Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1034 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 20/01/2021), n.1034

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25606-2018 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V. GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO GALLEANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MICHELE SPERANZA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE per la CAMPANIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1072/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

Con sentenza pubblicata in data 20/2/2018, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca contro la sentenza del tribunale che, in parziale accoglimento della domanda proposta da L.A., aveva condannato lo stesso Ministero al pagamento in favore del ricorrente delle differenze retributive conseguenti al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in virtù dei contratti a termine; ha altresì rigettato l’appello incidentale proposto dal L. e avente ad oggetto il mancato riconoscimento, da parte del primo giudice, del diritto al risarcimento del danno conseguente alla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato intercorsi tra le parti, e tanto per effetto della stabilizzazione del lavoratore intervenuta in corso di causa; ha, infine, compensato le spese del giudizio d’appello;

Contro la sentenza il L. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di plurimi motivi; ha resistito il Ministero con controricorso, mentre l’Ufficio scolastico regionale non ha svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

In prossimità dell’adunanza, il ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso, notificato al Ministero dell’Istruzione.

Non risulta che essa sia stata formalmente accettata dal Ministero. Tale circostanza, tuttavia, non rileva ai fini dell’estinzione del processo di cassazione, non trovando applicazione in questa sede l’art. 306 c.p.c..

La rinuncia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere cosiddetto accettizio, che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttiva di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971) ma pur sempre carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che essa sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass. 9/1/2019, n. 266; cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259).

L’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo l’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese.

A tal fine, il collegio reputa sussistenti le condizioni per la compensazione delle spese del presente giudizio, in considerazione della complessità delle questioni giuridiche oggetto del ricorso, solo di recente composte da ripetuti interventi di questa Corte, nonchè della Corte così male e della Corte di giustizia Europea.

Infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560; Cass. 266/2019), esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del processo e compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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