Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10344 del 19/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 10344 Anno 2016
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 24081-2013 proposto da:
LEO CLAUDIO MARCELLO LEOCDM59P26I018H, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CITTADINO,
rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

ANTONIO

CITTADINO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2016
73

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.E. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

Data pubblicazione: 19/05/2016

dell’avvocato ROBERTO PESS1, che la rappresenta e
‘fende giusta delega in atti;
controricorrente

avverso la sentenza n. 354/2012 della CORTE D’APPELLO
DI LECCE SEZIONNE DISTACCATA DI TARANTO, depositata

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/01/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato FASULO RAFFAELE per delega verbale
Avvocato CITTADINO ANTONIO;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega Avvocato
PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

il 15/11/2012 R.G.N. 17/2003;

Svolgimento del processo
on sentenza del 26/9 – 15/11/2012 la Corte d’appello di Lecce ha accolto
l’impugnazione proposta dalla società Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza del
giudice del lavoro del Tribunale di Taranto, che aveva annullato il licenziamento
intimato il 15.5.2000 a Leo Claudio Marcello ordinandone la reintegra, e per l’effetto,
in riforma della gravata decisione, ha dichiarato la legittimità del predetto atto di

La Corte territoriale, dopo aver rilevato che era stato dichiarato prescritto il reato a
carico del lavoratore per falsificazione del verbale della Commissione sanitaria di Noia,
grazie al quale il medesimo aveva ottenuto l’iscrizione nella lista degli invalidi e
l’assunzione per chiamata diretta, ha proceduto a valutare autonomamente i fatti
contestati in sede penale e coincidenti con quelli indicati nella lettera relativa agli
addebiti disciplinari, pervenendo al convincimento della loro rilevanza ai fini della
legittimità dell’impugnato licenziamento e della congruità della sanzione adottata.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso L ieo Claudio Marcello con tre motivi.
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C-4″La società Poste Italiane s.p.a. deposita pcmizazei=irl=p2x~titi~ e memoria ai
sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli
artt. 78, 79, 651, 652, 653, 654 c.p.p. e agli artt. 24 e 111 della Costituzione, il
ricorrente censura la decisione della Corte d’appello di Lecce per aver ritenuto
vincolante la sentenza penale in ordine all’accertamento dei fatti materiali ascrittigli,
pur in mancanza della partecipazione al giudizio penale della datrice di lavoro nella
qualità di parte civile. Ciò in quanto, secondo il ricorrente, la norma di cui all’art. 654
c.p.p., dettata in materia di efficacia della sentenza penale irrevocabile di condanna o
di assoluzione nel giudizio civile od amministrativo, ha un effetto residuale e richiede
quale condizione della sua applicazione la partecipazione al giudizio penale della parte
civile, a garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio. Quindi, l’errore in cui
sarebbe incorsa la Corte di merito sarebbe stato quello di non essersi avveduta che la
società Poste Italiane s.p.a. non si era costituita parte civile nel giudizio penale a
carico di esso ricorrente, per cui la Corte d’appello non avrebbe dovuto ritenersi
vincolata dalla sentenza penale ed avrebbe dovuto procedere autonomamente alla
valutazione dei fatti oggetto degli addebiti disciplinari.
2. Col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione delle
norme di cui agli artt. 651, 652, 653 e 654 c.p.p., nonché degli artt. 24 e 111 Cost.,
2697 e segg. cod. civ., 115 e 116 c.p.c. e 34 del CCNL di categoria per avere la Corte
d’appello attribuito efficacia di giudicato, nel giudizio civile, alla sentenza penale di

recesso.

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roscioglimento per prescrizione del reato e ritenendo erroneamente, in tal modo,
come definitivamente accertata la sua responsabilità in ordine alla falsificazione dei
documenti e all’uso fraudolento degli stessi per conseguire l’assunzione.
3. Col terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione delle
norme di cui agli artt. 654 c.p.p., 24 e 111 Cost., 2697 e segg. cod. civ., 115 e 116
c.p.c. e 34 del CCNL di categoria per avere la Corte d’appello posto a fondamento

