Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10341 del 13/05/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10341 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 19284-2008 proposto da:
ROGNA

ANGELO

RGNNGL40D21L637H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA BUFALOTTA 174, presso
lo studio dell’avvocato BARLETTELLI PATRIZIA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO
CARLO) 1-4- r–1 ec–2211″`”2- i-^—• cA—-e_
– ricorrente contro

VANONI MARIA ANGELAVNNMNG43A41D150D, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PIETRO GIANNONE 27, presso
lo studio dell’avvocato CAPUTO SIMONETTA, che la

Data pubblicazione: 13/05/2014

rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 506/2008 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 26/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

z

udienza del 06/02/2014 dal Consigliere Dott. FELICE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1999 Angelo Rogna conveniva in giudizio innanzi al Pretore di Luino
Maria Angela Vanoni per l’accertamento dell’efficacia traslativa di un
contratto di vendita di un’unità immobiliare parte di un più vasto compendio.

dell’attore l’onere di realizzare alcune opere murarie (scala, muro di divisione
e pluviali di scarico) idonee a frazionare una medesima proprietà.
Nel resistere in giudizio la convenuta contestava la natura traslativa
dell’accordo, che riteneva di natura preliminare, ed eccepiva la prescrizione
del diritto azionato.
Accolta in primo grado dal Tribunale di Varese, sezione distaccata di
Gavirate (per competenza sopravvenuta ex D.Lgs. n. 51/98), la domanda era
respinta con sentenza n. 506/08 dalla Corte d’appello di Milano. Quest’ultima,
qualificato il contratto come preliminare di vendita, dichiarava estinto per
prescrizione il diritto alla stipula del contratto definitivo, essends -, decorsi più
di dieci anni dal 1987, termine entro cui avrebbe dovuto essere stipulato il
contratto definitivo. Elementi letterali (prevista stipulazione del definitivo) e
logico-giuridici (natura del bene, non ancora censito catastalmente,
differimento dell’immissione in possesso, peraltro mai attuata, previa
effettuazione di determinati lavori a carico del Rogna, disinteresse della parte
attrice protrattosi per oltre un decennio rispetto alla data prevista per il
definitivo) deponevano, secondo la Corte territoriale, nel senso della natura
soltanto obbligatoria dell’accordo.
Per la cassazione di detta sentenza Angelo Rogna propone ricorso, affidato
a un unico motivo.
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Ciò in virtù di una scrittura privata dell’11.10.1986, che prevedeva a carico

Resiste con controricorso Maria Angela Vanoni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con l’unico motivo d’impugnazione parte ricorrente sostiene che la

Corte territoriale sarebbe incorsa in vari errori nel ritenere preponderanti gli

specificazione dei referenti catastali del bene non ne escluderebbe la
possibilità di trasferimento immediato, sia perché l’immobile può essere
determinato anche solo per relationem, sia in quanto il suo censimento
catastale non comporta alcuna manifestazione di volontà ulteriore delle parti,
ma solo un’attività tecnica necessaria alla trascrizione e alla voltura. Dal testo
del contratto non risulta affatto il differimento dell’immissione in possesso
dell’immobile, e sarebbe pura illazione, pertanto, opinare il contrario. Il
presunto disinteresse dell’attuale ricorrente per un tempo superiore al termine
di prescrizione sarebbe ininfluente ai fini del decidere. Anzi, sarebbe
circostanza che si presta ad un’interpretazione diametralmente opposta,
giacché solo chi non è divenuto proprietario ha tutto l’interesse a stipulare
l’atto pubblico. Proprio l’affermata subordinazione dell’atto pubblico
all’esecuzione delle opere previste nell’accordo avrebbe dovuto indurre la
Corte di merito, prosegue parte ricorrente, a decidere in senso diametralmente
opposto, in quanto è di tutta evidenza che, realizzate le opere, nessun’altra
manifestazione di volontà contrattuale sarebbe stata necessaria se non quella
consistente nella sottoscrizione di un atto pubblico per rendere opponibile ai
terzi l’avvenuto trasferimento della proprietà. Salvo che per il pagamento del
prezzo e per l’esecuzione delle opere, le parti nella scrittura privata avevano
adoperato il tempo presente e parlato più volte di “vendita” e mai di
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elementi indicativi della natura obbligatoria del contratto. La mancata

