreto del Ministero delle Attività Produttive 10 dicembre 2001 (nella cui intestazione è significativamente indicato “materia:

commercio”), ha adeguato l’ordinamento interno a quello comunitario perseguendo le medesime finalità. Le quali, all’evidenza, sono del tutto diverse da quelle perseguite con il porre la disciplina dell’utilizzazione delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto, le cui norme sono intese alla tutela dei diversi interessi, pubblico e privato, alla sicurezza della circolazione, in funzione dell’ordine pubblico, della preservazione dell’integrità fisica degli individui, della conservazione dei beni.

Occorre rilevare ancora che la materia dell’impiego e della manutenzione dei misuratori di velocità ha una propria disciplina, specifica rispetto alle norme che regolamentano gli altri apparecchi di misura, contenuta nel D.M. 29 ottobre 1997, relativo all’approvazione dei prototipi delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità e alle loro modalità di impiego, il cui art. 4 stabilisce che “gli organi di polizia stradale interessati all’uso delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza del limiti di velocità sono tenuti a rispettare le modalità di installazione e di impiego previste nei manuali d’uso”, escludendo, perciò, la necessità di un controllo periodico finalizzato alla taratura dello strumento di misura se non è espressamente richiesto dal costruttore nel manuale d’uso depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al momento della richiesta di approvazione, ovvero nel decreto stesso di approvazione.

Si noti, infine, che alcuni tipi d’apparecchi di più recente approvazione in quanto da utilizzarsi in modalità automatica, cioè senza la presenza ed il diretto controllo dell’operatore di polizia stradale nelle ipotesi espressamente previste e consentite, devono essere sottoposti ad una verifica periodica tendente a valutare la corretta funzionalità dei meccanismi di rilevazione che, secondo le disposizioni del richiamato D.M. 29 ottobre 1997, art. 4, deve essere effettuata a cura del costruttore dell’apparecchio o di un’officina da questo abilitata con cadenza al massimo annuale.

Ne risulta, dunque, un complesso sistema di controlli – preventivi, in corso d’utilizzazione e successivi – tale da garantire il cittadino assoggettato all’accertamento sia in ordine alla legittimità dell’azione amministrativa, sia in ordine a possibili disfunzioni delle apparecchiature che possano incidere sul suo diritto di difesa.

I controlli preventivi si svolgono, come da riportata disciplina, in fase d’omologazione od approvazione del prototipo e, considerata la partecipazione al procedimento d’organi tecnici e d’istituti specializzati, non sembra possano sollevarsi dubbi al riguardo.

Si svolgono altresì, in fase d’utilizzazione del singolo apparecchio, da parte degli agenti operatori all’atto della sua predisposizione per le operazioni di rilevamento, in ossequio alle disposizioni impartite con D.M. 29 ottobre 1997, relativo all’approvazione di prototipi di apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità e alle loro modalità di impiego, il cui art. 4 stabilisce che “gli organi di polizia, stradale interessati all’uso delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità sono tenuti a rispettare le modalità di installazione e di impiego previste nei manuali d’uso”.

Ed ancora, si deve rilevare che non giova alla tesi della necessaria taratura delle apparecchiature di rilevazione della velocità il Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 13 maggio 2005, espressamente menzionato nella sentenza impugnata, il quale stabilisce che “gli organi di Polizia Stradale, che utilizzano il dispositivo Autovelox 104/C2, sono tenuti a verifiche periodiche di taratura secondo quanto previsto dal manuale d’uso depositato presso questo Ministero e, comunque, con intervallo non superiore ad un anno”. In proposito, è sufficiente il rilievo che l’accertamento della violazione è avvenuto, nel caso di specie, prima dell’entrata in vigore del citato decreto, sicchè deve escludersi anche sotto tale profilo la correttezza della sentenza impugnata.

Da ultimo, va poi evidenziato che si è ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, prospettata con riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., relativa all’art. 45 C.d.S., comma 6, D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 3 (conv. in L. n. 168 del 2002), art. 142 C.d.S., comma 6, e art. 345 reg. C.d.S. nella parte in cui non prevedono, per gli strumenti elettronici di misurazione dei limiti di velocità nella circolazione stradale, l’adozione dei sistemi di controllo, preventivi e periodici, previsti dalle relative normative (soprattutto dalla L. n. 273 del 1991), per tutti gli altri sistemi di misurazione (pesi, misure, etc.)- Non vi è, infatti, alcuna violazione dell’art. 3 Cost., in quanto l’esistenza di evidenti difformità nei fini e negli oggetti delle discipline prese in considerazione impediscono di istituire un corretto raffronto fra le normative medesime, da cui poter desumere una disparità di trattamento rilevante ai fini della conformità alla norma costituzionale. Inoltre, la previsione, nel sistema normativo, di complessi sistemi di controllo – preventivi, in corso di utilizzazione e successivi -dei misuratori della velocità delle autovetture garantisce pienamente il cittadino, assoggettato all’accertamento, dalle possibili disfunzioni delle apparecchiature medesime ed esclude, quindi, ogni possibile lesione al diritto di difesa dei cittadini (art. 24 Cost.) ed alla legittimità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), non esistendo norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocità dei veicoli e di pertinenti apparecchiature (Cass., n. 29333 del 2008).

La sentenza impugnata non si è, all’evidenza, attenuta a tali principi, sicchè il ricorso risulta manifestamente fondato e va accolto.

La sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata, con rinvio al Giudice di pace di Potenza, in persona di diverso giudicante, per l’esame degli altri motivi di opposizione ritenuti dal Giudice di pace assorbiti dall’accoglimento di quello relativo alla taratura e omologazione dell’apparecchiatura utilizzata.

Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Giudice di pace di Potenza, in persona di diverso giudicante.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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