accertati nella sede penale ed insuscettibili di essere contestati nella loro oggettiva
esistenza.
Osserva la Corte che per ragioni di connessione i tre motivi possono essere esaminati
congiuntamente.
Orbene, prendendo le mosse proprio dalla sentenza n. 1768 del 26.1.2011 delle
Sezioni Unite di questa Corte, citata dall’odierno ricorrente, si perviene al
convincimento che la Corte d’appello di Lecce non si è affatto discostata dai principi di
diritto illustrati dal giudice di legittimità.
Invero, nella richiamata sentenza n. 1768 del 26/1/2011 delle Sezioni Unite è statuito
che “in tema di giudicato, la disposizione di cui all’art. 652 cod. proc. pen., casi come
quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un’eccezione al
principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è,
pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue
che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto
accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è
stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima),
pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o
amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di
non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non
hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per
pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli
giuridicamente; ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile,
pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente
ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione”.
Ebbene, nella fattispecie la Corte territoriale ha mostrato di aver tenuto conto degli
elementi di prova acquisiti in sede penale, limitatamente ai fatti materiali, e di averli
interamente ed autonomamente rivalutati ai fini della specifica disamina nel merito
della fondatezza degli addebiti disciplinari e della congruità della sanzione espulsiva.
Infatti, la Corte di merito ha compiuto una autonoma valutazione dei fatti esaminati
nel procedimento penale nel seguente ordine: -Anzitutto, il dato di fatto della

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della propria decisione fatti non provati nella sede civile, ritenendoli erroneamente

ificazione del verbale della Commissione Provinciale Sanitaria di Nola del
2.3.1982, attestante determinate patologie a carico del Leo, che, però, non si era
mai riunita in quel giorno e che non aveva visitato il medesimo, non residente a Noia,
nemmeno in altra data; il fatto del mancato riconoscimento della sottoscrizione del
verbale da parte del Presidente della suddetta Commissione; la circostanza dell’invio
all’UPLMO di Taranto, da parte del dott. Lonoce Francesco, dirigente del Servizio di

risposta alla richiesta della Direzione Provinciale delle Poste relativa all’assunzione del
Leo – che confermava lo stato invalidante di quest’ultimo in misura pari al 35%, senza
essere supportata da alcun accertamento medico o da un esame specifico;
l’insussistenza delle patologie, diagnosticate dalla Commissione sanitaria di Noia e dal
dott. Lonoce, e della loro percentuale invalidante, atteso che il consulente del P.M.,
dott. Mario Borreili, ne riscontrava la lieve entità in misura tale da non comportare un
grado di invalidità quale quello attestato e richiesto per l’assunzione; le dichiarazioni
del Leo, di essersi sottoposto a visita presso la Commissione Sanitaria di Noia su
consiglio di alcuni studenti di nazionalità greca che, come lui, frequentavano la facoltà
di Giurisprudenza di Napoli; la presentazione all’UPLMO di Taranto della nota del
predetto dott. Lonoce, confermativa del certificato della Commissione di Noia, servita
ad ottenere l’assunzione presso l’Amministrazione delle Poste, tenuta alla chiamata
diretta degli iscritti al Collocamento per gli invalidi.
Inoltre, la Corte territoriale ha anche rilevato, con motivazione adeguata ed esente da
rilievi di legittimità, la genericità delle giustificazioni rese dal lavoratore e la loro
inidoneità ad offrire elementi utili a suo discarico, in maniera tale da non impedire il
venir meno dell’elemento fiduciario indispensabile alla prosecuzione del rapporto di
lavoro. La Corte di merito ha, poi, aggiunto che la sanzione espulsiva adottata
risultava del tutto congrua rispetto alla gravità dei fatti contestati e che la stessa era
prevista dall’art. 34 del CCNL di categoria vigente che la indicava come applicabile
nelle ipotesi di conseguimento dell’impiego mediante la produzione di documenti falsi
o viziati da invalidità non sanabile e, comunque, con mezzi fraudolenti.
Né rilievo alcuno può avere la circostanza, dedotta dal ricorrente, in base alla quale la
società postale non si era costituita parte civile nel procedimento penale, atteso che
nella fattispecie non si è in presenza dell’ipotesi di estensione del giudicato penale di
assoluzione nel giudizio civile, bensì in quella di autonoma valutazione in sede civile,
da parte di giudice di merito, dei soli fatti materiali accertati nel procedimento penale
conclusosi con la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato
conseguente a prescrizione.

3

pP)

Igiene della USL 7 di Taranto, di una nota priva di data e di numero di protocollo – in

nfatti, la disposizione di cui all’art. 654 c.p.c. conferisce efficacia di giudicato
esclusivamente alle sentenze dibattimentali di condanna o di assoluzione, per cui le
sentenze di proscioglimento restano escluse dall’ambito di efficacia del giudicato
penale sancito da tale norma.
In definitiva, il ricorso è infondato e va rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno

unificato di cui all’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di C 4000,00 per compensi professionali e di C 100,00
per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo, unitamente al contributo

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