”promessa”. La Corte distrettuale non ha considerato che Angelo Rogna
successivamente alla data di scadenza del termine convenuto per il rogito
definitivo aveva sostenuto varie spese per rifare i pluviali e restaurare i
quattro comignoli, giusta fatture del 29.7.1988 e del 12.11.1990. Ciò dimostra

aveva la possibilità di accedere all’immobile. Ancora, l’odierno ricorrente
versò non solo l’acconto di lire 1.000.000 considerato dalla Corte territoriale,
ma anche altri due ratei di lire 500.000, per un totale, quindi, di lire 2.000.000,
ricevendo dalla Vanoni altrettante quietanze che recavano come causale
l’espresso e ripetuto riferimento al fatto che il contratto cui si riferivano i
versamenti era una compravendita. Né, infine, la Corte territoriale ha
considerato che l’intero prezzo di lire 10.000.000 fu saldato tra il 10.10.1986
ed il 14.10.1987.
Pertanto, conclude parte ricorrente, la Corte territoriale ha violato l’art.
1362 c.c. ed è incorsa in un vizio di logicità della motivazione, discostandosi
dall’interpretazione costante della giurisprudenza “in relazione al disposto
degli artt. 1362 e seguenti c.c.”.
Il motivo, infine, è corredato da quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis
c.p.c. (applicabile ratione temporis alla fattispecie), espresso nei termini che
seguono: “dica la Corte Suprema se un contratto nel quale sia determinato o
comunque determinabile attraverso pura indagine tecnica il bene oggetto del
contratto, nel quale sia determinato il prezzo di vendita e le modalità di
pagamento, nel quale le parti esprimano la volontà di vendere ed acquistare
con effetto immediato il bene alle condizioni previste nel contratto, differendo
solo ed esclusivamente la formalità di tradurre in atto pubblico il contenuto
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che egli non si era affatto disinteressato alla proprietà immobiliare, e che

del contratto già concluso ed ai fini della trascrizione e della opponibilità ai
terzi dell’accordo contrattuale sia o meno compravendita perfetta, tenuto
conto dell’integrale pagamento del prezzo e della parziale esecuzione delle
opere contrattualmente previste e ciò dopo la sottoscrizione del contratto”.

In disparte la più che dubbia idoneità del quesito, che dà per presupposta e
non già per indagata la corrispondenza del significante ad un dato significato
giuridico, va richiamato il noto e costante indirizzo di questa Corte in ordine
al vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per
cassazione ai sensi dell’art. 360, n.5 c.p.c. Il quale vizio sussiste solo quando
nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto
alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria
motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione
risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non
consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del
procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Questi
vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e
delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte,
spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento,
valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le
risultanze istrutt3rie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione,
dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (cfr. fra le

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2. – Il motivo è infondato.

tante, Cass. nn. 6064/08, 18709/07 e 17076/07; in senso del tutto analogo, n.
7394/10).
Il senso ultimo di tale orientamento risiede in ciò, che il controllo
motivazionale, essendo diretto a verificare la tenuta del ragionamento svolto

deve attenersi, e non già utilizzando lo scrutinio dei fatti di causa desumibili
dagli atti. La motivazione di merito, pertanto, resta insindacabile in sede di
legittimità anche quando non sia l’unica consentita dai fatti accertati ovvero
non ne esprima la migliore valutazione possibile, essendo necessario e
sufficiente che essa, per come esposta, sia razionalmente idonea a sorreggere
la decisione. La possibilità di una narrazione alternativa, che attinga
variamente ad altri elementi di fatto ovvero proponga una lettura diversa di
quelli richiamati dal giudice di merito, eccede l’ambito della previsione del n.
5 dell’art. 360 c.p.c., perché richiede di necessità un accertamento storico ed
un apprezzamento di fatto incompatibili con la funzione che l’ordinamento
attribuisce alla Corte Suprema.
2.1. – Nello specifico, il motivo, sotto l’egida della mera enunciazione del
vizio di legittimità, si propone di indurre un’impropria riapertura del sindacato
di merito, sottolineando fatti nessuno dei quali esclude di per sé, per ragioni di
logica giuridica, la soluzione prescelta dalla Corte territoriale. Né tanto meno
la critica svolta appare minimamente idonea a illustrare e dimostrare l’asserita
violazione dei canoni ermeneutici invocati (sulla cui tecnica di richiamo, cfr.
per tutte e fra le più recenti Cass. n. 17168/12). Del tutto generica e non
selettiva, la loro generale evocazione è altrettanto vana.
3. – In conclusione il ricorso va respinto.
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nella sentenza, opera attraverso i medesimi presidi di logica giuridica cui esso

4. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e pone a carico della parte ricorrente le spese,
che liquida in € 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 6.2.2014.

per legge.

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